La coalizione liberale ed europeista guidata dall’ex premier Donald Tusk ha vinto le elezioni parlamentari dello scorso 15 ottobre, ma potrebbe non scalzare il governo conservatore. Non subito, almeno.
Lo scorso 15 ottobre in Polonia le elezioni parlamentari hanno prodotto un risultato imprevisto e significativo, che può forse aprire un nuovo corso politico per il Paese. Il partito conservatore Diritto e Giustizia (PiS), al quale appartiene l’attuale premier Jaroslaw Kaczynski è stato il più votato, facendo registrare il 35,3% dei consensi e conquistando 194 seggi su 460, ma si trova di fatto isolato. Anche un accordo con la destra di Confederazione, uscita ridimensionata dalle elezioni con appena il 7,1% dei consensi, non gli consentirebbe di raggiungere la maggioranza parlamentare.
Le forze di opposizione – La Sinistra, Terza Via e soprattutto Coalizione Civica di Donald Tusk, già premier polacco dal 2007 al 2014 e presidente del Consiglio Europeo dal 2015 al 2019 – ha raccolto il 53,5% dei voti e 248 seggi complessivi, candidandosi seriamente alla guida del Paese. Tusk (nella foto di apertura), che considerava la tornata elettorale “l’ultima possibilità” per salvare la democrazia polacca, ha salutato la vittoria al grido di “Questa è la fine dei tempi bui”.
Affluenza alta per le elezioni in Polonia
Le elezioni parlamentari hanno visto la partecipazione del 74% degli aventi diritto, la percentuale più alta dai tempi del comunismo. Più numerose degli uomini le donne, particolarmente sensibili – secondo gli analisti – alla promessa di riformare la restrittiva legge sull’aborto fatta da Tusk in campagna elettorale. L’appello a sovvertire il “Medioevo” di PiS, la deriva nazionalista ed euroscettica della compagine che ha retto la Polonia negli ultimi otto anni, ha sicuramente contribuito a mobilitare l’elettorato, insieme alla statura e alla credibilità internazionale di Tusk.
Il leader dell’opposizione si è impegnato sul fronte dei diritti civili e sulla questione dei migranti, promettendo di ricostruire su nuove basi le relazioni con l’Unione Europea e di sbloccare i fondi europei congelati a causa di una diversa concezione dello “stato di diritto” tra Bruxelles e Varsavia.
Un cambio di guardia inevitabile ma laborioso
A questo punto tocca al presidente della Repubblica Andrzej Duda, esponente del PiS, attribuire l’incarico di formare il governo; e non è scontato che tocchi a Tusk. Le norme costituzionali e le procedure tradizionali lasciano un margine di ambiguità: sarà prescelto il leader del partito più votato o quello della coalizione vincitrice? I precedenti farebbero propendere per la prima soluzione, ma tutto lascia credere che sarebbe solo una situazione temporanea.
Il gioco delle alleanze sembra fatto, la destra del PiS e di Confederazione da sola non ha la maggioranza in parlamento e assai difficilmente gli ambientalisti di Terza Via (il partito più “contendibile”) romperebbero l’alleanza con Tusk premiata dalle urne. Presto o tardi che sia, il cambio della guardia al governo della Polonia ha tutta l’aria di essere inevitabile.
(Foto apertura: Grand Warszawski/Shutterstock.com)
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