I dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali confermano la diffusione dei tirocini fra i senior, un trend in crescita costante negli ultimi dieci anni. Ma sono davvero utili? Lo abbiamo chiesto a Eleonora Voltolina, direttrice di Repubblica degli Stagisti, testata online che segue il fenomeno da sempre
Uomo, over 55, disoccupato o beneficiario di un sussidio al reddito: alle soglie della pensione (sociale)? No, alle porte di un’azienda per iniziare uno stage. Un trend in aumento, a dispetto degli investimenti su progetti come “Garanzia Giovani”, che promuovono la diffusione del tirocinio come ponte fra scuola, università e mondo del lavoro.
È quanto emerge dai dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, pubblicati lo scorso 16 marzo in anteprima da Repubblica degli Stagisti, testata giornalistica online da oltre dieci anni impegnata ad analizzare le tematiche dello stage in Italia. Nel terzo trimestre 2020, su 68.514 tirocini extracurriculari attivati nel nostro Paese, il calo nelle attivazioni – prevedibile nella fase di emergenza sanitaria ed economica che stiamo vivendo – è stato inversamente proporzionale alle fasce di età dei tirocinanti, passando dal -17% per gli under 25 al -10% nella fascia 25-34 anni a nessuna variazione per i 35-54enni. Per gli over 55, invece, i tirocini sono aumentati del 20%, arrivando a rappresentare il 16% delle attivazioni complessive. Inoltre, se nella fascia 35-54 anni c’è una parità di genere (il 50,5% dei tirocinanti sono donne, il 49,5% uomini), dei 2.154 stagisti over 55 sono uomini due su tre (64,5%).
Come interpretare un fenomeno che rompe gli schemi del ricambio generazionale? Eleonora Voltolina, fondatrice e direttrice responsabile di Repubblica degli Stagisti, non ha dubbi: «Più che del ricambio generazionale, rompe gli schemi della dignità del lavoro perché utilizzare lo stage per una persona che ha più di 50 anni, salvo rarissimi casi, significa sostanzialmente far ripartire la persona da un ruolo che non è più il suo».
Ci può spiegare perché?
Anagraficamente, salvo pochissime eccezioni, le persone di 50 anni hanno già un background professionale e quindi per loro la funzione principale dello stage è assente. Questa funzione predominante, infatti, non riguarda tanto le hard skill, cioè le competenze specifiche di una data professione o mansione, quanto piuttosto imparare a relazionarsi in un posto di lavoro, quindi l’importanza della puntualità, dell’appropriatezza del linguaggio, la gestione dei rapporti con i colleghi e i superiori, lo svolgimento del lavoro e quindi anche l’organizzazione delle proprie attività per rispettare scadenze e consegne. Una consapevolezza di come ci si comporta in un luogo di lavoro che una persona che non ha mai lavorato non può acquisire sui banchi di scuola o dell’università, ma deve in qualche modo imparare con un’esperienza diretta, quindi o alla sua prima assunzione oppure con lo strumento dello stage, che rappresenta una sorta di “assaggio” del mondo del lavoro. Questa parte è fondamentale per le finalità dello stage, quindi proporre questa tipologia contrattuale a una persona che ha già anni di esperienza, anche se in un altro settore, significa far ripartire questo lavoratore da un punto che è troppo arretrato per una persona che già possiede tutte le competenze essenziali che si acquisiscono con uno stage.
Ma ci sono eccezioni a questa logica, giusto?
Sì, sono quei tirocini extracurriculari legati a percorsi di formazione di persone senior che decidono di reinventarsi e che magari si iscrivono all’università per conseguire una prima o una seconda laurea, seguono un corso di formazione in un settore professionale completamente diverso da quello in cui hanno lavorato fino a quel momento perché hanno voglia di cambiare vita, oppure traslocano in un posto lontano rispetto a quello dove hanno vissuto. O, ancora, sono donne che hanno badato alla famiglia per anni e poi tirano fuori dal cassetto il titolo di studio e decidono di rimettersi in gioco nel mondo del lavoro. Questi casi, però, rappresentano una percentuale molto piccola del segmento degli stagisti anziani e corrispondono ai senior con gradi di istruzione molto alti e mestieri ad elevata professionalità, che decidono volontariamente di accettare la sfida di un tirocinio, anche se un po’ per gioco, come fa Robert De Niro nel film Lo stagista inaspettato.
Invece, nella maggior parte dei casi la storia è un’altra…
La figura che interpreta De Niro non è lo stagista di cui ci preoccupiamo, il nostro problema sono gli stage usati come ammortizzatori sociali per persone di solito con basso grado di istruzione, con un percorso sofferto di disoccupazione o di lunga cassa integrazione, che vengono in qualche modo “parcheggiati” con lo stage. Un uso del tirocinio quanto meno improprio perché porta con sé dei problemi molto seri per una persona in età lavorativa avanzata. Non dobbiamo dimenticare che lo stage non produce contributi, quindi determina comunque mesi di vuoto contributivo, senza contare poi l’aspetto psicologico di vedersi ridotti al rango di stagisti quando si hanno 50 anni o anche di più, e si hanno un mutuo, una famiglia, dei figli, aspetto assolutamente da non sottovalutare.
Al di là della crisi pandemica, i dati più recenti sui tirocini confermano un trend che Repubblica degli Stagisti sta seguendo già da qualche anno. È così?
Esatto, nell’ultimo decennio i tirocini senior si sono triplicati per gli over 55 e sono comunque raddoppiati per la fascia di età 35-54 anni. Si tratta di numeri contenuti che però sono comunque non irrilevanti. Ad oggi, gli ultimi dati che abbiamo a disposizione ci segnalano quasi 50mila tirocini nella fascia 35-54 e più di 10mila nella fascia over 55.
Proporre un contratto di stage ad un over 50 è possibile per legge. Dal suo osservatorio specializzato, ritiene che questa strada sia efficace per favorire il reinserimento e la riqualificazione professionale di un lavoratore senior?
Purtroppo il Ministero del Lavoro ancora non ci ha fornito i dati sulla percentuale di assunzione post-stage e in particolare sulla segmentazione di questa percentuale per fasce di età. Dati che invece sarebbe essenziale poter consultare perché, se la percentuale di assunzione degli over 55 fosse alta, significherebbe che le persone coinvolte accedono con il tirocinio ad una seconda vita professionale. Il punto è che io temo che questa non sia la realtà, anche perché molti di questi tirocini sono svolti in enti pubblici, molto spesso al Sud. Penso, per esempio, agli uffici giudiziari, dove ci sono stati tirocini, che coinvolgevano anche over 50, durati anni, andando addirittura contra legem. Queste persone sono state collocate in uffici della Pubblica Amministrazione storicamente sotto organico e quindi sono state molto utili, ma alla fine hanno perso del tempo prezioso perché inseriti in enti dove, come sappiamo, l’assunzione non poteva esser in alcun modo formalizzata, visto che è subordinata a concorsi pubblici. Si tratta di una vicenda a cui Repubblica degli Stagisti ha riservato grande attenzione negli anni e che mi induce ad avere dubbi sull’inserimento professionale dei tirocinanti senior. Certo, se il Ministero del Lavoro fornisse dati che smentiscono questa realtà, potremmo cambiare idea…
I tirocini extracurriculari rientrano nel più ampio sistema delle politiche attive del lavoro, della cui riforma si discute da anni. Un dibattito che si è riacceso con l’arrivo dei fondi Next Generation EU da organizzare con il Recovery Plan. Come dovrebbero essere ripensate le politiche di promozione dell’occupazione per garantire un equilibrio fra generazioni e il fisiologico turnover del mercato del lavoro?
Ci sono studi ed eminenti economisti che sostengono come più il mercato del lavoro sia dinamico, più si creino posti di lavoro. Diverse statistiche dimostrano che i paesi dove ci sono più persone over 55 attive nel mercato del lavoro sono quelli dove i tassi di occupazione giovanile sono più alti, quindi paradossalmente il mercato del lavoro perfetto è quello in cui lavorano tanti giovani e anche tanti over 55. Dunque, non dobbiamo mirare a pensionare le persone per “far saltare fuori” i posti per i giovani, non funziona così. Lo abbiamo visto con la Pubblica Amministrazione che negli anni ha pensionato e prepensionato tante persone ma non ha assolutamente assunto tanti giovani quanti senior ha mandato in pensione. Questo meccanismo ha già dimostrato di non funzionare anche nell’ambito privato dove, quando una persona over 65 va in pensione, il suo posto non viene preso da un giovane di 25 anni o comunque occupato perché non è affatto detto che a un pensionamento corrisponda necessariamente un’assunzione. Dobbiamo piuttosto puntare su un mercato del lavoro dinamico e non statico. Dunque, in vista dell’arrivo dei fondi europei, spero proprio che non ci sia neanche un euro per finanziare programmi di stage over 50 perché sono convinta che sia una strada sbagliata e che ci siano tante altre forme più dignitose per reintegrare i senior che hanno perso il lavoro o riqualificare le loro competenze, ad esempio, percorsi di formazione e di aggiornamento professionale. Lo stage, è bene ribadirlo, ha un’altra funzione.
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