La lotta di mamma Pamela affinché i diritti delle sorelle e dei fratelli di persone con disabilità vengano riconosciuti: «Anche lo hanno bisogno di sentirsi speciali»
«Non posso fare a meno di mio fratello, anche se avrei fatto a meno della sua disabilità. Io per lui ci sarò sempre, e anche lui alla sua maniera per me ci sarà sempre». Sono le parole di un ‘sibling’, cioè fratelli o sorelle di persone con disabilità. Storie di un amore fraterno capace di condividere esperienze, piccoli e grandi traguardi e la crescita. Un rapporto simbiotico tra fratelli che si confronta con un sovraccarico di responsabilità e solitudini.
I siblings sono caregiver dalla nascita senza averlo scelto, e lo saranno per tutta la vita. Ragazzi e ragazze, uomini e donne di ogni età, che ogni giorno danno il loro sostegno in famiglia, sia ai genitori che a fratelli e sorelle con disabilità. «Sono la parte più importante, fondamentale, di tutta la storia. Perché per loro questo impegno è per sempre», ci tiene a precisare Pamela Pompei, mamma di due gemelli, di cui uno con disabilità, e vice presidente dell’APS Comitato Disabilità Municipio X Roma. Pamela è impegnata, dalla nascita dei suoi figli, nel compito di far conoscere la condizione di invisibilità e mancanza di tutele per i siblings, e intanto affrontare il doppio ruolo di mamma caregiver di un disabile e di un sibling. «È una realtà che vive nell’ombra, spesso loro stessi si nascondono per non dover parlare delle situazioni difficili che vivono. Hanno pochi amici. Riescono a relazionarsi solo con persone che vivono la loro situazione. Anche perché hanno percorsi di vita abbastanza impegnativi», spiega Pamela Pompei.
Una marginalità che i siblings vivono quotidianamente, a partire dalla scuola. «È come se la scuola non si rendesse conto del ruolo che ricoprono ogni giorno, ogni momento, ogni notte, questi ragazzi e queste ragazze. Per loro sono ragazzi come tutti gli altri e vengono trattati allo stesso modo. Invece, non dovrebbe essere così – spiega con voce ferma Pamela Pompei -. Ci sono ragazzi che non dormono la notte per quello che vivono dentro casa con la disabilità. Vorrei quindi che ci fosse un atteggiamento diverso, una comprensione diversa nei loro confronti. O almeno più dialogo». Un’inclusività carente rafforzata da una sostanziale assenza di leggi a loro sostegno. Dalla Legge 104 del ’92 alle norme più recenti sui caregiver, mancano ancora delle leggi che diano tutele concrete e visibilità ai siblings. La Regione Lazio in una recente legge, la numero 5 dell’aprile 2024, promuove per i giovani caregiver familiari “percorsi agevolati in ambito scolastico e universitario”. Ma chi vive da vicino questa realtà ne aspetta ancora l’applicazione. «Mio figlio quest’anno sta finendo l’ultimo anno di liceo e l’anno prossimo andrà all’università. Eppure, non leggo da nessuna parte che viene considerato un caregiver, con delle agevolazioni come sarebbe giusto. È tutto molto blando – commenta mamma Pamela -. Quello del caregiver, alla fine, è un riconoscimento a parole. La verità è che la disabilità colpisce la famiglia, non il singolo. E i siblings, secondo me, dovrebbero avere gli stessi diritti che hanno i loro fratelli e le loro sorelle. Ho visto persone, siblings, distrutte dalla vita che hanno vissuto fin da bambini. Un aiuto è fondamentale da quando sono piccoli, prima di tipo psicologico poi anche lavorativo e medico».
Pamela, intanto, non si scoraggia e combatte ogni giorno quella che lei chiama “la guerra”. Lo fa, insieme al Comitato Disabilità Municipio X Roma, anche organizzando laboratori teatrali, corsi di musica e yoga, un coro che nei prossimi mesi animerà un musical. Spazi che diventano luoghi per superare l’isolamento e la solitudine, per le famiglie e soprattutto per questi caregiver speciali.
Dalla creatività di Pamela e del comitato sono nati negli anni dei documentari, visibili sulla pagina YouTube dell’associazione, come La lingua degli alieni, cui ha preso parte anche l’attore e conduttore Pif, e Attraverso Te, Storie di Siblings, con la partecipazione di Gigi Proietti. «Io ero un fantasma che viveva la vita di Marco. Stavo bene, se lui stava bene. Una vita in simbiosi, fino ad annullarmi», racconta uno dei siblings intervistati nel documentario. Vite all’ombra della disabilità, dove a sentirsi alieno è sia chi è disabile che gli stessi siblings.
«Ho fatto il video Attraverso Te per fare sentire mio figlio meno solo, per fargli capire che non era l’unico a vivere nell’ombra. E l’ho fatto anche per gli altri siblings, perché si sentano meno soli. Loro partono svantaggiati, sta a noi genitori e alla società renderli vincenti – dice Pamela Pompei -. Da genitore, la difficoltà è lavorare su noi stessi. Riuscire a dare a uno una cosa, ad un altro un’altra, in base alle loro inclinazioni. Mio figlio adesso è cresciuto ed è abbastanza sereno, si prende cura di suo fratello spontaneamente. A quel punto non diventa più un peso, ma una scelta d’amore».
Per i siblings il ‘Dopo di Noi’ è una scelta di vita, che va difesa. E su questo la battagliera Pamela ribadisce: «Bisogna valorizzarli, perché fanno un lavoro importante. E perché hanno bisogno di sentirsi speciali».
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