Uno studio italiano sui ‘custodi’ dei sogni rivela perché c’è chi li ricorda e chi no. L’esperienza onirica spesso è più nitida in primavera.
Il ricordo dei sogni, definito come la probabilità di svegliarsi al mattino con impressioni e ricordi di un’esperienza onirica, ha mostrato una notevole variabilità tra le persone ed è stato influenzato da molteplici fattori. Lo studio nel dettaglio ha rivelato che le persone con un atteggiamento positivo verso i sogni e una tendenza a divagare con la mente avevano significativamente più probabilità di ricordarli.
I ‘sogni bianchi’: la sensazione di aver sognato senza ricordo
Anche i modelli di sonno sembravano svolgere un ruolo fondamentale. Chi ha sperimentato periodi più lunghi di sonno leggero aveva una maggiore probabilità di svegliarsi con un ricordo dei propri sogni. I partecipanti più giovani hanno mostrato tassi più elevati di ricordo dei sogni, mentre quelli più anziani hanno spesso sperimentato ‘sogni bianchi’, cioè una sensazione di aver sognato senza ricordare alcun dettaglio. Ciò suggerisce cambiamenti nei processi di memoria legati all’età durante il sonno.
Ricordiamo di più i sogni in primavera
Sono anche emerse variazioni stagionali, con i partecipanti che hanno segnalato un ricordo dei sogni inferiore durante l’inverno rispetto alla primavera, suggerendo la potenziale influenza di fattori ambientali o circadiani. “I nostri risultati – spiega l’autore principale Giulio Bernardi, professore di psicologia generale alla Scuola Imt – suggeriscono che il ricordo dei sogni non è solo una questione di fortuna, ma un riflesso di come interagiscono atteggiamenti personali, tratti cognitivi e dinamiche del sonno. Queste intuizioni non solo approfondiscono la nostra comprensione dei meccanismi alla base del sogno, ma hanno anche implicazioni per esplorare il ruolo dei sogni nella salute mentale e nello studio della coscienza umana”.
“I dati raccolti all’interno di questo progetto – aggiunge Valentina Elce, ricercatrice della Scuola Imt e prima autrice dello studio – serviranno come riferimento per futuri confronti con popolazioni cliniche. Questo ci consentirà di far progredire la ricerca sulle alterazioni patologiche del sogno e sul loro potenziale valore prognostico e diagnostico”.
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