Sedici pezzi disposti su una scacchiera bianca e nera. Un mix di passione, strategia e intuito, un gioco dalle origini antichissime e tra i più diffusi al mondo.
Un gioco o uno sport? Gli scacchi sono un po’ tutte e due le cose e anche molto altro. Sono un gioco perché chi lo pratica si diverte, sono uno sport perché ci sono le regole, c’è la partita, c’è la competizione con vincitori e vinti. In alcuni Paesi, come nel Regno Unito, in Francia e in Germania, sono anche una disciplina didattica compresa nel piano di studi sin dalle elementari, che al pari della matematica serve per potenziare le capacità logiche. Non solo: gli scacchi sono anche un’ottima ginnastica per il cervello, anzi quasi una terapia capace addirittura di prevenire il decadimento cognitivo. Secondo uno studio recentemente pubblicato su The New England Journal of Medicine, una delle più importanti riviste scientifiche del mondo, le persone di 75 anni che giocano regolarmente a scacchi hanno un minor rischio di sviluppare demenza rispetto ai coetanei non giocatori. Dei benefici di questa disciplina per il cervello abbiamo parlato con Nicola Tambasco, neurologo dell’Azienda Ospedaliera e Universitaria di Perugia, lui stesso giocatore di scacchi.
Dottore, come mai gli scacchi aiutano a tenere in forma il cervello?
Il gioco degli scacchi prevede una varietà quasi infinita di mosse. E ciò richiede uno sforzo di creatività e fantasia, oltre che di concentrazione e di memoria. Il che significa che ci sono diverse aree del cervello stimolate dal gioco.
Cosa succede al cervello di un giocatore di scacchi?
Succede qualcosa di molto simile a quel che accade nel cervello di chi compone della musica. Il cervello non ripete mai schemi prefissati ma è in cerca di soluzioni sempre nuove. E questo vale sia per il gioco degli scacchi sia per l’esecuzione della musica. Ma negli scacchi c’è anche un elemento in più che fornisce un ulteriore stimolo al cervello: l’avversario. Il giocatore deve adattare la sua strategia a quella di un’altra persona, il che rende l’attività ancora più stimolante per il cervello.
Ci faccia una lista degli effetti benefici degli scacchi…
Aumentano la capacità di concentrazione, migliorano la memoria e promuovono il problem solving, visto che sulla scacchiera ci si muove con degli obiettivi precisi. Insomma, gli scacchi modificano, migliorandole, molte capacità neuronali. Ma non solo. Ci sono anche degli effetti positivi di carattere psicologico. Lo scacchista solitamente è una persona pacata, equilibrata, socievole. È probabile che chi sceglie di giocare a scacchi abbia già queste caratteristiche, ma è indubbio che questa disciplina non fa che alimentarle. Giocare a scacchi richiede pazienza e costringe a rimanere fermi a lungo, e quindi invita all’autocontrollo e alla calma. Ci si allena così ad affrontare i problemi in maniera tranquilla.
Cosa direbbe per convincere qualcuno ad iniziare a giocare?
Che è un gioco divertente, adatto a qualunque età, capace come poche altre attività di potenziare le capacità cognitive. Uno degli aspetti più belli di questo gioco è che è intergenerazionale. Nei circoli si assiste a persone con i capelli bianchi che vengono sfidate da adolescenti. Gli scacchi sono universali, vanno bene per tutti. L’unica cosa che conta è la capacità, che non dipende quasi mai dal dato anagrafico. È davvero un gioco senza età.
Lo dice anche nel senso che si può imparare a qualunque età?
Sì, certo. È possibile iniziare anche da grandi. Spesso succede che si impari a giocare da bambini e che poi si riprenda quando si va in pensione e si ha più tempo libero. Ma si può benissimo cominciare da neofiti a qualunque età. Basta apprendere le regole base. Poi si migliora con la pratica.
Gli scacchi, però, hanno la fama di un gioco difficile. C’è chi rinuncia prima di cominciare proprio perché spaventato dalla complessità…
Questo è un po’ un mito da sfatare. Certo, tutto dipende dal livello a cui si vuole arrivare. Una cosa è giocare per divertirsi, un’altra è voler diventare dei campioni. Ma non c’è bisogno di puntare così in alto. Tutti possono arrivare a giocare delle partite di scacchi in famiglia.
Da giocatore di scacchi, quale altro mito vorrebbe sfatare?
Vorrei sfatare il mito del giocatore asociale e distaccato. Di solito è esattamente l’opposto, ossia una persona tranquilla e aperta al prossimo.
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