Osvaldo Semino.
Ha studiato Lingue all’Università di Genova. Ha lavorato 40 anni nel campo trasporto aereo e del turismo come funzionario di compagnie aeree e di tour operator. Ha pubblicato tre libri di racconti brevi. Partecipa per la sesta volta al concorso. Nel 2018 ha vinto la Farfalla d’oro nella categoria prosa. Vive a Novi Ligure (Al) dove, oltre a scrivere fa in nonno.
In fondo avevo letto libri per tutta le vita e quando, dopo quaranta anni di lavoro, ho deciso di cimentarmi nella scrittura mi sono trovato davanti alla prima scelta da compiere. Quale genere? Poesia? No, troppo lontana da me. Narrativa? Si, meglio, romanzo, forse. Ancora troppo difficile per chi è digiuno di tutto e solo volenteroso. Saggio? Troppo specializzato. So di tutto un po’, ma bene niente. Si, meglio narrativa, ma non lunga, in modo che possa riuscire a controllare che cosa scrivo e come lo scrivo. Si, il racconto breve potrebbe essere la mia cifra!
Presuppone una sola storia. Non più di una, spesso intrecciate, come nel romanzo. Il linguaggio dovrà essere sbrigativo, conciso, ogni parola, ogni concetto dovrà essere propedeutico al finale della storia. Già dalla prima frase si dovrà trovare il “gancio” a cui il lettore dovrà appigliarsi per sapere o pensare agli sviluppi finali del racconto. Anzi, meglio, il titolo dovrà essere il primo motivo di interesse. E poi ricordarsi sempre il linguaggio, scarno, deciso, con descrizioni ridotte all’osso e, riuscendoci, lasciando andare avanti la storia, magari “non dicendo”, un po’ come fanno quei calciatori che giocano bene anche senza la palla tra i piedi.
Ho detto breve, ma poi mi chiedo: chissà se nella narrativa conviene più la brevità o la lunghezza. Parteggiare per l’una i per l’altra parte è inutile. Probabilmente l’unica distinzione possibile è tra testi buoni e gli altri. Ciò che serve è essere consapevoli che un opera corta non necessariamente è rapida e veloce cosi come il contrario.
Bene, ho stilato l’elenco dei buoni propositi, ma ora quale bugia racconto, perché, se ci pensate bene, il narratore racconta bugie e cerca di renderle verosimili. Semplice, provo ad ascoltare e guardare quello che ci circonda. Ci sono persone, avvenimenti, situazioni, personaggi che non aspettano altro che di fornire materia per un racconto.
Esempio n 1:
Osservo da un po’ nel mio palazzo, l’inquilino del 2* piano, che si chiama Giorgio Martelli. Ho notato che non lo vedo più da circa una settimana. E sua moglie? Lei si che c’è. Ma è chiaramente a disagio quando incontra gli altri inquilini. E’ sempre imbarazzata. Azzardo: forse è successo qualcosa tra i due. Ecco già spunta l’inizio di un racconto. Lo devo tenere a mente
Esempio n. 2:
L’inquilino del 4* piano lavora presso una ditta di spedizioni. Un corriere che consegna in tutta l’Italia settentrionale. Due settimane fa ebbe l’incarico di recapitare a destinazione un pacco di libri, all’indirizzo di una professoressa abitante nella nostra città. Con il pacco nel furgone iniziò a fare le consegne fino al momento del recapito di quella tizia che abitava in un villino nella parte opposta della città. Quando suonò alla porta venne ad aprire un uomo in accappatoio e si vedeva che era a disagio e anche seccato perché era stato interrotto mentre faceva la doccia. E’ un altro inizio, non credete?
Esempio n. 3:
L’altro giorno l’inquilino del 1* piano è andato al mercato ortofrutticolo per acquistare dei cavolini di Bruxelles, ma non li ha trovati. Brutta giornata come inizio. A casa, mentre pranzava, il suo gatto ha preso una cavalletta in giardino e gliel’ha messa nel piatto…
Ma è meglio che mi fermi un momento. Capisco che non è poi così facile scrivere una storia. Non si tratta solo di riferire quello che è accaduto, oppure quello che si è osservato di curioso, o cose del genere. Tutto questo può andar bene per fornire l’inizio, lo spunto di un racconto, ma poi bisogna articolare, sviluppare questo spunto, arricchirlo con qualche elemento in più della propria immaginazione… dare un senso alla trama.
Fermiamoci un attimo. Proviamo a riprendere la storia della scomparsa di Martelli. Che cosa può essergli capitato? Supponiamo che sia stato Martelli a dover recapitare il pacco di libri alla professoressa che abita nel villino periferico. Ma prima di questo episodio è meglio far sapere al lettore che i rapporti tra lui e la moglie negli ultimi tempi sono alquanto peggiorati, anzi sono al limite della rottura. Diciamo questo perché è meglio accumulare elementi che potranno rendere credibile lo svolgimento successivo del racconto, cioè in questo caso, che la scomparsa di Martelli sia attribuita da sua moglie a un abbandono del tetto coniugale.
Ma Martelli è scomparso, non come crede sua moglie e, come d’altronde aveva minacciato lui stesso la sera prima nel corso del litigio con la moglie, per il fatto che ormai la convivenza era insopportabile, ma perché è successo qualcosa alla casa della professoressa.
Allora diciamo che dietro l’uomo in accappatoio, che ha aperto la porta, era comparsa una donna bionda, anche lei in accappatoio, che con modi gentili fece entrare l’uomo per la consegna dei libri. Dalla cucina proveniva un intenso odore di cavolini di Bruxelles che stavano cuocendo. Allora si potrebbe legare il fatto che l’altro inquilino, aveva cercato al mercato ortofrutticolo i cavolini di Bruxelles e non li aveva trovati perché i due in accappatoio avevano fatto incetta del prodotto alla ricerca del quantitativo di droga nascosto dentro i cavolini dai loro fornitori.
Accidenti il racconto sta prendendo una piega gialla. Forse è meglio che mi fermi. Forse è stato solo un gioco. E avrò vinto se l’editore giudicherà buono per la pubblicazione questo racconto.