Nel nostro Paese i suicidi degli anziani rappresentano il 37% di quelli totali. Un dato allarmante se si considera che gli over 65 sono oltre il 24% della popolazione. Una tendenza che tocca soprattutto gli uomini, le città e gli over 80.
Siamo il Paese più anziano d’Europa con oltre 14 milioni di over 65, il secondo più longevo dopo il Giappone, eppure qualcosa non torna tra demografia e cura della terza età. Tra ageismo e isolamento, restano troppi i fenomeni che minano le fasce più anziane della popolazione, spingendole ai margini della società, causando demenze e malattie.
Il binomio solitudine-ageismo, infatti, genera un percorso insidioso verso la depressione. Il risultato: un forte impatto sui suicidi tra gli anziani in Italia. Nonostante costituiscano meno di un quarto della popolazione (24%), gli over 65 rappresentano oltre un terzo (37%) dei casi, un fenomeno acuito dalla condizione maschile, dalla vita urbana e dall’età avanzata (oltre gli 80 anni).
Suicidi tra gli anziani, tutta colpa (anche) della solitudine
Il peso della solitudine nel nostro Paese è troppo forte. Lo confermano anche i dati Eurostat: abbiamo un tasso di solitudine che è praticamente il doppio rispetto alla media degli altri Stati Membri. Rappresentano il 14% coloro che non hanno nessuno a cui chiedere aiuto, il 12% chi non ha nessuno a cui raccontare cose personali. La media europea, invece, è del 6,1%. Un dato allarmante, certamente, ma soprattutto un fenomeno che incide sulla salute mentale e fisica, perché è spesso preludio di depressione. Il che vuol dire un aumento del rischio di altre patologie come disturbi del sonno, di demenza e malattie cardiovascolari, e purtroppo di suicidio. Questi temi sono stati al centro del 25° Congresso dell’Associazione italiana di Psicogeriatria, organizzato recentemente a Padova.
La solitudine aumenta del 50% il rischio di demenza
La salute degli anziani è significativamente determinata da fattori sociali – condizioni economiche, abitative e relazionali – un aspetto cruciale che solo di recente ha guadagnato l’attenzione clinica e che, ancora oggi, viene spesso sottovalutato. L’Organizzazione Mondiale della Sanità è chiara: l’influenza di questi determinanti è pari, se non superiore, alle cure mediche. Ignorarli rappresenta un serio pericolo per il benessere degli anziani. La solitudine, in particolare, si configura come un’epidemia sociale con conseguenze allarmanti: un aumento del 50% del rischio di demenza e del 30% della premortalità, un impatto paragonabile ai danni del tabagismo cronico e dell’obesità.
I disturbi del sonno, primi segnali del disagio sociale
Esistono però segnali inequivocabili dell’avanzare della solitudine. I primi sintomi delle conseguenze di una marginalità sociale dell’anziano sulla psiche possono emergere dai disturbi del sonno e dalla maggior frequenza di incubi, che può a sua volta favorire lo stato depressivo. Gli incubi persistenti che interferiscono con la vita quotidiana possono essere diagnosticati come ‘disturbo da incubi’, una condizione di salute mentale che può rendere difficile affrontare la giornata.
La frequenza degli incubi, inoltre, aumenta con l’età: la prevalenza è di oltre tre volte superiore tra coloro che hanno più di 70 anni (6,3%) rispetto agli adulti tra i 50 e i 70 anni (1,8%). È stata riscontrata anche un’associazione con ideazione suicidaria, depressione e stress. Esiste una forte correlazione tra incubi e rischio di suicidio: gli individui con incubi frequenti hanno maggiori probabilità di tentare il suicidio e di adottare comportamenti autolesionistici.
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