La democrazia è una delle più grandi conquiste dell’umanità, ma la strada per le libertà è ancora lunga.
Recep Tayyip Erdoğan è stato rieletto con il 53,41% dei consensi, ma la “sua” Turchia da tempo non è una democrazia. Piuttosto è una democratura, ossia un regime improntato formalmente alle regole democratiche, ma ispirato ad un autoritarismo di fatto. L’offensiva contro l’Ucraina è stato un duro colpo per la libertà, ma la democrazia, se è solida, resiste anche agli attacchi in quei paesi che ne hanno fatto un inno e una bandiera. Indimenticabile l’assalto al Campidoglio di Washington delle migliaia di sostenitori di Trump che irruppero nel Congresso accusando Biden di “furto di elezioni”. Tutti questi fatti però evidenziano anche l’effettiva fragilità della democrazia, come risulta dai dati di Our World in Data, che offre online una mappa interattiva dello stato di salute delle libertà nel mondo.
Qualche segnale positivo
Nonostante l’incertezza che caratterizza una visione globale, qualche buona notizia traspare dal 50° rapporto della ong Freedom House. Se infatti i diritti umani e le libertà civili segnano una battuta d’arresto, tra guerre e colpi di stato, il 2022 si avvicinerebbe ad un punto di svolta. A fronte di 35 Paesi propensi ad una svolta più autoritaria, 34 hanno rafforzato le basi democratiche grazie ad elezioni trasparenti e competitive e alla riduzione delle limitazioni dovute alla pandemia, utilizzate a volte (come nella “politica zero Covid” in Cina) per colpire le libertà di riunione e di movimento. È questo il caso della Colombia, che ha recentemente eletto il suo primo presidente progressista, Gustavo Petro, mentre la vice-presidente, Francia Márquez, è la prima donna afro-colombiana a ricoprire questo ruolo.
Una democrazia zoppicante
A conclusioni meno ottimistiche giunge invece l’indagine annuale del V-Dem Institute dell’Università di Göteborg che si occupa di compilare la classifica dei paesi liberali e totalitari. Per la prima volta in più di 20 anni nel mondo circolano più autocrazie che regimi democratici. Prova ne sono il diffuso imbavagliamento della libertà di espressione, anche a causa della censura, la pressione dei governi sulle organizzazioni no profit e la diminuzione delle libere elezioni. La crisi riguarda paesi prima “insospettabili” come l’India, l’Ungheria, la Serbia e la Russia (paragonata oggi all’ex Unione Sovietica). Colpiscono i numeri: il 72% della popolazione mondiale, ovvero, 5,7 miliardi di persone, vive in autocrazie (+ 46% di dieci anni fa). Il 28% nelle cosiddette autocrazie chiuse (totalitarismi instaurati con un colpo di stato) e solo il 13 % della popolazione – 1 miliardo di persone – vive in democrazie piene.
Il peso del potere economico
Economia, ricchezza e controllo dei commerci internazionali sono strumenti di pressione in politica estera e interna. Per V-dem mentre le autocrazie stanno rafforzando il loro potere economico, nelle democrazie si assiste ad un calo di ricchezza che potrebbe indebolirne il ruolo tradizionale di difensore dei diritti umani e delle libertà nel mondo. La bilancia commerciale si sta infatti spostando a favore delle prime, dalle quali peraltro i paesi democratici diventano sempre più dipendenti sia per l’import che per l’export (come testimonia il fallimento della politica delle sanzioni pro Ucraina in Russia). Basti pensare che la quota cinese del Pil mondiale è passata dal 4,4% nel 1992 al 18,5% nel 2022, superando gli Stati Uniti.
Le minacce alla libertà di stampa
Uno degli indicatori principali per misurare il tasso di democrazia è la libertà di espressione dei media. Secondo il World Press Freedom Index 2023 la situazione è “molto grave” in 31 Paesi, “difficile” in 42, “problematica” in 55 e “buona” o “soddisfacente” in 52. La libertà di stampa vede la Norvegia al primo posto, l’Irlanda al secondo davanti alla Danimarca e l’Italia 41° perché, secondo il report, minacciata dall’ingerenza della criminalità organizzata. Maglia nera per Vietnam, Cina e Corea del Nord. Sembrano ormai lontani i tempi in cui la caduta del muro di Berlino e il crollo dell’Unione Sovietica spianavano la strada alle istituzioni democratiche. Fortunatamente – sebbene nel mondo il processo di democratizzazione subisca battute d’arresto -, conclude il rapporto di Freedom House, “la gente comune continua a difendere i propri diritti contro l’autoritarismo”.
© Riproduzione riservata