Lo scorso anno l’industria della musica ha registrato un tasso di crescita superiore all’8%. Purtroppo, questo 2020 per i motivi che conosciamo dovuti alla pandemia, non ha confermato questo trend positivo.
L’emergenza sanitaria mondiale ha bloccato concerti, chiuso club e discoteche. Ha persino reso difficile, se non impossibile, la promozione. All fine, il blocco degli studi di registrazione ha dato il colpo di grazia a tutti coloro che lavorano nel settore dell’intrattenimento musicale. Per contenere il più possibile i danni, molte associazioni di settore, operatori e musicisti si sono rimboccati le maniche. Persino i colossi della musica in streaming ci hanno messo del loro.
Spotify, ad esempio, ha promosso in Italia il progetto “Covid-19 Sosteniamo la musica”, dopo averlo lanciato in tutto il mondo. Lo scopo è individuare soluzioni a sostegno di artisti, musicisti, autori e tecnici, cioè di tutti quelli che sono stati maggiormente colpiti dagli effetti indiretti della pandemia.
Spotify e il boom degli over 55 durante il lockdown
Non è un caso che Spotify – il famoso servizio musicale digitale che consente di accedere a milioni di brani – si sia messo “una mano sul cuore e l’altra sul portafoglio”. Innanzitutto perché, per l’intero periodo del lockdown, la principale fonte di ricavi per l’industria musicale è stata proprio lo streaming.
Insomma, durante la pandemia, accanto alla vecchia, cara e inossidabile radio, il pubblico ha gradito tantissimo lo streaming di musica on demand. Tanto da farlo diventare una delle principali forme d’ascolto. Una crescita di ascolti che è stata spinta però non solo dal pubblico più giovane costretto in casa dal lockdown, ma anche dagli over 55.
Una statistica inglese, valida anche in altri Paesi
Secondo uno studio della Entertainment Retailers Association (Era), infatti, quello degli over 55 è il gruppo che ha registrato la crescita più forte tra coloro che hanno impiegato i principali servizi di streaming. Stiamo parlando di Spotify, Apple Music, Amazon Music, Deezer e YouTube Premium.
Lo studio, svolto dall’Era in Inghilterra, conferma che durante l’ultimo lockdown oltre un terzo dei nuovi abbonati ai servizi era composto da adulti sopra i 55 anni. Un dato che assai probabilmente rispecchia quanto accaduto in altri Paesi. Ovviamente l’età media del consumo di musica in streaming resta a favore dei più giovani: quasi il 60% degli abbonati ha meno di 34 anni. Ma la crescita della fascia over 55 segnala un cambiamento dagli sviluppi imprevedibili per il futuro.
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