Dal 23 novembre 2024 al 23 febbraio 2025, un prestito storico proveniente da una collezione privata sarà ospite negli spazi delle Gallerie Nazionali di Arte Antica. La Sala Paesaggi di Palazzo Barberini, a Roma, accoglie il ritratto di monsignor Maffeo Barberini. Attribuito dai principali studiosi a Caravaggio, viene esposto al pubblico per la prima volta.
“È il Caravaggio che tutti volevano vedere, ma sembrava impossibile. Siamo felici e orgogliosi che le Gallerie Nazionali di Arte Antica siano riuscite in questa impresa e che per la prima volta in assoluto questo capolavoro possa essere ammirato da tutti a Palazzo Barberini”. Con queste parole Thomas Clement Salomon, Direttore delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, ha salutato un quadro molto speciale. Si tratta del ritratto di Maffeo Barberini, mai esposto sino ad oggi e attribuito al maestro della luce e dell’ombra, Caravaggio.
Il ritratto di Maffeo Barberini, opera del Caravaggio
Nel ritratto Maffeo Barberini è seduto su una poltrona collocata di sbieco ed è illuminato da un fascio di luce che converge dal basso, emergendo potentemente da uno spazio nudo ed essenziale. Il monsignore, nei suoi trent’anni, indossa una berretta e un abito talare nei toni del verde, sopra una veste bianca plissettata. Il braccio sinistro è poggiato al bracciolo della sedia e con la mano stringe una lettera piegata. In primo piano, evidenziato dalla luce, è appoggiato alla poltrona un rotolo di documenti.
La testa con lo sguardo impaziente, la bocca socchiusa e il gesto quasi improvviso che compie con la mano destra, che buca lo spazio, raccontano una personalità dinamica, suggerendo che stia dando un ordine a qualcuno fuori dalla scena. La raffinata sperimentazione cromatica, il modo di impostare la figura in diagonale rispetto al fondo, i contrasti di chiaro e scuro, il disegno delle mani arrotondate, la luminosità dell’epidermide e la tecnica di costruzione degli occhi sui quali è applicata una pennellata di biacca che dà intensità allo sguardo, sono le cifre dell’autografia del Merisi evidenziate da tutta la critica.
Longhi e Briganti, i primi a tracciare un’attribuzione del quadro
Con pochi tratti, Caravaggio raffigura un Ritratto in movimento e rivela lo stato d’animo e la personalità del protagonista. Si tratta di un intellettuale della più alta sfera sociale, monumentale nella sua presenza, ma privo di retorica. L’opera – presentata per la prima volta da Roberto Longhi nell’articolo Il vero “Maffeo Barberini” del Caravaggio, pubblicato nel 1963 sulla rivista Paragone – è stata indicata dallo studioso come un elemento fondamentale per comprendere la ritrattistica di Caravaggio, utile a colmare una lacuna considerevole nella produzione del periodo romano del maestro, poiché suoi ritratti sono rarissimi e per la quasi totalità sono andati perduti o distrutti. Secondo Longhi l’opera, riemersa a Roma senza documentazione, era stata conservata per secoli nella collezione dei Barberini, prima di entrare in una raccolta privata, probabilmente a seguito della dispersione del patrimonio negli anni Trenta.
Anche Federico Zeri tra coloro che l’attribuirono a Caravaggio
Dalla corrispondenza tra Roberto Longhi e Giuliano Briganti (pubblicata nel 2021) è emerso che fu inizialmente Briganti a scoprire e attribuire il Ritratto a Caravaggio. In seguito cedette a Longhi il diritto di pubblicazione. In una lettera del 2 luglio 1963, Longhi confermava quanto accaduto, offrendo a Briganti la possibilità di pubblicare l’opera. Tuttavia, nel settembre dello stesso anno, fu Longhi a pubblicare l’opera senza menzionare Briganti, ma lodando il restauro effettuato da Alfredo De Sanctis.
Anche Federico Zeri accolse l’attribuzione a Caravaggio. Nella Fototeca dello studioso, conservata all’Università di Bologna, una fotografia del dipinto contenuta nel fascicolo intitolato a Caravaggio ha sul retro la scritta autografa di Zeri con l’indicazione della sua provenienza dal mercante e conoscitore d’arte romano Sestieri, già curatore della Galleria Barberini.
Un’esposizione dal sapore straordinario
Da quando è riemersa nel 1963, l’opera, per le sue caratteristiche autografiche e la qualità eccezionale del ritratto, è stata accettata unanimemente dalla critica. Già Mia Cinotti, autrice di una delle monografie caravaggesche più complete nel 1983, dopo un approfondito esame dell’opera resa possibile dalla disponibilità del proprietario, la aveva inserita nel catalogo del Merisi.
L’eccezionalità di questo prestito offre al pubblico un’occasione unica per ammirare un’opera mai esposta pubblicamente, rimasta sempre nella collezione privata cui appartiene tutt’ora. Questa esposizione rappresenta un evento di straordinario interesse, senza precedenti, sia per gli studiosi che per il grande pubblico.
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