Dalla sala da pranzo alla camera da letto e ritorno. A meno che non si viva a Versailles è difficile che lo spostamento richieda più di qualche minuto. Cosa fare per il resto della giornata? Chi può lavorare da casa, in fondo, è fortunato: il tempo in qualche modo passa. Ma chi è in pensione o ha un’attività che non può essere svolta a distanza fa fatica a riempire le interminabili ore della quarantena, che – ricordiamolo – è un sacrificio a fin di bene.
Anche un campione di creatività, vulcanico e iperattivo, dopo un paio di giorni rischia di esaurire le idee e comincia a sentirsi come una tigre in gabbia. I tempi del “casa, dolce casa” sembrano lontani. Alla lunga quel dolce è diventato stucchevole tanto da far venire la nausea. Annoiarsi però, purtroppo, è il rischio minore. L’isolamento forzato e soprattutto l’incertezza sulla sua durata hanno un forte impatto psicologico. Oltre alla noia, si rischia l’ansia, lo stress, la paura, la depressione. Lo stiamo tutti sperimentando sulla nostra pelle.
Cosa manca di più alle persone in quarantena? La routine quotidiana e i rapporti sociali. Nessuno ambisce alla mondanità, ma ad un caffè al bar la mattina, alla passeggiata dopo pranzo, a un’occhiata alle vetrine dei negozi…
L’impatto psicologico di misure restrittive analoghe a quelle adottate nel nostro Paese per contrastare l’epidemia del nuovo Coronavirus è stato analizzato da un gruppo di ricercatori inglesi sulla rivista Lancet. Gli scienziati forniscono anche alcuni suggerimenti per superare le difficoltà psicologiche di questo periodo.
Quanto è dura? Le parole di chi ci è già passato
L’unico modo per comprendere gli effetti psicologici della quarantena è quello di andare a vedere come ha reagito chi l’ha sperimentata nel corso delle epidemie precedenti. Perché, non fa piacere ricordarlo, ma noi stiamo solo all’inizio ed è troppo presto per poter fare un bilancio. Così i ricercatori hanno passato in rassegna 24 studi che avevano valutato in passato l’impatto delle quarantene sulla salute mentale.
La prima quarantena della storia sembra sia stata adottata dalla Repubblica di Venezia nel 1127 per contrastare la diffusione della lebbra. Trecento anni più tardi il Regno Unito ha cominciato a ricorrere in maniera metodica all’isolamento della popolazione per contenere il contagio della peste.
Oggi gli stessi metodi vengono usati per limitare i casi di infezione di Covid-19. In anni recenti la quarantena è stata imposta in vari Paesi per l’epidemia di Sars (sindrome respiratoria acuta grave, 2002, Cina) e di Mers (sindrome respiratoria mediorientale, 2102, Medio Oriente) per quella di Ebola (prima epidemia nel 2013 in Africa) e per l’influenza H1N1 (pandemia 2009).
Quali sono stati i costi psicologici dei provvedimenti restrittivi della libertà personale? Dai vari studi è emerso che le persone uscite dall’isolamento erano maggiormente stressate, distaccate, ansiose, irritabili e depresse rispetto a quelle che non avevano sperimentato le stesse limitazioni. Anche l’insonnia e la rabbia rientrano tra i sintomi tipici di chi ha vissuto un periodo di quarantena. In alcuni casi il disagio emotivo dura anni e può portare anche all’abuso di alcol (e non ci riferiamo al disinfettante).
Tornerà tutto normale, ma ci vuole un po’ di tempo
Dopo la quarantena molte persone continuano a sentirsi minacciate da chi le circonda e continuano a mantenere una distanza di sicurezza dai potenziali “untori”.
Il 54% delle persone messe in quarantena durante l’epidemia di Sars ha continuato a tenersi debitamente alla larga da chi tossiva o starnutiva, il 26%o ha continuato a evitare ambienti affollati, il 21% ha evitato i luoghi pubblici nei giorni successivi alla fine della quarantena. Per molte persone ci sono voluti mesi prima di tornare alla normalità e di smettere, per esempio, di lavarsi le mani con lo stesso scrupolo di un chirurgo che sta per entrare in sala operatoria.
Come è prevedibile, più dura l’isolamento maggiore e più duraturo è l’impatto psicologico.
Come difendersi dai rischi dell’isolamento?
Come si preserva la salute mentale durante la quarantena? Intanto: per fortuna c’è internet. Restare in contatto con i parenti e gli amici via Whatsapp, Face Time, Facebook riduce il senso di solitudine.
Il motto a cui aggrapparsi è quello che Ernest Hemingway suggerisce nel suo capolavoro Il vecchio e il mare: «Ora non è tempo per pensare a ciò che non hai. Pensa a quello che puoi fare con quello che c’è». In ogni casa c’è un armadio da rimettere a posto, una parete da pitturare, un libro di ricette, una cantina da svuotare.
Gli esperti dei Centers for Disease Control and Prevention, l’istituzione americana che controlla la sanità pubblica, offrono sul loro sito una serie di consigli per riuscire a gestire la quarantena senza, per così dire, “dare di matto”:
- Evitare un’eccesso di informazione su Covid-19. Meglio limitarsi all’indispensabile: il telegiornale della sera può bastare. Altrimenti si rischia di alimentare l’ansia. Meglio intrattenersi con un film comico.
- Prendersi cura del proprio corpo. Non trascurare l’aspetto fisico. Insomma, non abbrutirsi. Rimanere presentabili per quando tutto ciò sarà finito.
- Ritagliarsi momenti di relax: fare respiri profondi, un po’ di stretching, meditazione.
- Mangiare in modo sano e cercare di muoversi il più possibile, pur rimanendo in casa. Chi ha un corridoio ha risolto…
- Andare a dormire e svegliarsi sempre alla stessa ora. Guai a mandare in tilt l’orologio interno, potrebbe essere rischioso per la salute fisica e mentale.
- Cercare di dedicarsi a qualcosa che possa intrattenere la mente e il corpo e che possa rivelarsi utile una volta tornati alla vita normale (mettere in ordine, gettare il superfluo, aggiustare, ecc.).
- Restare sempre in contatto con gli altri. Condividere le preoccupazioni ma anche gli aspetti inusuali e a volte ironici di questo inedito periodo.
- Mantenere un pensiero positivo (andrà tutto bene) riuscendo anche se possibile a trovare lo spazio per una sana risata.
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