Giuseppe Spinale. E’ nato a Catania dove vive. Sposato, quattro figli, si dedica con successo alla recitazione presso piccole compagnie amatoriali. Nei suoi racconti ama narrare momenti che gli riportano emozioni legate a verità lontane nel tempo. Partecipa al Concorso 50&Più per la terza volta.
Voglio raccontare una storia che sembra veramente accaduta.
C’era una volta un bambino di nome Francesco: piccolo e birichino, scuro di carnagione, fantasioso, spericolato, con la voglia continua di correre e di giocare.
Sempre protetto dal suo vigile Angelo Custode. C’era anche un “castello” dove il bimbo andava a giocare con tante zie che se lo contendevano, che appagavano tutte le sue prodezze. Nel castello, le zie, suore secolari, custodivano una piccola cappella dove manifestare l’amore al Signore. Un giorno, mentre il bimbo calcia il pallone, la voce di zia Annamaria, madrina di battesimo, esorta il bambino a venire a conoscere Gesù. Così Francesco sale i gradini della cappella ed entra nel vano sacro dove, per la prima volta, gli viene mostrato il grande crocifisso con Gesù in Croce. Francesco alza gli occhi e con meraviglia ed emozione, vede i piedi forati dai chiodi: “Ecco quello è Gesù” e Gli manda bacetti con la mano, rammaricandosi di non poterlo raggiungere, impotente a togliere quei chiodi che forano piedi e mani fino a farli sanguinare.
Cominciò così il suo amore per Gesù, amore e compassione che si rinnovava ad ogni visita; per Francesco non era più sacrificio lasciare il gioco per rivederlo ma lo rendeva felice… specialmente dopo avere assaggiato il Pane di Gesù. La zia Annamaria spesso lo accontentava tenendolo in braccio sotto la croce, così da permettergli di baciare la porticina dove veniva custodito il Pane consacrato. Il piccolo sentiva profonda una grande amicizia col Signore, più importante di ogni cosa. Il cuoricino di Francesco soffriva perché non sapeva come eliminare quei grossi chiodi, come farlo guarire e scendere dalla croce.
Passò il tempo e venne il grande momento in cui una scala era rimasta abbandonata insieme a qualche attrezzo nei pressi della cappella. Lui non aspettava altro! Era abbastanza alto e forte per sollevare la scala, avvicinarla al grande Crocifisso e con gli attrezzi salire fino in alto. Finalmente poteva tentare di togliere quei chiodi ai piedi ed alle mani di Gesù.
Lavora, smuovi, tira e ancora… e uno… poi due… il terzo che fatica! Non si arrese, tirò finché l’ultimo chiodo fu divelto. Ma… la scala oscillò, si piegò indietro. Un grido: “Gesù” e una risposta: “Francesco”.
Mentre il bimbo, perdendo l’equilibrio cadeva indietro, le mani libere del suo grande Amico lo afferravano e lo salvavano dal pericolo.
Le zie intanto cercavano il bambino e lo trovarono sorridente: “Francesco che hai fatto?”.
“Non ha più i chiodi… Gesù mi ha risposto”.
Fra la grande gioia di tutte le zie dal cuore materno, che per lui hanno trepidato, resta una domanda irrisolta. In realtà nessuno capì bene cosa fosse successo, solo Francesco sapeva di essere felice perché Gesù non aveva più i chiodi, il suo vero amico lo aveva salvato.
Non so cosa fece Francesco da adulto; divenne papà o partì missionario per fare del bene ad altri bambini, forse divenne prete… Padre Franco…
Comunque siano andate le cose, sono certo che il mondo divenne migliore. Mentre nel Monastero di Santa Rita da Cascia esiste un Gesù in Croce senza chiodi.