Prendersi cura di un familiare non autosufficiente comporta stress per la condizione del proprio caro e forti cambiamenti nella vita di chi se ne fa carico. Le conseguenze possono ripercuotersi in ambito lavorativo, familiare e sociale. Non tutti riescono a far fronte, anche psicologicamente, alle esigenze di cura richieste e questa sensazione di inadeguatezza può sfociare in una vera a e propria “condizione psicologica”.
La Sindrome di Burden: sentirsi inadeguati
Si chiama Sindrome di Burden e si caratterizza secondo cinque modalità diverse di “carico”. Quello oggettivo, ossia il numero di ore dedicate alla cura continua; quello evolutivo, che comporta la sensazione di non poter condurre il tipo di vita che si desidera o non avere le stesse opportunità dei propri coetanei; il carico sociale, relativo alle difficoltà di conciliare la vita sociale e lavorativa con l’impegno di famiglia; il carico fisico inteso come dispendio di energie impiegate nell’attività di assistenza e, infine, il carico emotivo che coinvolge tutte le sensazioni contrastanti nell’attività di un caregiver.
Fattori di rischio
La Sindrome di Burden nel caregiver può verificarsi più facilmente in concomitanza con alcuni fattori che dipendono dalla gravità delle condizioni dell’assistito. Ma anche dalle caratteristiche personali di chi se ne prende cura, dall’ambiente in cui si vive e dalla relazione con la persona che si accudisce. In particolare, le malattie che comportano un progressivo declino cognitivo – come l’Alzheimer e altre forme di demenza – hanno ripercussioni negative anche sulla psicologia del caregiver. Può essere difficile, ad esempio, vedere il proprio caro soffrire di disturbi dell’umore o sentirsi incapaci di prendersi cura di sé stessi, limitando la reciprocità della relazione.
Come si riconosce la Sindrome di Burden
I sintomi con i quali si manifesta la Sindrome di Burden sono quelli tipici delle condizioni di stress. Possono verificarsi i disturbi del sonno, dell’attenzione, della concentrazione, gli sbalzi di umore, l’ansia e l’agitazione. Mentre i disturbi fisici e psicosomatici che possono comparire più frequentemente sono di tipo gastrointestinale o cardiovascolare. Un fattore di aiuto, in questo senso, potrebbe essere la presenza di una rete di supporto, istituzionale o familiare, che alleggerisca il carico. Si può cercare, ad esempio, qualche gruppo di auto-mutuo aiuto nelle vicinanze o rivolgersi al proprio medico per conoscere alcune realtà che possano alleviare il carico di lavoro.
Stress da caregiving: un attenzione sempre maggiore
Le difficoltà di ricoprire il ruolo di caregiver sono sempre più evidenti alla comunità scientifica. Ne è la dimostrazione il fatto che frequentemente i percorsi di cura ed assistenza del “malato”, includano anche percorsi di coaching e di supporto psicologico dedicato al caregiver. In alcune realtà, infatti, la valutazione del paziente è completata da quella del livello di stress e del carico assistenziale del suo familiare attraverso l’adozione di specifici strumenti. Uno tra i più utilizzati è il Caregiver Burden Inventory (CBI), un questionario a risposta multipla al quale è richiesto di rispondere barrando la casella che più si avvicina alla propria condizione o impressione personale. Tra le affermazioni che il caregiver deve valutare ce ne sono alcune del tipo: “Desidererei fuggire da questa situazione”, “Non riesco a dormire a sufficienza” oppure “Sul lavoro non rendo come di consueto”.
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