Con il Centro Studi 50&Più abbiamo indagato sull’accesso ai servizi sanitari analizzando limiti e potenzialità. È emersa una fotografia interessante che, oltre ai dati, racconta le storie e le voci dei protagonisti
“Ora più che mai è necessario ripensare alla sanità pubblica”. È questa la frase, che più di tutte, abbiamo ascoltato dai tg nazionali quando arrivava la conta dei morti da Covid-19 e la pandemia graffiava e feriva le vite di tutti noi. Ospedali al collasso, strumentazioni e personale insufficienti, file ai Pronto soccorso. Quando l’emergenza è stata archiviata e i reparti Covid chiusi, abbiamo di nuovo guardato in faccia la realtà. Non abbiamo visto caschi per l’ossigeno, certo, non abbiamo visto nemmeno operatori bardati da dispositivi di sicurezza ma abbiamo ricominciato a vedere quelle scene che già prima della pandemia entravano nella nostra quotidianità. Uomini e donne sistemati su sedie di plastica o barelle nei corridoi dei Pronto soccorso, costretti ad attese lunghe giorni prima di essere visitati; pazienti, anche oncologici, destinati ad attendere mesi prima di poter effettuare esami diagnostici; giovani e anziani in ‘pellegrinaggio’ da una regione all’altra – non di rado da un capo all’altro del Paese – per sottoporsi a interventi e, infine, lavoratori, pensionati, disoccupati che risparmiano per pagare la visita presso una struttura privata o rinunciano perché i costi sono elevati.
Da quei mesi difficilissimi avremmo dovuto uscire tutti ‘migliori’. Avremmo dovuto, in primis, essere riconoscenti nei confronti dei ‘camici bianchi salvavita’ con un aumento del personale (medici, infermieri, operatori sociosanitari); avremmo dovuto dare lustro alle strutture ospedaliere, avremmo dovuto dare dignità – soprattutto – ai malati perché è anche da qua che si misura il grado di civiltà di un Paese. Invece, dalla pandemia siamo usciti con le ossa rotte e con un bagaglio di promesse che molto presto si è infranto contro il muro di cifre e di tagli. Sono ancora una volta i numeri a spiegare: il rapporto tra spesa sanitaria e Pil nel 2023 scende a 6,7% rispetto al 6,9% del 2022, anche se in termini assoluti la previsione di spesa sanitaria è di 136.043 milioni, ovvero 4.319 milioni in più rispetto al 2022 (+3,8%).
Indagare sugli accessi ai servizi sanitari, analizzando limiti, potenzialità e fruizione è il lavoro che con il Centro Studi 50&Più abbiamo portato avanti in queste settimane in collaborazione con Format Research. I dati sono molto interessanti perché fotografano uno spaccato del Paese che non si arena nella fredda gabbia della statistica ma fa sentire le voci dei protagonisti. Fotografano, inoltre, una differenza abbastanza marcata tra il Nord e il Sud (Isole comprese). Quando abbiamo chiesto al campione di over 50 una valutazione sull’adeguatezza dei servizi sanitari, i giudizi meno positivi sulla qualità sono giunti dal Meridione. Rispetto al Nord Est – dove per il 78,8% del campione la qualità degli ospedali è adeguata alle proprie esigenze – al Sud e alle Isole la percentuale crolla al 49,9%. E se gli studi medici specialistici privati guadagnano gradimento registrando un’adeguatezza che sfiora l’80%, le farmacie – sempre più specializzate e funzionali – rappresentano l’ultimo baluardo dei servizi sanitari con un gradimento quasi totale (96,4% al Nord Ovest e 95,4% al Sud e Isole). C’è un altro dato che non può essere trascurato e riguarda la discriminazione nell’accesso ai servizi sanitari in ragione dell’età. Bene, oltre il 70% dei senior non si è mai sentito discriminato. È una buona notizia, sicuramente, ma non va dimenticata quella percentuale (25%) che dichiara, invece, di essersi sentita discriminata in base all’età.
Se qualcosa è cambiato in questi anni è sicuramente una maggiore consapevolezza di quanto siano necessari interventi istituzionali mirati e diretti a salvaguardare la salute pubblica passando per il Sistema Sanitario Nazionale. Tutti, ciascuno con il proprio ruolo, dobbiamo contribuire a raggiungere questo importante obiettivo comune, ponendo attenzione soprattutto alle fasce deboli della popolazione.
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