Salire su un palco può essere un’esperienza terapeutica, soprattutto per gli over 60: paure e inibizioni cadono, per lasciar spazio a condivisione e integrazione. A giovarne sono la memoria e la capacità di esprimersi. E, secondo alcuni studi, fa bene anche al cuore.
Creare e interpretare dei ruoli, utilizzare le potenzialità del “gioco delle parti” e sperimentare aspetti di sé che altrimenti difficilmente verrebbero allo scoperto: la teatroterapia è un’attività creativa che permette tutto questo, a qualunque età, e che sempre più viene messa in campo per le sue funzioni terapeutiche.
Tradizionalmente definita come la messa in scena dei propri vissuti in un contesto di gruppo, secondo i principi della recitazione, può guidare percorsi di crescita ed esplorazione personale, ma anche aiutare il rapporto con l’altro, superando pregiudizi e stereotipi e mettendosi in gioco attraverso la dimensione sicura di un personaggio da interpretare.
Negli ultimi anni sono stati tanti i progetti teatrali sviluppati per e con gli over 60, a partire dall’esperienza inglese del New Victoria Theatre del North Staffordshire, che con “Ages and Stages” ha deciso di coinvolgere i pensionati nel mondo della recitazione. Grazie anche alla collaborazione con la Keele University, ne è nato un programma di ricerca che esplora l’impatto del teatro sulle idee e sull’esperienza dell’invecchiamento, che prevede un percorso da svolgersi in dodici mesi, attraverso la “traduzione” della teoria in pratica, ossia dalla creazione di una compagnia teatrale intergenerazionale all’ideazione di una performance, fino allo sviluppo di corsi di formazione nel settore e di un “Creative age” festival a tema.
I risultati sono stati sorprendenti, perché i partecipanti si sono sentiti liberi di esprimersi secondo le proprie capacità e hanno scoperto abilità che non conoscevano; il teatro ha anche permesso loro di avere un appuntamento settimanale fisso e di impegnarsi con altre persone per un obiettivo comune, evitando isolamento, solitudine e, al contempo, allenando la memoria e affinando la consapevolezza di se stessi e del proprio corpo nello spazio.
C’è poi un aspetto particolarmente importante dell’impegno teatrale in età adulta: secondo una ricerca della Exeter University del Devon, il teatro con gli anziani sviluppa due aspetti fondamentali, che riguardano il gruppo non solo come autoterapia ma anche come ripescaggio delle proprie storie di vita. Affidarsi ai propri ricordi, condividerli con gli altri e ascoltare quelli altrui rappresenta uno scambio benefico.
Per fare un esempio applicato al campo medico, l’Università del Queensland, in Australia, ha seguito per cinque anni 650 pazienti con problemi al cuore, e ha riscontrato che quelli inseriti in una terapia di gruppo di tipo teatrale miglioravano molto più velocemente di quelli che venivano curati singolarmente.
Le esperienze con gli anziani sembrano essere quelle di maggiore successo nel supporto della memoria non solo verbale ma anche motoria, e nel sostegno all’umore e alla fiducia nelle proprie capacità attraverso occasioni che consentono di percepirsi ancora capaci di un’integrazione all’interno di un gruppo.
Dell’importanza dell’effetto gruppo, potenziato dall’ambiente teatrale, ha scritto anche Antonio Lo Iacono, ex presidente della Società Italiana di Psicologia, nel libro La sala degli specchi: «La condivisione di un ricordo ha un potere terapeutico enorme. La memoria emotiva rappresenta la nostra identità e ci rende, a seconda dei casi, più o meno forti. Condividere il passato è importante proprio perché serve a riappropriarsi di una parte di sé».
Anche in Italia non mancano esperienze dedicate ai senior nel mondo della recitazione: a Torino, ad esempio, l’associazione Maigret & Magritte – nata nel 2014 e con diverse collaborazioni all’attivo con scuole, case circondariali, comunità di recupero – organizza corsi di teatro per tutte le età, compreso un percorso over 60, intitolato “Le età dell’oro”, dedicato – si legge nel programma – a chi vuole salire su un palco ma teme di essere ridicolo, a chi ha tanto da raccontare e desidera farlo insieme ad altri, a chi è curioso e vuole mettersi in gioco, a chi ha più di 60 anni ma ne sente 20 e pensa che la vita sia una sola e valga la pena di provare tutto.
L’ultimo progetto in ordine di tempo è partito lo scorso ottobre e terminerà a giugno 2022 con uno spettacolo finale.
A Milano, invece, una proposta teatrale originale e inclusiva ha fatto parte di “Un cortile per tutti”, un percorso più ampio di riqualificazione delle periferie, dove la Piccola Accademia di Cascina Biblioteca ha promosso un ciclo di incontri dal titolo “Siamo tutti attori”, rivolto a bambini, anziani e adulti anche con disabilità, con l’obiettivo di creare nuovi spazi di gioco e incontro attraverso il teatro.
A Roma è il Teatro San Paolo a portare avanti un percorso teatrale dedicato agli over 60, e ad aver creato il gruppo teatrale “Gli inossidabili”, che approfondisce l’esperienza del teatro italiano di De Filippo e Goldoni, facendone un percorso di condivisione e aggregazione.
Il contesto del palco permette di imparare nuove reazioni cognitive e comportamentali, sperimentando altri sé in situazioni diverse che vengono affrontate con la drammatizzazione, ossia in un luogo protetto da giudizi e vincoli sociali, che fa cadere le maschere proprio interpretando qualcun altro. L’approccio teatro-terapeutico consente anche di esprimere ciò che normalmente non si riesce ad affrontare con le parole, o che non sarebbe ugualmente liberatorio affrontare in un ambiente quotidiano. Per questo l’esperienza del laboratorio teatrale viene oggi sperimentata anche in contesti di residenze socioassistenziali, come esperienza inclusiva. È il caso delle Rsa Korian a Milano e Firenze, dove da cinque anni è attivo il progetto “Rssa, Residenze Socio Shakespeariane Assistite”, ideato da Alessio Martinoli, attore e regista, che ha permesso di riunire gli ospiti con attori professionisti, animatori e giovani fra i 18 e i 25 anni, in un incontro artistico intergenerazionale che ha portato anche alla messa in scena di diverse opere, fra le quali Sogno di una notte di mezza estate che, nel 2019, è uscita dalla struttura per essere ospitata alla Rassegna estiva di San Salvi.
«Gli attori vengono completamente coinvolti e inclusi in una realtà che trasforma i luoghi delle Rsa in laboratorio – ha raccontato Martinoli -, dove tutti hanno modo di imparare. Gli ospiti e gli anziani del territorio non vivono infatti la propria settimana con pensieri negativi, perché aspettano il giorno per recitare. Nulla viene lasciato al caso, e la scelta di Shakespeare è formativa per i ragazzi, essendo patrimonio dell’umanità intera, e avvolgente per gli anziani: questa modalità intreccia tradizione e innovazione, permettendo di impegnarsi in maniera attiva e di riscoprirsi, con la voglia di non smettere mai di imparare».
Anche in questo caso, è stato possibile riscontrare miglioramenti nella memoria, nella parola e nella sicurezza di sé, perché affrontare un palco significa imparare la propria parte, parlare davanti a un pubblico e superare paure e incertezze, rispettando quelli che nella teatroterapia sono i tre momenti fondamentali del processo: primario pre-espressivo, che mira a sciogliere le resistenze e si basa sul coinvolgimento in esperienze che permettono di prendere coscienza di sé attraverso esercizi di movimento, contatto, vocalizzazione; secondario espressivo, finalizzato alla costruzione del personaggio, in cui si sperimentano più ruoli attraverso esercizi guida di sviluppo di temi suggeriti dal conduttore o dai partecipanti; infine, quello terziario post espressivo, che mira a integrare azioni e testi prodotti in un allestimento scenico, mettendo insieme il gruppo per una rielaborazione condivisa.
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