Lo spreco alimentare in Italia costa 290 euro all’anno per famiglia, circa 126 euro pro capite. Dal 2023 ai primi mesi del 2024 i numeri sono cresciuti.
Continuiamo a buttare troppo cibo in Italia. Lo spreco alimentare non ha solo un impatto sull’ambiente ma ci costa soprattutto a livello economico. E molto stando ai dati 2024 dell’Osservatorio Waste Watcher International. Raccolti in base a un monitoraggio Ipsoa-Università di Bologna, i dati ci dicono che il cibo che viene buttato via vale oltre 13 miliardi di euro, 4 dei quali si perde lungo la filiera distributiva.
I numeri dello spreco alimentare
Si perde più cibo nelle città e nei grandi comuni, molto meno nei piccoli centri. A sprecare di più sono le famiglie senza figli, in particolare quelle con un basso potere d’acquisto, in percentuale maggiore al Sud rispetto al Nord.
Sembrerebbe un controsenso il fatto che a gettare via più alimenti acquistati siano le persone con un reddito contenuto. Si tratta di una fetta di popolazione composta da 5,7 milioni di cittadini, pari al 10% del totale. Eppure il motivo è che coloro che possono spendere poco tendono a scegliere cibo più scadente e facilmente deperibile, con un rischio maggiore di finire nella spazzatura anziché essere consumato.
Uno spreco in aumento
Dal 2023 ai primi mesi del 2024 i numeri dello spreco alimentare sono cresciuti, passando da 75 a 81 grammi di alimenti buttati via ogni giorno pro capite, e da 524,1 a 566,3 grammi settimanali. Dall’indagine è emerso anche che il 41% degli italiani preferisce il discount rispetto al negozio, mentre il 77% ha dichiarato che deve usare i risparmi per far fronte agli aumenti, e il 28% che ha ulteriormente tagliato il budget dedicato alla spesa alimentare.
L’indice Fies
I dati raccolti nel Rapporto sono stati analizzati secondo l’indice Fies, Food Insecurity Experience Scale, che misura il livello di accesso delle persone a cibo adeguato: è emerso che coloro che faticano ad arrivare alla fine del mese presentano un aumento del 280% dell’insicurezza alimentare rispetto alla media nazionale. Dunque lo spreco di cibo aumenta col calare del livello di reddito, perché esiste una correlazione tra inflazione e insicurezza sociale, fra potere d’acquisto e scelte di consumo che possono incidere sulla salute e sull’ambiente se non si dispone di un reddito adeguato.
Scegliere cibo scadente, spesso di facile deterioramento, non comporta solo un aumento di spreco, ma anche un peggioramento della propria dieta e di conseguenza della salute. Per questo, come ha ribadito il direttore scientifico di Waste Watcher Andrea Segrè, è necessario adottare politiche pubbliche per promuovere scelte alimentari sane e sostenibili, far conoscere l’impatto negativo dello spreco, i danni sull’ambiente, e migliorare le etichette dei prodotti sulle modalità di consumo.
© Riproduzione riservata