Un’indagine mostra i vantaggi e le sfide del lavoro da remoto: il modello ibrido si afferma come la soluzione preferita dalle aziende italiane d’eccellenza per conciliare produttività e benessere dei dipendenti.
Il “Report Smartworking 2024” di Great Place to Work Italia, basato sulle risposte di quasi 21.000 lavoratori in 33 aziende d’eccellenza, ha analizzato il rapporto tra smart working, soddisfazione lavorativa e produttività.
La situazione attuale
Il dato più significativo che emerge dal report è la netta preferenza per il modello “ibrido”, cioè la modalità di lavoro che combina il lavoro in ufficio con il lavoro da remoto. Il 56% delle aziende eccellenti italiane ha adottato questa modalità, con un +37% rispetto alla media aziendale nazionale, dove il lavoro in presenza domina ancora (74%). Ma se l’aumento dei giorni di smart working generalmente migliora l’esperienza lavorativa, emerge un’eccezione: il “quasi full remote” (4 giorni a settimana da remoto) risulta un modello meno positivo rispetto ad altre soluzioni.
In generale, i numeri parlano chiaro: gli smart worker in Italia sono in costante crescita (anche se il 37% del campione non beneficia del lavoro da casa), passando da 3,57 milioni nel 2022 a 3,58 milioni nel 2023, con una previsione di 3,65 milioni per il 2024, un +541% rispetto al dato pre-Covid.
Le cinque dimensioni lavorative
I dati si concentrano su cinque dimensioni chiave che vanno analizzate: politiche organizzative, tecnologie e spazi di lavoro, leadership, comunicazione e cultura aziendale e percezione del salario.
Per quanto riguarda le politiche organizzative, la soddisfazione è massima per chi lavora 5 giorni a settimana da remoto, seguita da chi lavora 3 giorni. Il calo di soddisfazione nel modello “quasi full remote” suggerisce infatti un cambiamento radicale di bisogni e percezioni del lavoratore. Anche per le tecnologie e gli spazi di lavoro, il “quasi full remote” rimanda ad una minore soddisfazione, posizionandosi in una zona grigia tra ibrido e full remote.
La leadership emerge come un altro punto critico. Chi lavora 4 giorni da remoto percepisce più negativamente la leadership, suggerendo difficoltà di adattamento da parte dei manager a questa modalità di lavoro.
La comunicazione e la cultura aziendale sono fondamentali per lo smart working. I dati mostrano che chi lavora 4 giorni in smart working percepisce meno la possibilità di assentarsi (85%) rispetto a chi lavora da remoto per 3 o 5 giorni (90%). Anche il bilanciamento tra lavoro e vita privata è percepito meno positivamente nel “quasi full remote” (77%), sebbene le differenze con il “full remote” (79%) siano minime. Inoltre, è interessante notare che l’orgoglio per il lavoro e l’intenzione di rimanere in azienda non sono influenzati dal numero di giorni di smart working.
Infine, l’analisi si concentra sull’innovazione e sulla percezione del salario. L’aumento dei giorni di smart corrisponde ad una maggiore percezione delle possibilità di innovazione. La percezione di equità del salario, invece, cresce linearmente con l’aumento dei giorni di smart working, suggerendo che la flessibilità del lavoro da remoto migliora la soddisfazione economica e il senso di equità.
Le differenze di approccio tra le generazioni
La ricerca evidenzia inoltre significative differenze generazionali nell’approccio allo smart working. La Generazione X (45-54 anni) e Baby Boomer (over 55) mostrano una preferenza per il lavoro in presenza, percependo isolamento e ridotta efficacia nel lavoro completamente da remoto. Al contrario, i più giovani (Gen Z, under 25) gestiscono meglio la collaborazione a distanza, ma soffrono la mancanza di socializzazione in ufficio, un aspetto cruciale per i programmi di inserimento.
Questa resistenza al cambiamento verso il lavoro ibrido potrebbe essere maggiore tra Baby Boomer, Gen X e Millennial, rendendo fondamentale l’implementazione di una solida cultura aziendale che supporti lo smart working e tenga conto delle specifiche esigenze di ogni generazione.
Il futuro è ibrido
Dai dati della ricerca si evince il successo, nel nostro paese, del modello ibrido di smart working , con 2 o 3 giorni a casa a settimana. Il “quasi full remote”, invece, presenta delle criticità che richiedono un’attenzione particolare da parte delle aziende, in termini di politiche organizzative, leadership, comunicazione e gestione delle tecnologie.
Il futuro dello smart working in Italia sembra dunque essere ibrido, con una specifica fondamentale: ottenere un modello davvero vincente le aziende dipenderà dalla loro capacità di adattarsi alle esigenze dei propri collaboratori.
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