Le relazioni sociali per contrastare la solitudine e l’invecchiamento. Il rapporto con parenti e amici, svolgere attività ludiche e culturali garantiscono una lunga e serena longevità
«L’uomo è un animale sociale», diceva Aristotele nel suo scritto intitolato Politica. Lo confermano le ricerche universitarie (di casa nostra e oltreoceano). Lo sostengono sociologi e psicologi che da anni si dedicano allo studio delle relazioni, quelle tra pari e quelle tra generazioni diverse. Se mai dovesse esistere una scala di valori, sul gradino più alto non potrebbe non esserci la relazione che gli anziani intrecciano con gli altri. Dai rapporti con la famiglia – figli, nipoti – a quelli con il gruppo di amici e di conoscenti, fino alla partecipazione attiva nella vita sociale, dove i luoghi di aggregazione non sono più solo spazi di divertimento ma diventano anche occasioni di nuove e stimolanti iniziative. Questo, se servisse sottolinearlo, aiuta ad invecchiare meglio.
Sì, è vero. Da mesi proviamo ad allontanare dalla nostra mente il ricordo di immagini che hanno segnato profondamente stati d’animo e coscienze. Sono quelle degli anziani dietro al vetro di una finestra – nelle Rsa di tutta Italia – mentre guardano il “mondo fuori”. Sono soli. Sono tremendamente soli. E quella solitudine, improvvisa, costretta, li ha “condannati” a recidere i rapporti con gli altri – per proteggersi dal virus, certo – ma alienandoli dal contesto affettivo, dall’abbraccio di un bambino, dalla carezza di un adulto. Lo dice la scienza. Prendiamo in prestito – per meglio comprendere – una frase di Wendy Qiu, ricercatrice americana che ha firmato, insieme ad altri, uno studio sulla demenza senile pubblicato sulla rivista Alzheimer’s and Dementia. Dice: «Vivere soli in quel periodo (tra i 45 e i 64 anni, n.d.r.) può essere un fattore di rischio, indipendente e modificabile, per le degenerazioni mentali».
Insomma, se la solitudine prepara la via alla demenza, la socialità la contrasta. E per avvalorare questa tesi, citiamo un’altra ricerca. Questa volta i protagonisti sono studiosi dell’Università texana di Austin. Hanno pubblicato il loro lavoro su Journals of Gerontology Series B: Psychological Sciences and Social Sciences. L’impegno del team vuole dimostrare come i processi di socializzazione continuativi delle persone anziane favoriscano il benessere mentale. Proviamo a spiegare l’esperimento che ha coinvolto un campione di circa 300 over 65. A loro è stato chiesto di dettagliare le attività compiute durante la giornata e di indossare un dispositivo elettronico utile a estrapolare i dati relativi all’attività fisica. Dalla ricerca è emerso che chi ha interagito con altre persone ha aumentato anche il tempo di permanenza fuori dalle mura domestiche, favorendo la socialità. A sostenere che esiste, invece, una connessione tra le relazioni interpersonali e il rischio di mortalità è una ricerca pubblicata su PLOS Medicine. Lo studio evidenzia che gli uomini e le donne – impegnate in forti interazioni sociali – hanno il 50% di probabilità di vivere più a lungo, rispetto a chi ha meno legami.
Passatempi, occasioni di ritrovo, contatti sociali e tecnologia: sono ingredienti necessari perché si sviluppino relazioni sociali “tra” e “con” gli anziani. Dai tornei di burraco ai corsi di teatro, passando dalla partita di calcetto settimanale o la camminata mattutina prima di una colazione in compagnia. La ginnastica al parco, per esempio, in gruppi di due o più persone, può attivare meccanismi che portano il singolo ad avviare processi sociali. Si tratta, in buona sostanza, di attività e appuntamenti che rendono possibile gli incontri ma scandiscono anche ritmi a giornate che altrimenti sarebbero piatte e uguali, dove la solitudine non potrebbe che prendere il sopravvento. A incidere sullo sviluppo delle relazioni e sull’inclusione sociale anche realtà associative che hanno tra gli obiettivi offrire sostegno psicologico a persone con difficoltà non solo fisiche ma anche emotive e sociali. È il caso di TAM – Tieni A Mente -, che sottolinea l’importanza dell’ascolto e della comunicazione nell’ambito delle relazioni famigliari con soggetti di età diverse.
E quando – per i motivi più disparati – tutto questo non è possibile, la tecnologia dà il suo contributo per favorire la partecipazione alla vita sociale e per costruire relazioni. La recente invenzione dell’applicazione “Newlife”, infatti, – realizzata da Mauro Tiberti, presidente del gruppo ODStore Sapori Artigianali SRL – consente di “connettere vite diverse” e, come suggerisce il portale che la descrive, “è uno spazio per condividere conoscenze ed esperienze, mettendole a disposizione dei newlifers. Fare la differenza nella vita degli altri non è mai stato così semplice”.
Infine, secondo la Costituzione dell’OMS, l’obiettivo dell’Organizzazione è “il raggiungimento, da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute”, definita come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”.
© Riproduzione riservata