Marilù Sciortino.
Docente di lettere moderne, appassionata di romanzi e di prosa, frequenta corsi di scrittura creativa. Partecipa al Concorso 50&Più per la terza volta. Vive a Trapani.
Sono nato in una grande città dell’Oriente… da una famiglia reale… una di quelle che ancora va in giro indossando la corona.
Io sono l’ultimo arrivato, i miei genitori non trovavano più un nome per me, mi hanno chiamato 19. Guardando fuori dal mio piccolo regno vedevo tanta gente affollarsi… numerosi camminavano veloci, senza guardarsi. Dall’alto sembravano tante formiche indaffarate a raccogliere il cibo per l’inverno, ma poi la mamma ha detto che si chiamavano “umani”. Erano tanto diversi da quelli che aveva conosciuto la nonna. I suoi racconti narravano di piccoli villaggi. Di giorno le donne preparavano semplici e profumate pietanze in grossi pentoloni, mentre i bambini si rincorrevano intorno ad un tavolo un po’ sgangherato, dai piedi traballanti; la nonna a volte si fermava dal suo rimestare per minacciati col mestolo, sorridendo furtivamente. Poi la sera tutti intorno al fuoco raccontavano storie, i nonni ricordavano avvenimenti della loro infanzia… poi prendevano i bimbi più piccoli che si erano addormentati sulle loro gambe e li adagiavano nei piccoli letti. Ma in pochissimo tempo tutto era cambiato… le piccole case erano diventati grattacieli in cui vivevano tantissime persone; molti di loro neanche conoscevano il vicino della porta accanto, le donne correvano veloci tra casa e lavoro e i bambini affidati tutto il giorno a persone estranee, crollavano la sera davanti a piccolo oggetti magici, che chiamavano smartphone, senza più nessuno che raccontasse loro una fiaba. Io ero curioso, volevo conoscere il mondo, visitare altri paesi, sentire parlare in altre lingue… Volevo vedere se, da qualche parte, esistesse un cielo di un colore diverso da quello di Wuhan, dove vivo, sempre grigio scuro… nonna mi parlava di cieli azzurri, dove intrecciando i loro voli, gli uccellini gareggiavano in trilli e gorgheggi.
Ma io non avevo mai visto niente di tutto questo e neanche i miei fratelli. Ero anche ambizioso, volevo diventare famoso, qualcuno che gli altri potessero ricordare e così sgattaiolai dalla mia piccola abitazione e mi avvicinai al primo cinese che incontrai. Lui era così impegnato nel suo lavoro che inizialmente neanche si accorse di me. Ricordavo sempre quella che mi diceva mamma, che noi pur essendo stirpe reale eravamo così piccoli, ma così piccoli che non potevamo muoverci da soli ma viaggiare dentro i corpi di altra gente. Pensa che eravamo così piccoli da restare nelle goccioline e attraverso gli starnuti incontrare e conoscere altre persone e… così fu.
Intanto cominciai a viaggiare per la mia città che era grande e ricca di industrie, e d’improvviso pian piano tutti cominciarono a ripetere il mio nome. Chissà perché però, appena lo sentivano, fuggivano. In poco tempo la città cambiò, le industrie si fermarono. Dalle ciminiere delle fabbriche non usciva più fumo ,le strade diventarono vuote e silenziose… chissà dov’erano finite tutte quelle persone che brulicavano per le strade… ed era pure diventato difficile spostarsi perché tutti stavano lontani, indossavano mascherine e guanti e ognuno era troppo lontano dall’altro perché potessi spostarmi attraverso loro. Un giorno venne un tedesco e subito colsi l’occasione al volo ….potevo finalmente girare il mondo. Ero entusiasta, salutai la mia famiglia. Mamma, come tutte le mamme pianse e mi raccomandò di tenerla sempre informata e di farle avere sue notizie. L’abbracciai in fretta e corsi dal tedesco… In poche ore mi trovai in Germania… era fredda… la gente parlava in modo strano, sembravano tutti arrabbiati. Da me la gente usava un idioma dolce… pensa… non pronunciavano nemmeno la r… Dopo pochi giorni il mio amico cominciò a viaggiare in tutto il mondo… ma il primo Paese in cui si fermò era completamente diverso. Il cielo era d’un azzurro splendido… l’aria era quasi profumata… ero a Codogno… un piccolissimo paesino, la gente era allegra, socievole, ognuno incontrandosi stringeva la mano agli altri… si abbracciava. Non avevo mai visto nulla di simile; mi piaceva questo posto. Cominciai a girare nei paesini vicini, era bellissimo persino lo stemma del comune di quel paesino… una lupa sull’erba, accanto ad un bellissimo albero e intorno l’azzurro del cielo.
Cominciai rapidamente a passare di mano in mano, di starnuto in starnuto, visitando i paesi vicini ed arrivai a Milano, a Bergamo. Ero contento, avevo realizzato il mio sogno di viaggiare, mi ero spostato in tantissimi paesi… e poi la Spagna, l’America, l’Inghilterra. Ero arrivato dove nessuno dei miei fratelli era arrivato, avevo visto la Statua della libertà, il Duomo di Milano con le sue fantastiche guglie che sembrava sfiorassero il cielo, piazza San Marco le cui cupole brillavano sotto i raggi del sole. Il sole qui cambiava il colore di ogni cosa, il mare scintillava sotto i suoi raggi e di sera tutto si tingeva di rosa . Ero affascinato… mi lasciavo trasportare leggero più di una piuma e correvo veloce.
Ogni tanto pensavo ai miei fratelli e immaginavo la mamma orgogliosa raccontare a tutti di questo suo figlio che in poco tempo aveva girato il mondo. Ma un giorno feci una terribile scoperta. Mentre io viaggiavo felice, la gente aveva imparato ad odiarmi… il mio nome faceva paura a chiunque. Le città si svuotavano al mio passaggio, il silenzio piombava là dove una volta c’erano musica e suoni, un silenzio opprimente che cancellava il vociare allegro che avevo sentito al mio arrivo. Mi guardai indietro, ripercorsi veloce le strade che avevo visto, cercai le mani attraverso cui avevo viaggiato e feci una scoperta orribile. Alcuni di quelli che avevano avuto a che fare con me indossavano caschi rumorosissimi per riuscire a respirare. il rumore era così assordante che dovevano sedarli per non farli impazzire. Altri invece erano già morti. Soli. Senza avere accanto nessuna delle persone che amavano… occhi pieni di lacrime e di paura che si erano chiusi per sempre. Intorno a me dolore e disperazione, medici ed infermieri stremati dal tentativo disperato di strappare alla morte quante più persone potessero e a volte esse stessi crollavano.
Ero disperato, sarei voluto tornare indietro, ma non potevo… e continuavo a correre, senza potermi i più fermare, in giro per il mondo. Dovevo disperatamene fare qualcosa per poter compensare al male che c’era in giro per causa mia. Tutto il dolore che stavo seminando doveva in qualche modo essere compensato. Mentre così mi distruggevo dal dolore e dal rimorso passai vicino una finestra e guardai dentro. In una stanza seduti su un tappeto c’erano un papà con i suoi bambini …erano abbracciati vicini e guardavano un film… sorridevano felici quei bambini, mentre la loro mamma in cucina preparava il pane. In poco tempo l’odore si diffuse per la casa e cominciarono a mangiarlo così, appena sfornato, morbido e fumante. Mi spostai e guardai attraverso un’altra finestra: due signori anziani sfogliavano vicini un album di foto. Dai vestiti capii che dovevano essere quelle del loro matrimonio…e con gli occhi lucidi si sorridevano e ringraziavano Dio per l’amore che gli aveva dato.
Scoprii che i più felici erano i bambini; finalmente mamma e papà stavano con loro; facevano tante cose insieme… giocavano… guardavano la tv… pasticciavano in cucina. Finalmente nessuno correva più, si stavano ad ascoltare gli uni con gli altri. I piccoli sulle ginocchia dei loro genitori potevano porre domande e non aver frettolose risposte, le case erano super linde e ordinate, qualcuno suonava il piano, altri dipingevano o si dedicavano agli hobby più svariati, riprendevano vecchi sogni chiusi nei cassetti. Altri cantavano o distesi sotto un plaid leggevano serenamente un libro e che dire dei cagnolini… a casa nessuno più litigava per portarli fuori, anzi facevano a gara. Non ricordavano tanto entusiasmo da quando erano tenerissimi cuccioli appena arrivati a casa. Alzando lo sguardo mi sono perso a guardare il cielo azzurro… sono arrivate le rondini, sfrecciano nel cielo incrociandosi in mille voli… L’aria ha un profumo diverso. Nel porto le navi tacciono. La brezza marina accarezza il viso di pochi pescatori. Hanno posato la lenza e sono rimasti a bocca aperta a guardare i delfini che si rincorrono tra i flutti, mai così vicini alla terra. La terra che ora può tornare a respirare, che tranquilla può far sbocciare i suoi fiori, maturare i suoi frutti. Quella terra che negli ultimi tempi è stata offesa, calpestata, sfruttata senza pietà, bruciata per costruire palazzi, strade, per far posto a coltivazioni intensive che rendono ricche le lobby e sfruttano il lavoro degli indigeni. Quella terra che tanto generosamente per secoli aveva sfamato i suoi figli e di cui pochi negli ultimi decenni avevano ascoltato il grido di dolore.
Forse ho trovato il modo di riscattarmi, forse un giorno qualcuno non mi ricorderà solo come seminatore di morte e di dolore, ma il giorno in cui mi avranno sconfitto gli uomini avranno imparato ad essere migliori. Magari avranno compreso che la vera ricchezza era quella dei loro padri… che nessuno può vivere come una monade, pensando solo a sé stesso, ma che ognuno di noi ha bisogno dell’altro.
Forse capiranno che il bene più prezioso è la salute e non dimenticheranno più quanto possa essere importante una stretta di mano o un abbraccio che riscalda l’anima… Forse la mia esistenza avrà insegnato che l’uomo non è onnipotente, ma che un essere piccolo come me può sconvolgergli la vita in poco tempo… Forse… non sarò nato invano.