Sui giovani insiste il peso del futuro del Paese, ma i senior non restano a guardare. Nella nuova indagine del Centro Studi 50&Più, timori e speranze di due generazioni.
Arianna si guarda intorno alla ricerca di un posto libero vicino ad una presa di corrente. La sala d’attesa di fronte all’area d’imbarco è poco affollata. Ripassa mentalmente ciò che le occorre per salire sull’aereo: passaporto, boarding pass, certificato vaccinale, mascherine di ricambio durante il volo, gel disinfettante per le mani. La pandemia ha cambiato anche il modo di viaggiare ma per Arianna non è un problema. Gli aeroporti sono quasi diventati la sua seconda casa da quando, tre anni fa, ha iniziato a lavorare in Francia. Sì, perché lei, ingegnere aerospaziale, unica donna di quel manipolo di studenti del suo corso di laurea, ha trovato un impiego nel settore di sua competenza solo all’estero, nonostante abbia conseguito il titolo con lode. Lo aveva già messo in conto – quando all’università macinava esami su esami – che in Italia difficilmente sarebbe riuscita a lavorare, eppure, ogni volta che va Oltralpe, sente una piccola fitta al cuore. Sa di essere uno dei troppi “cervelli in fuga”, e ora, con la crisi economica determinata dalla pandemia, il rientro in Italia sembra sfumare sempre di più. Arianna per il momento non ci vuole pensare: apre il suo computer ed inizia a lavorare, in attesa che l’imbarco sull’aereo abbia inizio…
Matteo taglia le verdure mentre tiene d’occhio la pentola sul fornello. Cucinare è sempre stata la sua passione. Sogna di diventare un grande chef e di aprire un ristorante tutto suo, un ristorante “stellato”. Sa che non sarà facile, che ci vorranno tempo e sacrifici, ma lui è caparbio e in cuor suo si dice che ce la farà. Spera di farcela. Vorrebbe anche “mettere su famiglia”, avere dei figli. Lo scorso anno stava per chiedere a Francesca di sposarlo, ma poi è arrivata la pandemia e tutto è andato a carte quarantotto. Va bene, per ora niente matrimonio, ma certo che se lui e Francesca riuscissero a trovare una casa, intanto potrebbero andare a vivere insieme. Di figli, per il momento, non se ne parla: per quelli si dovrà attendere ancora un bel po’ di tempo, ma Matteo ha già imparato la difficile arte “dell’aspettare”.
Giorgio ripone lo smartphone, sorridendo. È orgoglioso dei suoi progressi tecnologici: ha appena terminato una videochiamata con suo figlio, che vive in un’altra città. Certo, non è stato facile, alla sua età, imparare ad utilizzare computer e smartphone, a scaricare app, a seguire programmi in streaming. Forse se non ci fosse stata la pandemia non si sarebbe mai impegnato, ma questo maledetto Coronavirus ha sconvolto la vita di tutti e, quindi, Giorgio di necessità ha fatto virtù. Sicuramente un grande aiuto glielo ha dato sua nipote Sabrina. La guarda. Lei sta seguendo una lezione al computer: la chiamano DaD, didattica a distanza. Il prossimo anno Sabrina avrà l’esame di maturità e poi inizierà gli studi universitari. Chissà se riuscirà a diventare la donna che ha immaginato di essere, quella per la quale sta studiando e sta facendo “prove di vita”. Giorgio è preoccupato. La pandemia ha sconvolto la vita di tanti, anche la propria e quella dei suoi cari. E ora? Che cosa accadrà nel futuro?
DAI BABY BOOMER ALLA GENERAZIONE Z
Giorgio è un Baby Boomer, fa parte della schiera dei nati tra il 1946 e il 1964. Li chiamano Baby Boomer perché la speranza che dalle macerie della guerra potesse nascere un mondo migliore ha determinato un vero e proprio boom delle nascite. I Boomer sono i fautori delle grandi rivoluzioni sociali, dei cambiamenti, un po’ i padri della modernità. Sono loro la parte più consistente dell’attuale popolazione mondiale, il fulcro della cosiddetta Silver Economy. Sono coloro su cui spesso si poggiano figli e nipoti fiaccati dalla crisi economica.
Arianna, Matteo e Sabrina, invece, ingrossano le fila dei Millennial e della generazione Z. Nati tra il 1980 e il 1994, i primi, e tra il 1995 e il 2010, i secondi, sono le generazioni che demarcano la transizione tra il passato ed il futuro. Sono quelli che hanno assistito alla nascita di Internet e all’esplosione dei social network, quelli diventati cittadini del mondo abbattendo le barriere culturali e accorciando le distanze grazie alla diffusione della rete. Digitali per passione, oltreché per necessità, vivono la vita in un costante susseguirsi di online ed offline. Idealisti, ma con anche una certa dose di pragmatismo, amano l’innovazione e l’ecologia, e si battono per lasciare la loro impronta di sostenibilità in un mondo che per forza di cose deve cambiare.
LA STORIA SI RIPETE
Di epidemie e pandemie ne è costellata la Storia: da quelle causate dalla peste, che nel corso dei secoli ha annientato parte della popolazione mondiale, alla famigerata influenza spagnola, che giusto un secolo fa (era il 1918) in un paio d’anni causò circa 100 milioni di decessi in tutto il mondo.
In quest’ultimo secolo la ricerca scientifica ha fatto passi da gigante, la medicina ed il miglioramento socioeconomico hanno permesso alla vita di allungarsi trasformando il nostro nel secolo dei centenari e portando la speranza di vita oltre ogni previsione.
E così, dal momento che tutti abbiamo creduto che saremmo stati immuni da eventi tanto tragici, il Covid-19 ci ha colto impreparati, sconvolgendo le nostre vite, mandando in frantumi certezze e sogni, innescando in taluni reazioni scomposte, in altri – per fortuna la maggioranza – la consapevolezza che il nostro vivere quotidiano avrebbe dovuto essere ricalibrato, che le storture finora sottaciute avrebbero dovuto essere corrette. Corsi e ricorsi della storia, si dice.
Ma la pandemia non ha colpito soltanto i corpi delle persone. Anche le economie degli Stati sono rimaste coinvolte. E da emergenza sanitaria si è trasformata in una grave crisi economica e del mercato del lavoro. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite, il Covid-19 ha aumentato su scala globale disoccupazione, povertà e disagi psichici. Si calcola che la crisi economica e del lavoro che ha causato potrebbe incrementare la disoccupazione mondiale di quasi 25 milioni di individui, mentre le Nazioni Unite prevedono che alla fine del 2021 saranno 235 milioni le persone bisognose di assistenza umanitaria. La povertà ha impattato soprattutto sulle donne, il cui tasso di povertà è aumentato di oltre il 9%.
NEXT GENERATION EU
L’Europa, investita come il resto del mondo dallo tsunami pandemia, dopo un primo periodo di sbandamento si è compattata ed ha affrontato l’emergenza sia dal punto di vista sanitario – finanziando anche la ricerca affinché si arrivasse alla produzione di un vaccino che potesse contrastare la diffusione dei contagi -, sia dal punto di vista economico, mettendo in campo risorse in grado di sostenere quegli Stati dell’Unione maggiormente colpiti dalla pandemia e perciò in gravi difficoltà.
Il “pacchetto” di aiuti, del valore di 750 miliardi di euro, è stato definito NextGenerationEU. È considerato dall’Unione europea “più che un piano di ripresa, un’opportunità unica per emergere più forti dalla pandemia, trasformare le economie e le società e realizzare un’Europa che funzioni per tutti”. Insomma, l’obiettivo dell’Europa è avere un futuro più verde, più sostenibile e più digitale. Un’Europa più forte e resiliente che dovrà investire sulle prossime generazioni (da qui il nome Next Generation), «un grande piano di investimenti sui beni comuni, come educazione e formazione, per dare a tutti le stesse opportunità», come ha dichiarato il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli.
L’Italia usufruirà di una cospicua parte di questi finanziamenti: 191,5 miliardi di euro distribuiti in cinque anni. Sarà un’iniezione di liquidità che servirà a dare un impulso di sviluppo al Paese e a disegnarne il futuro.
Ma a proposito di futuro: come lo immaginano le giovani generazioni, anche loro duramente colpite dagli effetti della pandemia? E i Baby Boomer, come pensano potrà essere il futuro dei giovani, figli e nipoti compresi? Le nuove generazioni cosa devono aspettarsi dalla politica, dal mondo del lavoro, dalla società in generale? Quali strumenti devono mettere in campo i ragazzi se vogliono essere sufficientemente equipaggiati per affrontare le incognite di un mondo che cambia sempre più velocemente?
L’INDAGINE
Per conoscere meglio quali sono le prospettive di vita futura delle nuove generazioni e le spinte positive latenti nella società italiana, il Centro Studi 50&Più ha realizzato, grazie anche all’ausilio della società di ricerca Format Research, l’indagine Nuovi orizzonti: il futuro ha un cuore antico. Alla base di questo nuovo studio un confronto di idee e prospettive su quanto attende i giovani, visto sia da loro sia dalla generazione dei Baby Boomer. Per questo, nell’indagine è stato coinvolto un campione di 1.500 persone suddiviso nelle fasce d’età che vanno dai 18 ai 30 anni e dai 64 agli 85 anni.
TRA TIMORI E SACRIFICI
L’Istat, attraverso i dati del Rapporto annuale 2021, ha confermato che i giovani, insieme alle donne, sono stati tra i più colpiti dalla crisi economica determinata dalla pandemia. Nel 2020 il 13,1% dei ragazzi in età compresa tra i 18 ed i 24 anni ha abbandonato gli studi dopo aver conseguito la licenza media (in Eu il dato è 10,1%). Nella fascia 15-29 anni, la percentuale di Neet (ovvero di giovani che non studiano e non lavorano) nel 2020 è salita a 2 milioni e 100mila. Pari quindi al 23,3% dei ragazzi appartenenti alla stessa fascia di età.
Nel 2020, inoltre, causa restrizioni sanitarie, si sono celebrati la metà dei matrimoni rispetto al 2019 (-87mila), e si stima che tra il 2021 e il 2023 potrebbero esserci circa 40mila nascite in meno rispetto alle 70mila preventivate.
Sono cifre allarmanti, ma che forniscono una chiave di lettura alle risposte date dagli intervistati da 50&Più alla seguente domanda: Guardando al futuro dei giovani, ci sono degli aspetti che la preoccupano? Il timore più grande degli under 30 è quello di non riuscire a trovare un lavoro (48,7%). È una sensazione condivisa dagli over 64, che per il 42,8% paventano lo spettro della disoccupazione per figli e nipoti. Ma c’è un altro dato che appaia le due generazioni: la paura di una crisi economica nazionale (per il 37,8% degli under 30 ed il 37,2% degli over 64) e di una crisi finanziaria personale (il 30,6% tra i giovani e il 40% tra i senior) [Figura 1].
Per migliorare però le proprie condizioni di vita o di lavoro quali sacrifici sono disposti ad affrontare gli under 30 e quali scelte, secondo i senior, dovranno compiere le nuove generazioni? Per la quasi totalità degli intervistati “spostarsi geograficamente dal luogo di origine, per un periodo limitato nel tempo” è un sacrificio sopportabile (88,2% per gli under 30; 87,9% per gli over 64), seguito da “sposarsi più tardi” (86,8% per gli under 30; 88,2% per gli over 64) e “posporre l’età in cui avere dei figli” (78,1% per gli under 30; 83,8% per gli over 64) [Figura 2].
SENTIMENT SUL FUTURO
Come già detto, il nostro Paese, pur attraversando una crisi senza precedenti, si sta mettendo in moto per ripartire. Nel Rapporto annuale 2021 l’Istat prevede per quest’anno un Pil in rialzo del 4,7% e del 4,4% per quello successivo. I fondi europei destinati all’Italia, inoltre, determineranno un’ulteriore spinta in avanti del Pil, spinta che sarà tanto maggiore se il nostro Paese punterà nel breve termine ad investire su Ricerca e Sviluppo.
Una boccata d’ossigeno, dunque, per il Paese e le famiglie tutte. Un’iniezione di fiducia anche per le persone, fiducia che si ritrova nelle risposte del campione interpellato da 50&Più. Ad esempio, alla domanda L’Italia sta lentamente uscendo dalla crisi dovuta alla pandemia. Quanto è fiducioso del fatto che il Paese possa tornare, pur con tutti i cambiamenti, ad una “nuova normalità”? il 78,6% degli intervistati afferma di essere molto/abbastanza fiducioso sulla ripresa del Paese, a fronte di un 21,4% di pessimisti, che hanno poco o per nulla fiducia in un ritorno alla normalità, seppur modificata dalla pandemia [Figura 3].
E se la maggioranza degli intervistati comincia a vedere la luce in fondo al tunnel, come giudica le azioni delle attuali forze di governo, considerando che il futuro del Paese è racchiuso essenzialmente dall’attuazione di una linea politica e decisionale governativa? Le risposte alla domanda Ritiene che l’azione delle attuali forze di governo possa influire positivamente sulla vita dei giovani? hanno riportato un segno positivo da parte degli intervistati. Infatti, la maggioranza di essi (il 51,3 %) si dichiara fiducioso che la linea demarcata dall’attuale esecutivo possa influire positivamente sugli orizzonti di vita delle nuove generazioni [Figura 4].
Un dato, questo, estremamente positivo, se raffrontato con quanto rilevato nel periodo pre pandemia e da cui si evince che solo un quarto degli italiani aveva fiducia nel Governo di allora e meno di un quinto dava credito al Parlamento (Fonte Eurispes).
SE POTESSI AVERE…
La linea verso il futuro, dunque, è demarcata. Le risorse economiche sono state reperite, la voglia di ricominciare è palpabile. Ma, a questo punto, la politica e le istituzioni su quali priorità del Paese dovrebbero lavorare per assicurare un futuro alle nuove generazioni?
Secondo gli intervistati under 30, gli sforzi dovrebbero concentrarsi principalmente sulla Sanità, messa a dura prova dalla pandemia (85,1%), sulla Formazione (83,6%) e sulla sostenibilità ambientale (83,5%).
Per gli over 65, invece, la Formazione dovrebbe avere la priorità (96,4%), seguita dall’Occupazione (95,5%) e dall’Opportunità per i giovani di poter lavorare in Italia (95%). I dati ci raccontano, dunque, di un’attenzione elevata dei senior per il futuro occupazionale dei ragazzi, lasciando emergere nel contempo la necessità di porre fine alla migrazione giovanile [Figura 5].
VOGLIA DI LAVORARE…
Sempre sul tema occupazionale gli intervistati si sono focalizzati quando è stato chiesto loro un parere sul futuro prossimo: Cosa si aspetta nei prossimi cinque anni?
La priorità dei giovani è “la possibilità di trovare facilmente lavoro” (56,6%), seguita subito dopo, però, da “un Paese più green” e dalla “lotta alle disuguaglianze sociali”.
I senior, invece, per i nipoti si aspettano certamente che possano trovare più facilmente lavoro (62%), ma anche che il Paese offra loro “una maggiore sicurezza” (57,3%). Un’Italia più green viene posta, invece, al terzo posto (47,8%). L’anima “sostenibile” dei giovani, dunque, ha la meglio rispetto alla “sicurezza”, tema che notoriamente sta molto a cuore a chi è più avanti negli anni [Figura 6].
E alla domanda Pensando al suo futuro nei prossimi cinque anni, la società nella quale spera di vivere come deve essere? per i giovani non ci sono dubbi: deve permettere loro di trovare il lavoro per il quale hanno studiato (38,5%), deve essere “un Paese più digitalizzato e innovativo” (31,9%), ma anche “ricco di opportunità e di contesti stimolanti” (30,6%). Anche gli over 64 auspicano per figli e nipoti una società che permetta ai ragazzi di lavorare in base al titolo di studio conseguito (49,1%), ma per i senior è importante anche che i giovani possano svolgere un lavoro che consenta loro di vivere nel benessere (33,4%) e che nella società di domani ci siano meno disuguaglianze di genere, di reddito, ecc. (27,9%).
E a proposito di disparità, diritti ed eticità, quali sono i valori personali e quelli su scala sociale che i giovani associano al proprio futuro? Nella sfera privata troviamo il “Rispetto per se stessi”, seguito dal “Senso del dovere” e dal “Senso della famiglia”; in ambito pubblico in testa c’è l’“Impegno sociale” e, subito dopo, il “Volontariato” e l’“Impegno politico”. Ma anche i senior, rispondendo alla domanda Pensando al futuro dei giovani, quali sono i valori sui quali dovrebbero costruire il proprio domani?, hanno citato il rispetto di se stessi, il senso del dovere, ai quali però hanno aggiunto anche il valore dell’onestà. Nella sfera pubblica, i valori degli over 64 coincidono invece con quelli degli under 30. Un passaggio di testimone fra due generazioni molto importante [Figura 7].
IN UN FUTURO PROSSIMO
Ma guardando al futuro, quali sentimenti animano i giovani e quali i senior? Beh, in merito al proprio avvenire i giovani appaiono decisamente ottimisti (37,6%), curiosi (31,3%) ma, allo stesso tempo, anche pieni di dubbi (29,7%). Tutti tratti caratteriali che generalmente contraddistinguono i ragazzi, portati per indole ad essere interessati a ciò che li circonda, a guardare il mondo con occhi scevri da pregiudizi, ma non per questo distanti dalla realtà, tant’è che i dubbi fanno comunque parte del loro bagaglio emozionale. Al contrario gli over 64, se pensano al futuro di figli/nipoti o delle nuove generazioni tra cinque/dieci anni, si sentono preoccupati (35,5%), pieni di dubbi (30,1%), tristi (20,1%) [Figura 8]. Evidentemente, il carico esperienziale dei senior incide fortemente sulle loro risposte.
I giovani, quindi, sono decisamente più positivi, tanto che nelle loro risposte, la parola più utilizzata è Speranza (la speranza di un mondo migliore, meglio se green), seguita da Auto-realizzazione, Carriera, Occupazione e Libertà [Figura 9].
Positivi, come è giusto che sia.
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