Quando si tratta di religione l’Italia sembra divisa quasi perfettamente in tre gruppi: cattolici praticanti, cattolici non praticanti e un ultimo gruppo composto da atei, agnostici e credenti di altre religioni. È il quadro che emerge dal sondaggio Religiosità e ateismo che l’Uaar, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, ha commissionato all’istituto Doxa e che rileva come, rispetto a 5 anni fa, i credenti cattolici siano in diminuzione (-7,4%).
La ricerca, svolta all’inizio dell’anno, ha evidenziato delle forti differenze generazionali: il numero di cattolici sale man mano che aumenta l’età degli intervistati fino a raggiungere un picco del 76,9% tra gli over 50. Un dato in accordo con l’analisi delle professioni dei credenti italiani che rileva un 31% di pensionati, seguito in percentuale minore da impiegati, commessi, operai e casalinghi. Per i senior, la comunità religiosa è una delle fonti più importanti di supporto sociale al di fuori della famiglia e il volontariato legato alle organizzazioni religiose sembrerebbe il più frequente per questa fascia della popolazione.
Secondo uno studio americano, la fede religiosa e il coinvolgimento in alcune attività della propria comunità possono essere correlati ad alcuni vantaggi psicologici come l’attitudine positiva rispetto alle difficoltà della vita e a situazioni di malattia. Introiettare i precetti religiosi porterebbe anche alla ricerca di un senso della vita che influenza comportamenti salutari e relazioni sociali e familiari: le credenze e la pratica religiosa, infatti, spesso favoriscono lo sviluppo della comunità e della rete di supporto sociale. Inoltre, il coinvolgimento attivo è correlato a un migliore stato di salute non solo dei senior, ma anche dei caregiver: uno studio condotto su persone che assistevano pazienti con la malattia di Alzheimer o il cancro ha evidenziato come quelle con una forte fede religiosa e con molti contatti sociali fossero in grado di fronteggiare meglio lo stress e la fatica.
Nel 2015, la rabbina Laura Geller ha pensato a un modo per far conciliare i bisogni spirituali degli anziani con le eventuali sfide dovute all’invecchiamento che, in alcuni casi, possono portare all’isolamento e alla perdita di contatti con la propria comunità. È nata così ChaiVillageLA, la comunità di volontari che offre ai senior di Beverly Hills alcuni servizi di supporto, assistenza e prevenzione. Mentre i volontari accompagnano i senior dal medico, offrono passaggi, fanno commissioni e piccole riparazioni in casa, l’organizzazione crea percorsi spirituali ad hoc per questa fascia di popolazione e i caregiver. «La fase della vecchiaia per un credente è quella in cui non esistono più riti di passaggio. Trovo importante che se ne aggiungano altri che racchiudano l’importanza di alcuni momenti specifici», ha osservato Geller. Ad esempio, la rabbina ha introdotto un rituale per il momento in cui si abbandona la casa di famiglia. «È un momento difficile quello in cui si vende o si lascia la casa della propria storia famigliare», ha spiegato. «Il rituale prevede che i proprietari si spostino da una stanza all’altra e condividano un ricordo per ogni camera chiudendo con un ringraziamento alla casa e la benedizione del sacerdote». Un altro momento per il quale non esiste nessun rito simbolico è la pensione, un passaggio piuttosto importante nella vita di tutti i senior. Laura Geller ha deciso di scrivere un libro intitolato Getting Good at Getting Older (Essere bravi ad invecchiare) in cui ha raccolto tutti i rituali ebraici che possono aiutare gli anziani in questa fase della loro vita.
Nella fede musulmana, invece, il tema dell’invecchiamento con le sfide che comporta è ancora difficilmente trattato e in America la maggior parte dei musulmani anziani si affida a caregiver familiari senza chiedere supporti a servizi esterni specializzati. «Molti di questi senior non sanno come chiedere aiuto al sistema socio-assistenziale», racconta Mona Negm, presidente e fondatrice dell’American Muslim Senior Society (AMSS). La società americana di Mona offre programmi per sensibilizzare la comunità musulmana sul tema dell’invecchiamento attivo, sui servizi assistenziali, ma anche su alcune patologie come la demenza e la perdita di memoria.
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