Sempre più spesso in Italia il binomio anziani e armi da fuoco occupa le pagine dei giornali. L’ultimo episodio riguarda un anziano 83enne autore di una strage che ha coinvolto altri tre anziani (tra i quali sua moglie) e il figlio cinquantenne.
L’autore del fatto non era un criminale, ma un pensionato in possesso dal 1978 di una regolare licenza di “tiro sportivo”.
I dati ufficiali
Secondo il rapporto Istat del 2019, dagli anni Novanta ad oggi, in Italia gli omicidi in generale sono in costante calo.
Una tendenza peraltro confermata dallo stesso Ministero dell’Interno. Questo farebbe apparire il nostro come uno dei paesi più sicuri al mondo (soprattutto se confrontato con altre realtà come quella statunitense). Ma questi dati non considerano una variabile specifica, ossia il numero degli omicidi commessi con un’arma legalmente denunciata. Numeri che invece risultano dalle statistiche elaborate da O.P.A.L., l’Osservatorio permanente sulle armi leggere.
Una questione di famiglia
Nella casistica riportata da quest’ultimo, infatti, risulta evidente come negli anni 2017/19 il numero di omicidi attribuibili ad armi legalmente possedute fosse nettamente superiore ad altri delitti. Ma soprattutto emerge che la maggior parte di questi delitti avviene in ambito familiare e almeno uno su quattro è commesso da anziani.
Le norme per il possesso di armi
Qualsiasi cittadino italiano, purché sia esente da malattie psichiche, non sia alcolista né drogato, può ottenere una comune licenza di tiro al volo. Non sono richiesti particolari controlli medici, è sufficiente un’autocertificazione controfirmata dal proprio medico e una visita all’Asl non dissimile da quella richiesta per la patente.
Controlli troppo blandi
Ma le somiglianze finiscono qui. Il rinnovo del certificato medico per il porto d’armi è richiesto ogni 5 anni, mentre la visita medica per il rinnovo della patente è prevista ogni 3 anni per la fascia di età dai 70 agli 80 e addirittura ogni 2 per gli over 80. E non è tutto: in caso di mancato rinnovo, l’Autorità di pubblica sicurezza è tenuta ad avvisare il possessore dell’arma per ricordargli di presentare quanto prima il certificato medico. Tutto ciò non alimenta certo il senso di tranquillità.
Un problema di solitudine
Se dunque da un lato sarebbe forse opportuno rivedere termini e scadenze che regolamentano il possesso di armi, dall’altro i casi di delitti familiari indicano comunque la necessità di un maggior intervento dell’assistenza sociale almeno per le persone più a rischio. Spesso infatti, l’anziano che usa un’arma lo fa in preda a una situazione di disagio o disperazione alimentate dalla solitudine.
Una questione non solo italiana: il caso degli USA
Negli Stati Uniti, dove il possesso di un arma è un diritto costituzionale e a volte un tratto identitario, la questione è bollente. Da più parti si comincia ad invocare una legge che regoli il possesso di armi dei pazienti anziani, soprattutto se affetti da demenza. Secondo i dati, circa il 40-60% delle famiglie con un componente affetto da demenza possiede un’arma da fuoco. Ciò significa che entro il 2050 dai 7,8 agli 11,8 milioni di malati potrebbero vivere in una casa “armata”. Questo, secondo la no profit AgingCare, potrebbe significare prima di tutto un rischio per se stessi ed in secondo luogo per gli altri.
Se l’età è un rischio
Ma altri fattori legati all’età, anche se meno gravi, giustificano una discussione sul possesso responsabile delle armi. Cambiamenti nella vista, perdita dell’udito, tempi di risposta rallentati, l’uso di alcuni tipi di farmaci possono influenzare l’umore, il giudizio la mobilità e il coordinamento. Anche se non ci sono le condizioni psicofisiche per ritenere che un anziano possa avere problemi cognitivi, determinate condizioni fisiche possono contribuire ad errori pericolosi e persino fatali.
Cosa fare
È importante rivedere almeno parte delle condizioni che conducono a questa drammatica situazione. Si potrebbe, ad esempio, ipotizzare il mancato rinnovo del permesso in caso di anziani a rischio. Ma soprattutto si potrebbe attuare la richiesta, avanzata da anni, di introdurre una banca dati per permettere ai medici e alle Asl di segnalare alla Pubblica Sicurezza i pazienti possessori di armi affetti da depressione o malattie neurodegenerative.
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