Essere generosi ha i suoi vantaggi. Non solo quello di rendere migliore la vita delle persone, ma anche quello (un po’ egoistico) di allungare la vita di chi lo è.
Innumerevoli studi hanno dimostrato – e lo stanno facendo tuttora – l’esistenza di una stretta correlazione tra il donare (tempo, denaro o risorse) e una vita più felice e più lunga. La condivisione, infatti, innesta un meccanismo psicologico di gratificazione che promuove il benessere psicofisico.
La spiegazione della scienza: nell’accudimento materno il segreto della generosità
Come dicevamo le risposte sul perché ci arrivano dalla Scienza. Alla California University, infatti, sono giunti ad un’interessante scoperta, poi pubblicata sulla rivista Psychosomatic Medicine.
I ricercatori hanno monitorato cosa avviene nel cervello di anziane coppie di coniugi, proprio quando l’uno aiuta l’altro. Hanno così potuto notare l’attivazione delle stesse aree cerebrali legate al comportamento materno. Ma hanno anche osservato una diminuzione nell’attività dell’amigdala, la struttura del cervello collegata alla produzione dello stress.
Lo stesso meccanismo si replica anche nel legame tra malato e caregiver, la cui capacità di accudire aumenta al diminuire dello stress. Condizione che si verifica nel momento in cui avviene un miglioramento delle condizioni del malato stesso. Ma, inconsciamente, è una reazione che mettiamo in atto ogni giorno, ogni volta che prestiamo aiuto a chi è in difficoltà.
Uno studio psico-sociale
Assodato che donare fa bene, un nuovo studio ci suggerisce ora che coloro che condividono di più vivono anche più a lungo. Condividere infatti significa prendersi cura: più risorse le persone condividono all’interno di una società, meglio è per la salute e la longevità.
Questa è la conclusione a cui sono giunti i ricercatori Fanny Kluge e Tobias Vogt dell’Istituto Max Planck per la ricerca demografica di Rostock, in Germania. In sostanza lo studio ha analizzato i dati di 34 Paesi di tutto il mondo riscontrando una forte associazione tra la quantità di denaro condivisa tra le generazioni e la longevità.
La condivisione rende più longeve anche le società
Esiste perciò uno stretto legame tra la generosità di una società e l’aspettativa di vita media dei suoi membri. «La novità del nostro studio – afferma Fanny Kluge – è di aver riunito i trasferimenti di denaro statali e privati ricevuti (doni tra parenti o benefici previdenziali e assistenziali) sommandoli tra loro e valutandone l’effetto sui beneficiari».
Ad esempio, le società dei Paesi dell’Europa occidentale e del Giappone condividono molto e, per questo, vivono a lungo. Anche i Paesi sudamericani si collocano ai primi posti, poiché condividono oltre il 60% del reddito medio pro capite. I Paesi dell’Africa subsahariana, come il Senegal, condividono la percentuale più bassa del loro reddito e hanno il più alto tasso di mortalità di tutti i Paesi studiati. A dimostrazione che chi condivide poco ha un’aspettativa di vita minore.
Il Pil da solo non basta. Oltre il supporto materiale: la connessione sociale
Ma il Pil da solo non influisce sulla longevità tanto quanto ci si aspetterebbe. Infatti, sebbene il Sudafrica sia economicamente più sviluppato rispetto ad altri Paesi africani, sono poche le risorse che vengono ridistribuite. Anche qui, infatti, il tasso di mortalità è relativamente alto.
Secondo i ricercatori, il supporto tra le persone riduce la mortalità soddisfacendo bisogni materiali urgenti, ma la condivisione riflette la forza della connessione sociale. Ed è questa che, a sua volta, avvantaggia la salute e il benessere, aumentando la sopravvivenza.
Condivisione vuol dire felicità e un’aspettativa di vita più lunga
La ricerca tedesca ben si integra con i risultati del World Happiness Report, il Rapporto Mondiale sulla Felicità promosso dalle Nazioni Unite. La generosità e l’aspettativa di vita sono infatti tra le sei variabili considerate per l’annuale classifica dei Paesi più felici al mondo.
Quest’anno – per la terza volta consecutiva – la Finlandia mantiene il titolo di Paese più felice. L’Italia conquista il trentesimo posto, guadagnando sei posizioni rispetto al 2019. «Il comportamento generoso è legato alla fiducia, al rispetto e al senso di comunità – ha dichiarato John Helliwell, co-redattore del Rapporto -. Le persone più felici sono poi più sane».
Secondo i curatori del Rapporto, le società con un’elevata fiducia reciproca hanno maggiori probabilità di essere resilienti (e quindi più longeve). Come del resto dimostra l’andamento della pandemia. Le nazioni che riescono a tenere a bada il virus, spiegano, come la Norvegia e la Nuova Zelanda, sono quelle in cui le persone si fidano l’una dell’altra.
«Dietro questi dati c’è la storia evolutiva dell’uomo», ha spiegato Helliwell. La resistenza come specie, infatti, non riguarda la sopravvivenza degli individui più adatti, ma piuttosto la conservazione delle società più cooperative. In sostanza, più saremo generosi gli uni con gli altri, più aumenteremo la nostra speranza di vita, perché sapremo rispondere sempre meglio alle malattie, ai terremoti o ai cambiamenti climatici.
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