Maria Concetta Taschetti. Laureata in lettere moderne, pensionata delle poste. Partecipa al Concorso 50&Più per la seconda volta. Vive a Caltanissetta.
Maria e Franco ormai erano anziani e si facevano, amorevolmente, compagnia, tenendosi ancora per mano mentre attraversavano l’ultimo tratto della strada della loro vita.
Da quando il loro bellissimo figlio li aveva lasciati per sempre, lei continuava a ripetere a Franco che, sicuramente, dopo la morte c’era vita, non sapeva quale vita, forse diversa da quella che ora stavano vivendo, ma c’era, Maria ne era sicura.
Spesso lei ripensava ad un racconto che aveva sentito da piccola. In quel racconto si parlava di una fanciulla che, cercando di raccogliere una rosa, aveva messo un piede in fallo ed era scivolata giù per un pendio, così si era ritrovata in un bellissimo giardino, pieno di fiori di ogni colore, che costeggiava un placido fiume.
Ora che era avanti negli anni, Maria, ripensando a quella storia, provava una sensazione di eternità immaginando che quel giardino fosse il luogo felice dove, un giorno, sarebbe andata a vivere insieme a suo figlio. Avrebbe voluto comunicare a Franco queste sue visioni, ma lui era scettico e pensava che il mondo finisse col cessare del respiro, niente lo convinceva dell’esistenza di un’altra vita.
Erano inutili le parole di Maria, anzi lui la prendeva, bonariamente, in giro. Eppure, da quando il loro amatissimo ragazzo li aveva abbandonati, lei riusciva a trovare conforto immaginando suo figlio sorridente, seduto sulla riva di quel placido fiume e sembrava che il suo ragazzo l’attendesse lì, in quel paradiso.
Maria trascorreva i suoi giorni quasi fuori dal tempo, perché sapeva che il tempo non esisteva, era solo una strada che l’avrebbe portata a ritrovare ciò che amava.
Per Franco i giorni erano un calvario, avrebbe voluto tornare indietro, rivivere ciò che era stato felice di fare insieme al suo amato ragazzo.
Così erano passati alcuni anni e lei si era stancata di ripetergli che il loro figliolo viveva in una realtà che non era di questo mondo, che non l’avevano perduto e che un giorno lo avrebbero rivisto. Era come parlare al muro.
Non c’erano lacrime, non servivano a niente, c’era solo dolore.
Un giorno lei stava andando nella stanza dove Franco di solito riposava il pomeriggio, ed egli, quasi la fermò, dicendole che in quella stanza, pochi istanti prima, aveva sentito il profumo che usava il loro ragazzo, così forte da togliere il respiro. Forse temeva che lei potesse emozionarsi troppo e sentirsi male. Lei volle andare ugualmente, anzi sperava di sentire anche lei quel profumo ma non sentì nulla.
Franco non voleva ancora credere che suo figlio fosse venuto a trovare lui in quella stanza, ma finalmente, le lacrime gli scivolarono, copiose, dagli occhi, accarezzandogli il cuore.