Sonia Bernardetta Sella.
Ex impiegata commerciale, vive a Vicenza dove partecipa ad associazionismo culturale e creativo, e svolge attività di volontariato. Ama fotografare, scrivere racconti brevi. Sue creazioni sono state pubblicate in diverse occasioni: in radio, in antologie e in un romanzo a più mani. “Tommaso trenino imprudente”, sua prima fiaba, è stata segnalata e utilizzata anche per un laboratorio sonoro-teatrale documentato in rete dal Politecnico di Milano. Nel 2019 e 2020 ha ricevuto la Menzione speciale della giuria per la prosa, al concorso 50&Più.
Al mio risveglio albeggia. Mi alzo dal letto di buona lena e mi sposto nel terrazzo . La luce è ancora fioca, l’aria è fresca, nessun rumore di veicoli in circolazione. Solo un allegro cinguettio tra le fronde degli alberi intorno a casa.
Vado in cucina, accendo la radio e preparo il caffè. Ritorno nel terrazzo e mi siedo sul divano avvolta in un plaid, nell’attesa del sorgere del sole.
Dei colpi di tosse attirano la mia attenzione: mi affaccio dal balcone e vedo un migrante senza mascherina. Con passo lento scende dalla rampa dei disabili della chiesa, raggiunge la fontanella all’entrata del parco, beve un sorso di acqua, si lava mani e viso e poi, sempre con passo lento e cadenzato sparisce nel sottopassaggio pedonale. Ne scendono anche un secondo e un terzo. Più tardi uno di loro, tossendo, risale per tornare nel rifugio di fortuna, un piccolo androne davanti all’entrata secondaria della chiesa.
Sposto lo sguardo nel vialetto e vedo il solito tizio che, come ogni mattina, portando a spasso il suo cane, sparge cibo per i colombi, i quali sbucano all’improvviso planando e becchettando vivacemente. Questo cittadino raccoglie e sistema quotidianamente la spazzatura lasciata durante i bivacchi notturni senza usare i guanti che, in questo periodo di confinamento, sarebbero obbligatori. Vorrei parlare con lui per fargli notare che il rispetto delle norme igieniche è importante e anche per ringraziarlo.
E’ terribile quanto sta accadendo là fuori, in particolare nelle corsie degli ospedali, nelle case di riposo. Una moria di persone, vite sacrificate, lontano dagli affetti famigliari, alcune di loro abbandonate al loro destino per carenza di dispositivi medici, posti letto e personale. La pandemia, arrivata di soppiatto, sta spadroneggiando.
Nonostante tutto riescono a rincuorarmi una piacevole brezza, la bellezza e i suoni della natura che mi circonda.
Si prospetta una bella giornata. Mi piacerebbe andare in Riviera Berica per una passeggiata, passare davanti alla villa La Rotonda , inoltrarmi nella Valletta del Silenzio e infine fermarmi alla pasticceria Al Gallo per una colazione.
Invece tutto ciò non è possibile perché siamo nel tempo del Covid e vige il divieto di spostamenti imposto dal decreto ministeriale: si può passeggiare solo fino a 200 metri da casa. E in pasticceria troverei il cartello con la scritta: Chiuso per Coronavirus!
La Villa La Rotonda me la posso però immaginare maestosa, immersa nei colori primaverili, ma sovrastata da minacciose e cupe nubi. Proprio come me, in primavera, assediata dall’imprevedibile nemico invisibile.
Allora ritorno a letto, mi adagio sul cuscino appoggiato alla mia bella testiera imbottita turchese. Sono soddisfatta della scelta di questo colore: mi fa sentire bene entrare nella stanza e tuffarvici lo sguardo; come mi piace vedere il bel tavolino antico, rotondo e la lampada di ceramica dipinta con motivi floreali azzurri, blu e giallo senape. Percepisco una bellezza armonica, elegante. E la bellezza rasserena e aiuta il buonumore.
Prendo la raccolta di poesie di Emily Dickinson, apro una pagina a caso e leggo:
“Prendo te? Disse il poeta alla parola proposta.
Siediti fra i candidati
finché ne ho di più fini saggiati.”
Questi versi capitano proprio a proposito: mi torna alla mente la bozza di un mio testo descrittivo che non mi convince, lasciato in un cassetto. Lo cerco, lo rileggo e poi lo inserisco nella cartellina dei racconti da revisionare, anche con la ricerca di nuove parole.
Riprendo poi in mano l’antologia per continuare con la lettura delle poesie della poetessa americana ,e penso alla preziosità dei manoscritti dei suoi versi, trovati in piccoli fascicoli cuciti a mano, dopo la sua morte, nel 1886. Mi incuriosiscono e mi piacerebbe poterli toccare e visionare.
Più tardi, mentre rassetto qua e là, trilla il citofono. Una visita? Non può essere, sono ancora vietate, anche tra parenti non conviventi. Rispondo e ricevo gli auguri di buona Pasqua da un vicino di casa. Una gentilezza che mi fa sorridere gli occhi.
Ora il mio soggiorno inondato da riflessi arancione è veramente confortante. Scatto qualche foto e ne scelgo una da inviare ad amici e parenti.
Poi esco per una breve passeggiata, una ventina di giri veloci intorno al palazzo, senza incrociare nessuno. Sono tutti a casa.
Sento però il solito papà che, nel terrazzo con un sottofondo musicale, fa fare ginnastica ai suoi due figlioletti:
“Su, più su con le braccia, destra, sinistra. Su, su, andiamo, ancora destra, sinistra. Braccia aperte, braccia chiuse”.
E penso a quanto è bravo questo papà.
Rientro a casa, mi accomodo sul divano e mentre parlo al telefono mi arriva il richiamo delle campane che suonano a festa per annunciare la Pasqua!
Oggi è vietato entrare nei luoghi di culto. A causa della pandemia le funzioni religiose sono a porte chiuse. Allora non mi rimane che accendere il televisore e ascoltare la Santa Messa presieduta dal Papa, alla presenza di qualche ministrante e di una esigua assemblea, durante la diretta televisiva dalla Basilica di San Pietro in Vaticano.
Il pranzo con parenti conviventi o amici non è programmato per il divieto del decreto ministeriale. Non ho appetito e nessuna intenzione di cucinare.
Trin trin, il telefono cellulare squilla. E’ un invito a pranzo!
Per fortuna esistono i social media: all’una mi trovo a tavola in allegra compagnia, in Zoom. Nove collegamenti, quattordici persone, tutti nella propria casa, con differenti manicaretti.
Come antipasto improvviso delle fragole con insalata russa e, visto che l’appetito vien mangiando, come anche il buonumore, cuocio nel brodo i tortellini di Valeggio.
Per chiudere il caffè e l’uovo di cioccolato che condivido virtualmente con gli altri commensali.
Finito di pranzare ci raccontiamo le nostre esperienze di confinamento e ascoltiamo musica spagnola fino alle ore sedici, termine del collegamento.
Prima dell’ora del tè, sdraiata in poltrona al sole nel terrazzino, prendo il cellulare e fra gli oltre cento messaggi non letti ce n’è uno che oramai non attendevo più. Una piacevole sorpresa , come quelle che hai la fortuna di trovare nelle uova di Pasqua.
Testo: “ Questo è quello che Benny è riuscita a produrre… auguri di Buona Pasqua anche a te!”. Fantastico è arrivato il disegno promesso da oltre quindici giorni: un cielo azzurro, un sole sorridente e un simpatico volteggiante aquilone con la scritta: noi ce la faremo. Perfetto, è ciò che desideravo. Anche se è la Domenica di Pasqua lo invio allegato alla mia filastrocca Sogno, per una possibile pubblicazione nel sito internet di un’ Associazione della quale sono socia. Ci tenevo molto a veicolarla per Pasqua o Pasquetta, per trasmettere un po’ di leggerezza, visto il periodo. Grazie al telelavoro, anche se inviato in un giorno festivo, a sera è già visualizzabile nel sito.
Il cellulare continua a squillare. L’ultimo messaggio è un gioco, un elenco di Emoji corrispondenti a titoli di libri da indovinare, un intrattenimento imprevisto proposto nella chat del gruppo di Poesia, che si protrae oltre l’ora di cena.
La mia giornata non è ancora finita. Domani è Pasquetta, giorno di gite fuori porta. E che mi invento? M’immagino e scrivo un’ escursione, in allegra compagnia, in montagna. Domani la condividerò in Whatsapp con parenti e amici.
Prima di addormentarmi, ringrazio Dio perché ho avuto la fortuna di trascorrere una buona Pasqua, non come quella di coloro che per motivi di lavoro rischiano il contagio, di chi si trova in gravi condizioni o di chi sta piangendo i suoi cari.