Nel 2020, il governo di Trump ha varato il Titolo 42, una misura che consentiva di bloccare ed espellere le persone in cerca di protezione al confine meridionale degli Stati Uniti. Una politica utilizzata per espellere oltre 2,8 milioni di persone verso le città lungo il confine con il Messico e che ha causato una catastrofe umanitaria per i migranti in cerca di sicurezza. A maggio l’amministrazione Biden ha messo fine al Titolo 42, ma la crisi migratoria al confine tra USA e Messico continua a essere drammatica. “Sognando l’America” è un servizio a puntate di Spazio50 che raccoglie le storie di chi è in cerca di una vita migliore.
Nonostante sia da sempre un territorio di frontiera, Matamoros non è una città attrezzata per l’accoglienza dei migranti. Questo, infatti, è sempre stato un luogo di transito. E così, in tutto il territorio, si conta solo un centro di accoglienza: la “Casa Migrante San Juan Diego y San Francisco”, che può ospitare fino a 150 persone. Un numero esiguo se si pensa che, data la crisi umanitaria degli ultimi mesi, qui sul confine tra USA e Messico hanno gravitato fino a quattro mila persone ogni giorno.
“La migrazione cambia in continuazione”, spiega José Luis Elías Rodríguez, direttore del centro. “Prima arrivavano uomini e donne soli, che volevano raggiungere gli Stati Uniti per avere una vita migliore e inviare denaro alle famiglie nei paesi d’origine. Adesso invece sono interi nuclei familiari che si mettono in viaggio e giungono fin qui: ospitiamo famiglie con nonni, zii, nipoti, nuclei anche molto numerosi”.
L’esodo dei venezuelani nelle parole di Alejandro
Tra le nazionalità più rappresentate, c’è sicuramente la venezuelana. Il Venezuela è uno dei paesi col più alto tasso di emigranti al mondo. Da quasi dieci anni è alle prese con una crisi economica, umanitaria e politica. Fino a marzo 2023, secondo l’UNHCR, sono stati più di 7 milioni a mettersi in viaggio, con un incremento del 30% nell’ultimo anno. La maggior parte di essi ha trovato riparo in altri paesi dell’America Latina o dei Caraibi. Ma molti cercano di raggiungere gli USA.
Alejandro di anni ne ha 72 e si trova anche lui nel centro. Un viaggio lungo un anno il suo, dal Venezuela alla regione di Tamaulipas, nel Nord del Messico. Viaggia con la sua famiglia, quel che resta della sua famiglia. Ha perso una figlia a 32 anni: “L’hanno sequestrata, non avevamo i soldi per pagare il riscatto e ce l’hanno uccisa”, racconta con uno sguardo freddo. È arrivato a Matamoros con sua moglie, l’altra figlia, il genero e i nipoti. Per un mese hanno vissuto nelle tende accanto al fiume, ora da una settimana si trovano a Casa Migrante e possono, finalmente, dormire su un letto. Alejandro vuole andare negli States per lavorare e recuperare “il tempo perso”. Non sa se, una volta al di là del fiume, avrà diritto o meno a lavorare. “Mi hanno detto che agli anziani è proibito, ma non so se sia vero o meno”, spiega. Ad ogni modo, a riposarsi non ci pensa proprio. Il tempo di incrociare le braccia, per lui, non è ancora arrivato.
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