Si vive più a lungo, cambiano i consumi, i desideri e i bisogni delle persone. L’invecchiamento della popolazione riguarda tutti i Paesi dell’Ue e in Italia è ancora più marcato. C’è un comparto dell’economia che segue il trend demografico e prova ad adeguarsi: è la Silver economy, l’economia d’argento. Puntare sulla Silver economy per rilanciare l’economia del Paese e dei singoli territori è stato il tema al centro del convegno Silver & The City. Più consumi, più turismo, più crescita: la terza età “ringiovanisce l’economia” che si è tenuto all’interno dei Magazzini del Cotone a Genova. Organizzato da Confcommercio e 50&Più in collaborazione con Confcommercio Genova, alla presenza del sindaco Marco Bucci e del presidente di Confcommercio nazionale e 50&Più Carlo Sangalli, ha riunito autorevoli esperti nei vari ambiti dall’economia al welfare.
I numeri dell’economia “silver”, quella degli over 65, sono impressionanti. Intanto parliamo di 14 milioni di persone che dal 2015 ad oggi sono cresciute di oltre mezzo milione, hanno una ricchezza media più alta del 13,5% di quella del resto della popolazione. I loro consumi vanno a gonfie vele: spendono per musei, mostre, cinema e viaggi. Il 17,4% di loro lavora e il 40% addirittura sostiene i figli e le loro famiglie. Non vogliono essere chiamati vecchi o anziani, ma “persone mature”. Intorno a loro e per loro c’è un complesso di attività economiche – la Silver economy – che offre servizi materiali e immateriali, beni e prodotti di consumo o investimento e varie forme di assistenza psicologica, riabilitativa e sanitaria: insomma, tutto ciò di cui i cosiddetti “silver” hanno bisogno.
«Non è detto che l’invecchiamento anagrafico della popolazione si debba tradurre in un invecchiamento della società e dell’economia – ha affermato il presidente Sangalli aprendo i lavori – al contrario, rappresenta per la nostra economia una sfida sociale e un’opportunità. La sfida è quella di cambiare prospettiva: passare cioè dall’idea di assistenza a quella di offerta, partendo da un ripensamento del sistema dei servizi, dell’offerta turistica e delle infrastrutture. L’opportunità è poi quella di dare vita, si potrebbe dire, ad “un patto generazionale” per cui le stesse “nuove generazioni” possono trovare nella silver economy occasioni di crescita, di occupazione, di impresa».
La sfida e l’opportunità sono anche quelle di ripensare le nostre città per una migliore qualità della vita di una popolazione sempre più âgée. «Esempi interessanti – ha evidenziato Stefano Boeri, architetto e urbanista di fama internazionale – possiamo trovarli nel Nord Europa, ma stiamo assistendo anche in Italia a una maggiore attenzione degli amministratori locali verso la popolazione più anziana. Abbiamo una grossa opportunità non solo di rigenerazione urbana delle città, ma anche di un grande recupero dei piccoli centri storici che in Italia si stanno spopolando, specie nella fascia appenninica. Molti di essi se ripensati possono diventare luoghi straordinari ricchi di servizi, di assistenza e di sicurezza. In questo senso abbiamo già oggi delle esperienze molto interessanti, alcune in Liguria, di piccoli centri rigenerati non solo a beneficio degli anziani, ma anche di attrazione per i giovani. Piccoli villaggi che una volta cablati diventano luoghi di ricerca e di lavoro».
Qualità di vita e qualità nei consumi vanno di pari passo. Ed è questo che chiedono e scelgono gli over 65. Alta e crescente è la propensione degli anziani per i consumi di qualità, culturali e di leisure, che li rende veri interpreti del modello di consumo della neosobrietà, improntato ad una rigorosa selezione dei consumi a vantaggio di quelli che migliorano la qualità della vita. Così, ad esempio, gli anziani secondo il Censis spendono in un anno 2,3 miliardi di euro per musei e mostre (+47% periodo 2008-2018), 2,2 miliardi per il cinema (+58,2%), 2 miliardi di euro (+74,2%) per monumenti e siti archeologici, 1,6 miliardi di euro per teatro (+29,1%), 1,6 miliardi (+13,3%) per concerti musicali, quasi 600 milioni per discoteche e balere (+12,3%).
Dal punto di vista turistico, il valore economico del turismo senior è rilevante: nel 2018 i consumi degli over 65 per viaggi e vacanze hanno superato i 4,9 miliardi di euro (con un incremento del 38,9% sul 2014-2018), di cui 2,2 miliardi destinati a vacanze con soggiorni di 2-3 notti e 2,6 miliardi per vacanze di 4 o più notti. Ma qual è il profilo del turista senior? «Oggi l’over 65 – ha spiegato Bruno Gaddi amministratore delegato di 50&Più Turismo nel tratteggiarne il profilo – è un turista attento e informato, in grado di vagliare, autonomamente, tra le molteplici proposte, la vacanza più adatta a lui. Presta attenzione al prezzo finale del pacchetto turistico, ma tiene conto anche della sua qualità e della sua sicurezza, verifica se ci sono valori aggiunti e controlla l’affidabilità del tour operator. Naturalmente non tutti gli over 65 si affidano al web. Molti, soprattutto coloro che hanno un’età che va oltre i 70-75 anni, si rivolgono alla propria agenzia turistica di fiducia o alla propria Associazione».
Non è tutto rosa e fiori il mondo dei senior, tra le questioni sollevate nel corso del convegno la persistenza di una visione stereotipata e pregiudizievole che si riscontra, ad esempio, nel mondo del lavoro. «L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce “ageismo” (in inglese ageism) ogni stereotipo, pregiudizio e discriminazione nei confronti delle persone in base all’età. L’ageismo – ha evidenziato Anna Maria Melloni, direttore del Centro Studi 50&Più – può impattare negativamente sul lavoratore anziano in vari modi: minori possibilità di entrata in azienda, comportamento e attitudine sfavorevoli da parte del datore, dei responsabili di funzione e dei colleghi, incarichi ricevuti di minore profilo, le minori possibilità di avanzamento di carriera, difficoltà nella fase di ritiro dal lavoro con situazioni a volte coatte tra volontà e obbligatorietà dell’andare in pensione, o ancora, difficoltà nelle relazioni interpersonali tra colleghi, con il proprio responsabile e/o datore di lavoro o di competizione tra generazioni diverse. Il modo in cui il lavoratore anziano si muove in un contesto organizzativo dipende anche dalla narrazione che si fa sull’anziano e dalla percezione che la società ha dello stesso». L’Italia poi è anche è indietro sul dato occupazionale. Le persone di 65 anni e oltre che risultano occupate sono in Italia il 17,4% contro il 21,3% dell’Europa (a 15), ma la Germania arriva al 26,7% e l’Inghilterra al 35,6%.
Le sfide non mancano e le potenzialità sono enormi.
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