Da oggi al 2030, il deficit italiano potrebbe attestarsi attorno al 5% del Pil contro il 2,6% del 2019. Ad affermarlo, di recente, sono stati gli economisti dell’agenzia di rating Moody’s, società di valutazione degli andamenti economici mondiali.
Moody’s si è concentrata sulle previsioni del rapporto deficit/Pil sottolineando gli effetti dell’invecchiamento degli italiani sui conti pubblici della Penisola: nei successivi 10 anni, cioè nel periodo che va dal 2030 al 2040, in assenza di aggiustamenti tra entrate e spese correnti, il nostro rapporto debito/Pil potrebbe crescere di altri cento punti.
Proprio per quella data l’Istat ha previsto che in Italia ci saranno 18,8 milioni di over 65 anni, 5 milioni in più di oggi, e la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) si ridurrà di altrettanti 5 milioni scendendo a 33,7 milioni.
Secondo Christian Fang, analista di Moody’s, se non si adotteranno idonee contromisure, le ricadute saranno molto forti sui costi di finanziamento e sulla sostenibilità del debito.
L’analisi di Moody’s non considerato solo l’Italia, ma si è occupata degli effetti della transizione demografica sui saldi di finanza pubblica in altri 11 Paesi industrializzati che rappresentano il 22% del risparmio globale. Oltre a Italia, Grecia e Giappone – che risultano essere i più penalizzati -, sono stati presi in esame Austria, Belgio, Germania, Corea, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Spagna e Svizzera.
Non è la prima volta che la nota agenzia di rating lancia un allarme sui rischi economici dell’invecchiamento della popolazione italiana: circa un anno fa aveva classificato l’Italia come il terzo Paese più vecchio al mondo con un’età media di 46 anni. Un fenomeno che, secondo le loro previsioni, ridurrà il numero dei lavoratori con conseguenze non solo sui conti pubblici ma anche su altri settori dell’economia su cui gli anziani spenderanno di meno, dai ristoranti all’abbigliamento.
C’è anche chi ritiene che le contromisure suggerite da Moody’s dovrebbero comportare una revisione dei sistemi di tassazione. A sostenerlo è Kim Catechis – Head of Investment Strategy di Martin Currie, affiliata Legg Mason, una delle principali società di investimento al mondo – per il quale, la sostenibilità del welfare in rapporto all’invecchiamento demografico rappresenta una sfida globale, che «dovrà essere affrontata con investimenti per l’efficientamento del sistema di riscossione fiscale oltre che mediante un innalzamento della tassazione».
Con il crollo della popolazione in età lavorativa si dovrà pensare ad un aumento del peso delle tasse che andranno ripartite su un numero inferiore di persone. L’aumento del numero dei pensionati in rapporto ai lavoratori riguarda infatti non solo i Paesi economicamente sviluppati, come il Regno Unito, che ha oggi 46,5 pensionati ogni 100 cittadini in età da lavoro o il Giappone, con 78 pensionati ogni 100 lavoratori ma coinvolge anche i mercati emergenti come il Cile, dove nei prossimi 10 anni il numero di pensionati per lavoratori aumenterà del 46%, passando da 26 a 38.
Per i governi, sottolinea Catechis, le politiche fiscali diventeranno strategiche nelle politiche dei governi. La media Ocse si attesta attorno al 34,2% del Pil per il 2018, e al 20% contando solo le imposte sul valore aggiunto. Risulta dunque evidente – conclude Catechis – che i governi di tutto il mondo dovranno investire massivamente in tecnologia e nel potenziamento della riscossione delle imposte.
Le tecnologie potranno aiutare nella rilevazione dei dati di base per prendere le decisioni, valutando ad esempio il tasso di evasione fiscale nei vari Paesi o altri dati di reddito, mentre i robot potranno sostituire alcune attività della manodopera umana o assistenziali nei confronti degli anziani. Difficilmente però potranno pagare le tasse. Per questo, alcuni enti internazionali come l’Istituto Mondiale per la Ricerca sullo Sviluppo Economico dell’Università delle Nazioni Unite, assieme al Centro Internazionale per la Tassazione e lo Sviluppo (ICTD), stanno analizzando i tassi di evasione fiscale dei singoli Paesi; anche per far emergere la reale base imponibile necessaria a determinare i conseguenti livelli di tassazione.
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