Negli ultimi anni sono state decine le indagini aperte sulle case di riposo per violazione delle norme in ambito sanitario e per reati contro la persona. I numeri forniti poco tempo fa dal Comando per la Tutela della salute dei Nas non sono confortanti.
Dal 2017 al settembre scorso, in Italia, sono state chiuse o sequestrate ben 211 strutture: più di una ogni cinque giorni. Quasi una su tre è risultata irregolare. Persino il numero delle persone denunciate, nello stesso periodo, lascia impressionati: ben 1.074. Si tratta di persone occupate nel settore della cura delle persone fragili, ma è necessario non generalizzare. In queste strutture lavora anche chi ha a cuore la condizione di fragilità di anziani e disabili.
E proprio in questi giorni si è tornato a parlare della proposta di legge per l’installazione di telecamere a circuito chiuso negli asili nido e nei centri per gli anziani. Il testo è ormai in esame da oltre tre anni. Approvato alla Camera il 23 ottobre del 2018 (Camera 1066 e abb.-A), giace in Senato (S. 897). La prima firmataria della proposta, l’onorevole Gabriella Giammanco, già nel 2016 aveva sottolineto che il vero scoglio sarebbe stata la sua conversione in legge al Senato, augurandosi che, questa volta, si mostrasse più sensibilità al tema della tutela dei più deboli e non si rimandasse oltre la questione. Il testo – al quale sono state abbinate altre 7 proposte di legge di diversi gruppi parlamentari – per il momento resta fermo a Palazzo Madama, dove è in discussione in Commissione Affari Costituzionali.
Dopo un ampio ciclo di audizioni, il 28 febbraio scorso, l’onorevole Giammanco ha presentato un testo unificato: 10 articoli che prevedono anche le indicazioni sull’installazione e la manutenzione delle telecamere. Nel testo si puntualizza che l’accesso alle registrazioni è vietato, fatta eccezione per la polizia giudiziaria o il pubblico ministero quali prove documentali in un procedimento penale.
Per attuare le disposizioni, il provvedimento ha previsto un fondo iniziale di 26 milioni di euro per il 2019 e di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023. Altri stanziamenti – rispettivamente di 13,5 milioni per il 2019 e di 12,5 per gli anni dal 2020 al 2022 – sono finalizzati all’erogazione a ciascun Comune delle risorse per installare i sistemi di videosorveglianza. Ma, nella seduta dello scorso 16 ottobre, alla Commissione Affari Costituzionali mancava il consenso sufficiente per rimettere nel calendario dei lavori il testo. Con l’inizio della sessione di bilancio, infatti, si sospende l’esame di provvedimenti con misure di spesa.
Nel frattempo, però, l’esigenza continua ad essere avvertita dai singoli territori, che si stanno muovendo a prescindere dalle decisioni non assunte a livello nazionale. È di pochi giorni fa la notizia che, nel solo Friuli-Venezia Giulia, sono 114 i Comuni – oltre il 50% di quelli della Regione – che hanno fatto domanda per ottenere i finanziamenti regionali allo scopo di installare telecamere nelle scuole e nelle strutture sociosanitarie per anziani e disabili.
La Giunta regionale infatti ha stanziato, tramite bando, circa 3 milioni di euro per permettere l’installazione di impianti di videosorveglianza, di cui 1 milione destinato agli ex quattro capoluoghi di Provincia (il 50% a Trieste, il 25% a Udine e il 12,5% ciascuno a Pordenone e Gorizia), mentre i restanti 2 saranno utilizzati dagli altri Comuni della Regione per installare gli impianti nelle scuole per l’infanzia e prima infanzia (50%), nelle strutture per anziani (25%) e in quelle sociosanitarie e socio-assistenziali per disabili (25%).
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