“Chi può metta, chi non può prenda”. Un messaggio semplice, uno slogan con una chiara dichiarazione di intenti: aiutare. Questo messaggio è apparso su una cesta a Napoli, nelle stradine del centro storico. È qui che è nata l’iniziativa della “spesa sospesa”, che riprende e amplifica il concetto di “caffè sospeso”, l’usanza tutta partenopea di prendere il caffè al bar e lasciarne uno pagato per chi ha bisogno. Chi ne ha voglia, può comprare alimenti destinati a chi, magari senza lavoro, non riesce più a farlo in autonomia.
La spesa sospesa
E quando la solidarietà chiama, i napoletani rispondono. A Porta Capuana, un tratto di strada si è riempito, in pochissimo tempo, di piccoli sacchetti verdi contenenti generi di prima necessità. Tutti riposti in cassette di plastica, in fila, messi in maniera ordinata. Chiunque ne abbia bisogno può scendere in strada e prendere la sua cassetta.
E se Napoli ha fatto da apripista per la spesa sospesa, il resto d’Italia non è di certo rimasto a guardare. Iniziative del genere si stanno diffondendo in tutte le regioni, dalla Sicilia alla Lombardia passando per Puglia e Toscana. A testimonianza che bisogna sempre tendere una mano a chi ne ha più bisogno.
A Lecco si donano pizza e sushi
Da Sud a Nord, a Lecco c’è la pizza sospesa. Il tutto è nato dal post pubblicato su Facebook da un’infermiera dell’Ospedale Manzoni di Lecco.
Erano i primi giorni di Marzo, il Coronavirus non aveva ancora rivelato il suo volto più crudele. In ospedale però già si lavorava duramente. Come prassi di tutte le sere l’infermiera aveva ordinato delle pizze per lei ed i suoi colleghi. Alla consegna il fattorino le ha comunicato che non doveva pagarle: una passante, che per caso aveva ascoltato l’ordinazione telefonica, saputo a chi fossero destinate le pizze, aveva deciso di saldare il conto. Un ringraziamento per il grande lavoro svolto e per i turni estenuanti a cui il personale sanitario si era sottoposto.
È proprio a partire da quel gesto che l’attivista Paolo Trezzi ha dato vita all’iniziativa delle PS: Pizze Sospese, ovvero pizze pagate dai cittadini e offerte al personale sanitario che lavora senza sosta per garantire le giuste cure.
La raccolta fondi, in meno di un mese, ha raggiunto i 4.500 euro. Il menu dell’offerta si è ampliato, perché ha visto l’adesione di altri ristoratori. E così sono stati offerte 600 pizze, oltre 50 pranzi sushi e 300 colazioni.
Una focaccia in sospeso: l’idea di una società sportiva di Genova
In un quartiere del capoluogo ligure, la società sportiva Nuova Oregina, in collaborazione con un panificio della zona, ha avviato l’iniziativa del “pane sospeso”. Un bene di prima necessità, il cui costo può risultare irrisorio per alcuni ma insostenibile per altri. Ecco allora che i clienti più abbienti possono lasciare pagata una pagnotta, un pezzo di focaccia o altro.
Il pane sospeso è, in realtà, una pratica che negli ultimi anni si è andata diffondendo in tutta la Penisola. Roma, Milano, Trento, Lucca, Agrigento, Grottaglie, Bologna sono solo alcune delle città attive in tal senso. Un modo per combattere la fame aiutando le persone in difficoltà, e allo stesso tempo, contrastare gli sprechi alimentari troppo spesso presenti nei negozi e nei centri commerciali.
Dopo l’idea del quotidiano “sospeso” in edicola, per aiutare chi non può neanche più comprarsi il giornale, l’Italia intera mostra ancora una volta la sua generosità. Un modo per sentirsi più vicini a chi è in difficoltà e a chi si sta sacrificando in questa battaglia, anche se ora l’emergenza sanitaria ci tiene distanti.
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