Lo scioglimento rapido delle calotte polari e il grave deterioramento dei ghiacciai italiani sta avendo un enorme impatto sul cambiamento climatico. A partire dall’innalzamento del livello dei mari su tutto il Globo.
Dovremmo prestare maggiore attenzione all’Antartide, anche se sta lì, a quindicimila chilometri di distanza da noi.
Ma perché mai dovremmo preoccuparci di un continente così lontano da noi e per di più neanche interessante da un punto di vista turistico? La risposta è che il contributo dell’Antartide all’innalzamento del livello medio del mare è impressionante. In questo caso, dunque, il detto “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” non trova riscontro, perché
l’Antartide continua a inviare segnali preoccupanti.
Per la prima volta da quando vengono fatte le rilevazioni, e cioè dagli anni Settanta, il ghiaccio marino che si trova ai margini del continente bianco, per il secondo anno di fila è ai minimi storici, ai minimi di tantissimo margine.
Nel senso che manca più di un milione di chilometri quadrati di ghiaccio marino, rispetto al minimo storico precedente.
E per ora hanno ceduto “solamente” porzioni dell’Antartide Occidentale “molto piccole” se paragonate alla sua grandezza totale. Se per assurdo ci immaginassimo un collasso improvviso di tutta l’Antartide Occidentale, sapete di quanto si innalzerebbe il livello del mare su scala globale? 3,2 metri.
Cosa significa concretamente? La perdita di ghiaccio marino in Antartide, che a differenza dell’Artico è circondato dal mare, è pericolosa, perché una delle sue funzioni ecologiche è proteggere le calotte polari dalle onde, fortissime a quelle latitudini. Quelle onde ne accelerano la disintegrazione, che infatti sembra pericolosamente vicina, se osservata da sotto uno dei giganti del polo sud, il ghiacciaio Thwaites.
Thwaites è uno dei ghiacciai più grandi al mondo, ha le dimensioni della Gran Bretagna ed è quello che perde massa più velocemente. Forse nessun singolo “punto di non ritorno” della crisi climatica preoccupa gli scienziati tanto quanto Thwaites, per questo chiamato il “ghiacciaio dell’apocalisse”.
Un’immagine questa che ci riporta a numeri su vastissima scala, forniti da una nuova ricerca della Leeds University, fatta partendo da 100mila immagini satellitari per studiare la salute delle piattaforme di ghiaccio galleggiante del continente.
I risultati di questa ricerca sono a dir poco preoccupanti: oltre il 40% delle piattaforme di ghiaccio ha perso massa dal 1997, con una perdita totale di 7,5 trilioni di tonnellate di ghiaccio tra il ’97 e il 2021.
Questa perdita mette in luce la disparità tra l’Antartide orientale, più freddo e stabile, che incrementa addirittura la sua quantità di ghiaccio, e quello occidentale, più vulnerabile a causa del riscaldamento degli oceani.
Le piattaforme di ghiaccio dell’Antartide hanno una funzione di barriera protettiva per la calotta antartica, perché rallentano il flusso di ghiaccio che dalla calotta scorre verso l’oceano. Quando queste piattaforme collassano, infatti, i ghiacci della calotta possono fluire più rapidamente verso l’oceano.
L’effetto è che 67 milioni di tonnellate di acqua dolce sono finite negli oceani negli ultimi venticinque anni, alterandone le correnti e i nutrienti. Visto che siamo in tema di ghiaccio “bollente”, passiamo a quello italiano delle Alpi. Se l’estate del 2022 ci era sembrata spaventosa, la più calda nella storia europea, quella del 2023 è stata ancora peggiore, soprattutto per i nostri ghiacciai.
In attesa delle prime nevicate stagionali, Greenpeace Italia e il Comitato Glaciologico Italiano (CGI) hanno pubblicato un nuovo rapporto intitolato Giganti in ritirata: gli effetti della crisi climatica sui ghiacciai italiani, una fotografia della sofferenza delle prime sentinelle della crisi climatica sul nostro territorio.
Il Ghiacciaio dei Forni, in Valtellina, durante l’ondata di calore di agosto perdeva nove centimetri di spessore al giorno e ha una fusione del 15% superiore a quella registrata in media negli anni precedenti.
Il Ghiacciaio del Miage, in Valle d’Aosta, dal 2008 al 2022 ha perso 100 miliardi di litri di acqua, l’equivalente di 40mila piscine olimpioniche.
Questa è la situazione della nostra criosfera, che ha già perso la metà della sua estensione e, come se non bastasse, il 70% di questa perdita è avvenuto negli ultimi trent’anni.
Francesca Santolini, giornalista scientifica, saggista, divulgatrice ambientale. Collabora con il quotidiano La Stampa, dove scrive di ambiente, clima e sostenibilità e con la trasmissione Unomattina in onda su Rai Uno, dove si occupa di ambiente. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e radiofoniche intervenendo sui temi d’attualità legati all’inquinamento e al clima. Per Marsilio ha scritto “Passio Verde. La sfida ecologista alla politica” (2010), mentre per la casa editrice Rubbettino “Un nuovo clima. Come l’Italia affronta la sfida climatica” (2015) e “Profughi del clima. Chi sono, da dove vengono, dove andranno” (2019).
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