L’obiettivo più importante è suggerire alle persone di ogni età le misure che realisticamente permettono un migliore invecchiamento, senza inseguire indicazioni prive di fondamento.
Recentemente il New York Times ha pubblicato un articolo nel quale sono indicate le sette “chiavi”, basate su evidenze scientifiche, per invecchiare bene. È opportuno ritornare sull’argomento, perché in questi ultimi anni siamo stati investiti da una enorme mole di indicazioni per un “invecchiamento di successo”, frase mal tradotta dall’inglese “successful aging”, che peraltro ha un significato meno commerciale. Oggi troppi interessi stanno crescendo attorno a questo argomento, creando false illusioni e spese inutili da parte di molte persone. Ritengo sia, invece, doveroso offrire indicazioni precise, come ha fatto il NYT e come riassumo di seguito.
L’obiettivo principale non è tanto evitare lo spreco di denaro (ogni cittadino, fortunatamente, è libero di decidere come investire i propri soldi!), ma evitare le attese frustrate, le delusioni, il rischio di non separare correttamente ciò che è una speranza, più o meno fondata, da ciò che invece è cura di eventuali malattie, con la precisa esigenza di trattamenti. Infine, l’obiettivo più importante è suggerire alle persone di ogni età le misure che realisticamente permettono un migliore invecchiamento, senza inseguire indicazioni prive di fondamento (il NYT nel titolo scrive: “Ignora le camere iperbariche e i raggi infrarossi”). È invece davvero possibile ridurre gli effetti dell’età, con realismo, ma anche un po’ di generosità verso se stessi, senza ricorrere ad atti che non offrono nessun vero supporto.
Di seguito le sette regole, ricordando però che si tratta di indicazioni generali, che ogni cittadino deve essere in grado di adattare alla sua personale condizione (salute, relazioni, sensibilità, disponibilità di tempo); è, in particolare, importante, in caso di incertezze sull’opportunità di una o l’altra azione, di ricorrere ad un medico informato. Poi però è importante seguirne i consigli; in alcuni casi, infatti, il “fare di testa propria”, come talvolta si è tentati, comporta dei rischi.
La prima chiave per invecchiare bene è affrontare con attenzione e serietà le eventuali malattie croniche. A questo proposito è molto importante un comportamento equilibrato; è, ad esempio, necessario rilevare periodicamente la pressione arteriosa, il colesterolo o la glicemia, ma queste pratiche non devono diventare un’ossessione, una sorta di dipendenza. Se una persona rientra nei parametri di normalità deve seguire le indicazioni del medico, attente a non creare condizioni di ansia che producono danni più gravi di quelli che si vorrebbero evitare.
La seconda importante indicazione è il movimento. Penso che ogni cittadino sia oggi convinto del beneficio del movimento. Il problema non è quindi teorico, ma concreto, cioè combattere la pigrizia, la consuetudine della poltrona, la svogliatezza. L’Associazione Americana di Cardiologia raccomanda 150 minuti alla settimana di esercizio moderato, cioè camminare circa 20 minuti al giorno. Non è molto, ma capisco la difficoltà di abbandonare le comodità della casa o del luogo di lavoro, anche solo per poco tempo. Il momento cruciale è l’inizio, poi la passeggiata diviene un momento “normale”.
Terza chiave: mangiare più frutta e verdura. Questa non dovrebbe essere un’azione faticosa. Basta iniziare, magari con un po’ di impegno a scegliere questi cibi alla mensa e quando si mangia a casa.
Quarta chiave. È necessario dormire un numero adeguato di ore; diventando vecchi si raccomandano da 7 a 9 ore di sonno; al contrario, è stato dimostrato da alcuni studi che meno di 5 ore di sonno a notte raddoppia il rischio di contrarre una demenza. Ovviamente queste indicazioni sono di carattere indicativo, però non ci si deve allontanare troppo!
Quinta chiave: non fumare e non bere troppo. È una regola indiscutibile e di grande rilievo per gli aspetti negativi che può provocare il mancato rispetto.
Sesta chiave: coltivare le relazioni e i contatti sociali, dando loro un giusto posto nella vita. È una regola ferrea, che non ammette deroghe, perché la solitudine e l’isolamento fanno male alla salute come il fumo! Il medico deve sempre chiedere all’anziano durante una visita: “Quanti amici e parenti hai incontrato nella scorsa settimana?”. Una risposta imbarazzata impone di prescrivere l’opportunità di contatti, quasi fossero una medicina (anzi, sono proprio una medicina, perché permettono di evitare demenze, malattie di cuore, ictus).
Settima chiave, forse quella più importante: cerca di essere ottimista, di trovare anche nelle piccole cose di ogni giorno l’occasione per pensare positivamente. È un atteggiamento che permette di guardare la vita senza angosce e quindi di agire curandosi di se stessi e delle amicizie. “Ricordati – ha scritto un medico famoso – che se non riesci a muoverti abbastanza, almeno devi impegnarti a guardare alla tua vita con serenità”.
Marco Trabucchi è specialista in psichiatria. Già Professione ordinario di Neuropsicofarmacologia all’Università di Roma “Tor Vergata”, è direttore scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia e direttore del Centro di ricerca sulla demenza. Ricopre anche il ruolo di presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria e della Fondazione Leonardo.
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