Marilù Sciortino. Docente di lettere moderne, appassionata di romanzi e di prosa, frequenta corsi di scrittura creativa. Partecipa al Concorso 50&Più per la quarta volta. Vive a Trapani.
Quella notte, nella stanza di un ospedale, Miriam si sentiva disperatamente sola, mentre la sua vita le scorreva davanti. Era molto piccola, quando suo padre aveva abbandonato la famiglia; era cresciuta con la mamma, una dottoressa della sua città e la sorella più piccola. Aveva un dono Miriam… le sue dita lunghe e affusolate sfioravano i tasti del pianoforte, leggere quasi come le ali di una farfalla e, ad ogni tocco, si trasformavano in una nota, che riempiva magicamente l’aria di una melodia dolcissima.
Fiera di lei, la mamma l’aveva iscritta molto piccola al conservatorio… era diventata una bravissima pianista. Il successo era arrivato presto e lei aveva cominciato a viaggiare in tutta Europa, suonando nei teatri delle più importanti città.
Aveva rinunciato alla sua gioventù, all’amore. Solo una volta aveva provato un brivido, un tuffo al cuore quando un ragazzo dai lunghi capelli scuri e gli occhi verdi, con un sorriso dolcissimo, alla fine di un concerto, le aveva donato una rosa bianca con un biglietto: “La musica è una delle vie per le quali l’anima ritorna al cielo – Torquato Tasso – ... e stasera… hai fatto volare la mia anima”… Sul retro del biglietto un indirizzo, che lei frettolosamente aveva conservato. Ebbra del suo successo, provava una gioia infinita mentre suonava il pianoforte e, come per magia, delle sue dita si diffondeva nell’aria una dolce melodia. Quando le note tacevano, lo scrosciare degli applausi l’avvolgeva in un caldo abbraccio e i suoi splendidi occhi azzurri incrociavano gli sguardi emozionati di chi si era perso nella sua musica. Aveva un dono e poteva condividerlo con gli altri. Impegnata a stringere tante mani, aveva perso il biglietto, ma non se ne era accorta subito; aveva sperato che le fosse caduto nel suo camerino, ma era scomparso, lasciandole una strana sensazione, come quella di essersi lasciata scivolare dalle mani qualcosa di prezioso .
Un giorno i medici diagnosticarono a sua sorella un male incurabile… non potevano sconfiggerlo, ma potevano cercare di tenere il più a lungo possibile lontano la morte e alleviare le sofferenze. La madre non riusciva a perdonarsi che lei medico, apprezzata per aver salvato tante vite, non fosse riuscita a diagnosticare in tempo la malattia e che non potesse fare nulla per salvare sua figlia. In poco tempo il dolore la uccise; era rimasta solo lei a prendersi cura di sua sorella e, per starle accanto, decise di rinunciare a tutto. Aveva dovuto smettere di suonare e adesso, che era andata via anche sua sorella… era proprio sola. Aveva superato i sessant’anni anni senza accorgersene, aveva smesso di suonare, trascorreva le sue giornate in penombra nella stanza. Spesso lo sguardo fisso nel vuoto, senza pensare a nulla.
Poi quella tosse insistente che lei non aveva voluto curare, non preoccupandosi nemmeno di consultare un medico; finché un giorno aveva sentito di non poter più respirare, a fatica, si era trascinata davanti la porta della vicina.
Si era svegliata, tre giorni dopo, in ospedale con una maschera per l’ossigeno sul viso, che le impediva di comunicare con gli altri. Una sera un infermiere, probabilmente arrabbiato con la vita, l’aveva strattonata. Quel gesto le aveva fatto un male tremendo, peggiore di una ferita, di una coltellata. Mentre le lacrime continuavano a rigarle il viso, senza sosta, solo una domanda le frullava nella mente… perché mai l’avesse trattata così.
Improvvisamente, come la luce del lampo che illumina, per un attimo, una notte scura e tempestosa avvolta dalle tenebre, aveva capito che non era arrabbiata e ferita solo per il comportamento di quell’uomo sconosciuto, ma perché lei stessa aveva permesso alla vita di calpestarla. Aveva smesso di sorridere, quel sorriso che tutti le invidiavano, aveva rinunciato alla gioia, che solo la sua musica sapeva darle. Aveva lasciato che per anni la polvere si accumulasse sul suo pianoforte, che mai più era riuscita a suonare. Nel silenzio di quella notte aveva capito che aveva annullato e calpestato se stessa, come nessun altro avrebbe potuto fare. Erano passati gli anni e aveva lasciato che la vita le sfuggisse di mano, che seguisse il suo corso, aveva smesso di vivere e si era lasciata condurre sempre più giú, nel buio tunnel della depressione.
Nel letto vicino al suo era ricoverata una donna, che l’aveva accolta gentilmente, le aveva subito rivolto un sorriso dolce e aveva rimproverato quell’infermiere così brusco con lei. Un giorno venne a farle visita un gruppo di donne, alcune giovanissime, altre meno. Sara gliele presentò e le raccontò di essere la presidente di un’associazione che offriva ospitalità a donne che avevano avuto il coraggio di ribellarsi ai loro uomini. Uomini che avevano tolto loro ogni dignità. Donne che portavano impresse nel loro cuore violenze fisiche, ma soprattutto psicologiche… che come lei avevano perso il sorriso .La dolcezza di quella donna le aveva spalancato una porta, parlò tutta la notte, le raccontò della sua musica… Mentre parlava una luce aveva illuminato i suoi occhi, come un bagliore, che si spense appena le raccontò della sua solitudine.
Improvvisamente un’idea balenò nella mente di Sara… forse aveva trovato un modo per restituire la vita e il sorriso a quella donna e alle sue dolci e tristi amiche. La mattina dopo, prima di lasciare l’ospedale, le consegnò il suo biglietto da visita e la pregò di venire a trovarla, perché aveva bisogno di lei; era la sola che avrebbe potuto aiutarla. Se avesse voluto, avrebbe potuto insegnare a suonare il piano alle sue ospiti o forse avrebbe potuto suonare e dirigere un coro.
Dicono che la musica curi le ferite dell’anima..
La mattina dopo Miriam si svegliò con un sorriso… L’idea di aiutare quelle donne la emozionava… non voleva più lasciarsi andare… voleva uscire da lì…
I medici restarono stupiti della sua ripresa. In pochissimi giorni non ebbe più bisogno dell’ossigeno, la febbre passò e dopo solo una settimana le consegnarono le dimissioni.
Tornata a casa fece una doccia… cercò i suoi trucchi abbandonati in fondo ad un cassetto.
La maggior parte erano ormai inservibili, nell’armadio trovò un vestito lilla con dei fiori rosa; ‘non ricordava nemmeno quando lo avesse comprato, chiamò un taxi e si fece accompagnare.
Sara la accolse con un sorriso. Viveva, con le sue ospiti, in un bella villa, piena di fiori. L’accompagnò nel salone, dove le ragazze stavano dipingendo… In un angolo troneggiava un bellissimo pianoforte… Il cuore cominciò a danzarle nel petto e le sue gote si velarono di rosso.. Sara la presentò alle sue amiche e disse loro che aveva il piacere di far conoscere loro Miriam.. una famosa pianista. Si sedette al piano e d’improvviso… fu come se gli anni non fossero passati e il tempo si fermasse.. non c’ era più nulla intorno… le sue dita cominciarono ad accarezzare i tasti… E una musica dolcissima si diffuse per il salone… Tutte si fermarono… l’emozione era grande. Le lacrime cominciarono a scorrere copiose dagli occhi di Miriam. Poteva di nuovo emozionarsi, riusciva di nuovo a piangere… era tornata a vivere.
Quella sera stessa, tornata a casa, prese le sue cose e si trasferì a Villa Sorriso .
Il giorno dopo cominciò a suonare e insieme alle sue nuove amiche crearono un coro; ogni giorno si esercitavano per ore… Le note del piano si univano alle voci prima incerte, poi sempre più calde e profonde.
Un giorno Sara entrò nel salone con un foglio in mano, saltellando come una bambina; comunicò che era stato indetto un concorso per un coro… e che aveva già mandato la domanda di partecipazione
Si guardarono per un attimo perplesse. Sara, col suo magico sorriso, disse loro che potevano farcela… Era l’occasione di dimostrare a se stesse e al mondo che erano tornate alla vita…allargò le braccia verso di loro e si strinsero tutte insieme. Sguardi di complicità e sorrisi radiosi illuminavano i loro visi… Fu un lavoro intenso e impegnativo… ma non sentivano mai la stanchezza.
Finalmente arrivò il giorno del concerto. La location era bellissima… una splendida terrazza sul mare, un pianoforte al centro. Intorno tanti tavolini bianchi, con tovagliette di broccato, che riflettevano l’azzurro del mare e del cielo. Una piantina con fiori, le cui corolle bianche illuminavano il blu di ciascuna tovaglia, dava un tocco gentile ad un’atmosfera resa più calda dalla fiamma d’una candela, che sembrava galleggiare dentro un bicchiere. I vari gruppi cominciarono ad esibirsi; finalmente fu il loro turno . L’emozione impediva quasi loro di respirare… i loro vestiti di chiffon, con fiori dai delicati colori, ondeggiavano spinti dalla leggera brezza marina. Miriam si sedette al piano. Loro si schierarono dietro di lei e intrecciarono le loro dita. Ai tavolini erano sedute persone che le fissavano sorridenti; non importava che vincessero… Essere lì, avere sepolto il dolore e i fantasmi del passato era già la loro vittoria più grande… Erano nate di nuovo… La il destino aveva dato una seconda possibilità. Si erano incamminate trepidanti sul viale della vita e, in fondo a quel viale, c’era la gioia immensa del loro riscatto.
Il cuore di Miriam volteggiava insieme alle note del piano… Le ragazze cantavano con tutta la loro passione. La loro emozione contagiò rapidamente gli astanti…
Quando le note cessarono la gente si alzò in piedi e cominciò a battere le mani. Qualcuno aveva gli occhi lucidi… Un’apoteosi di gioia si impadronì dei loro cuori. Un uomo dai capelli brizzolati, la pelle abbronzata che contrastava col bianco della sua camicia, si avvicinò a Miriam e sorridendo le porse una rosa bianca con un biglietto. Il cuore le balzò nel petto.
Nel biglietto c’era scritto: “La musica è una delle vie per le quali l’anima ritorna al cielo – – Torquato Tasso -...e stasera…hai fatto volare la mia anima”. Il suo sguardo trepidante incrociò quello dell’uomo, tra il pubblico .
Sul retro un numero di telefono… lo strinse forte nel suo pugno… Stavolta non l’avrebbe più fatto volare via.