La pandemia ci sta rendendo sempre più ipocondriaci. Da quando ci stiamo confrontando con l’emergenza sanitaria, sembriamo aver perso quel poco di obbiettività che avevamo. E, paradossalmente, anche gli strumenti di cui disponiamo – sempre più precisi e digitali – non fanno altro che aggravare il quadro.
In tempi di Covid, insomma, l’ipocondria non solo è diventata epidemica, ma ha fatto il grande salto: ora è persino digitale. E purtroppo la fascia di età che sembra più coinvolta nel problema è quella dei senior. Le vittime principali di questa fobia sono proprio loro, spaventati dall’eventualità di ammalarsi, presi dalla necessità di monitorare costantemente i parametri di salute. Il quadro viene è poi reso ancora più complesso dalla diffusione di tecnologie a basso costo e semplici da usare. Risultato? Disturbi d’ansia, stress e autodiagnosi affrettate.
Mezzo miliardo di euro speso per acquistare strumenti di misurazione digitali
A mettere l’accento su un’ipocondria ormai definibile come “digitale” è stata la Società Italiana di Cardiologia Geriatrica (SICGe). Sotto la pressione emotiva del Covid siamo passati dalla consultazione compulsiva di Google all’automisurazione di tutti i parametri vitali. Così, proprio nell’anno della pandemia, in Italia abbiamo speso circa mezzo miliardo di euro per strumenti digitali capaci di misurarli. Pari ad un esborso pro capite di circa 40 euro.
È nella cardiologia che la tecnologia digitale ha avuto massima applicazione. In particolare, da quando è esplosa l’emergenza sanitaria. Ma il perenne monitoraggio dei parametri vitali, complice isolamento e distanziamento, ha sconvolto l’equilibro del rapporto tra medico e paziente. Soprattutto tra i senior.
Di mezzo c’è anche la paura dei figli
Ci si potrebbe chiedere: cosa scatta nella mente dei senior, al di là dei timori generati dalla pandemia? In realtà, nella loro mente, forse, una normale preoccupazione. Il problema è quello che pensano (o temono) i figli. I principali acquirenti di questi strumenti infatti sono loro, preoccupati per la salute dei genitori anziani.
Come fa notare anche Alessandro Boccanelli, presidente della Società Italiana di Cardiologia Geriatrica (SICGe), tutte le tecnologie digitali possono aiutare nella prevenzione cardiovascolare. A cominciare proprio dagli smartphone. Una conferma che giunge anche dal boom di vendite di apparecchi per il monitoraggio cardiaco. Parliamo di braccialetti elettronici, App, smartwatch per la trasmissione dell’elettrocardiogramma. Bisogna, però, “andarci cauti”. È bene non confondere l’automonitoraggio con la diagnosi. Quest’ultima va sempre eseguita dal medico.
Misurare, misurare, misurare… Un’ossessione pericolosa
La prima errata convinzione in chi si affida integralmente agli strumenti digitali di misurazione è che permettano di scavalcare il professionista sanitario e il suo consiglio. In questo modo si incorre nel rischio di sentirsi tutti un po’ malati. I senior rischiano di diventare in questo modo delle vittime inconsapevoli di un ossessivo controllo fai da te. Più esposti ad un eccesso di medicalizzazione e di inquietudini.
Può capitare, ad esempio, che l’apparecchio per la pressione segnali una presunta fibrillazione atriale. «Ma se il paziente non è a rischio non deve preoccuparsi – precisa Boccanelli -. Bisogna dunque parlare con il proprio medico utilizzando sempre l’operatore sanitario come filtro, capire se si è una persona a rischio, se è opportuno utilizzare la tecnologia digitale e condividere i dati». Misurare, quindi, va bene. Monitorare è cosa saggia. Ma eccedere è l’anticamera di una condizione emotiva che può sfociare nell’ossessione.
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