Esce nelle sale Sanremo, un film dolce/amaro che narra la storia d’amore tra due anziani ospiti di una Rsa colpiti da Alzheimer.
In “Sanremo“, al cinema dal 23 giugno, il regista sloveno Miroslav Mandić racconta la storia di Bruno, un anziano ospite di una casa di riposo affetto da Alzheimer, che ogni giorno si innamora di Duša e ogni sera se ne dimentica. Anche Duša è affetta dalla stessa malattia, ma è più giovane e, nel suo approccio con lui, conserva ancora tracce di una tenera malizia e, forse, di ambiguità. Sceneggiatura e fotografia ben descrivono, per tutta la durata dell’opera, lo stato d’animo della coppia, confuso e malinconico. Ma regalano anche momenti di insospettabile divertimento.
Il sentimento oltre la malattia
I due si incontrano nei locali della struttura: a volte questi momenti sono l’occasione per flirtare un po’, altre volte invece si ignorano come se fossero due sconosciuti. Bruno non riconosce più la figlia che lo va a trovare perché ha perso la memoria a breve termine, ma la compagnia fugace di Duša è per lui motivo di sollievo dalla sua nostalgia per il passato. Che lo spinge più volte ad allontanarsi per tornare nella vecchia casa alla ricerca di sua moglie e del cane, purtroppo scomparsi da anni. Ed ogni volta sono gli infermieri a raggiungerlo per riportarlo in quella che è divenuta ormai la sua unica casa.
“Non ho l’età”
Il titolo ha un significato ben preciso: fa riferimento ad un brano di Gigliola Cinquetti, vincitore del Festival di Sanremo nel 1964. La simpatia tra i due protagonisti, infatti, nasce proprio da questa vecchia canzone – Non ho l’età, appunto – che Duša ama cantare e che li accomuna nei loro ricordi di un tempo. La critica ha definito il film poetico, riflessivo e romantico. Tre aggettivi che ben descrivono la poetica del suo autore, ai quali però bisogna aggiungerne un altro: realistico. Gli interpreti infatti rappresentano il tema della malattia e della vecchiaia con grande naturalezza, mostrando un grande rispetto verso i loro personaggi. E per questo risultano del tutto credibili ed empatici.
Nel pozzo dei ricordi
Miroslav Mandić ha tratto l’ispirazione per la sua opera dai ricordi personali. In particolare, la figura del protagonista si ispira a suo zio, ricoverato in una Rsa con problemi di memoria. Il regista racconta la commozione provata davanti alla vulnerabilità e alla tenerezza trasmessagli dagli anziani della struttura negli orari di visita. Il loro atteggiamento quasi infantile nel percepire gli eventi, sempre in bilico tra una conoscenza profonda della vita, legata all’età, e la difficoltà a prendersi cura di sé. E pone tra le righe un interrogativo: si può sconfiggere la vecchiaia con le emozioni? Perché, in fondo, Bruno e Duša decidono di scegliersi, vivendo i loro incontri con la grazia e l’innocenza del primo innamoramento. Senza mai andare oltre.
Le emozioni sopravvivono alla memoria
Del resto i ricercatori da tempo sostengono che i sentimenti sono in grado di sopravvivere alla perdita della memoria. Per il neuroscienziato Joseph Le Doux, ciò accade perché le memorie delle esperienze legate al campo emozionale seguono due vie: quella consapevole e quella implicita. Quest’ultima funziona come un archivio posizionato nelle zone più profonde del cervello, ossia il sistema limbico. Probabilmente una delle ultime ad essere compromesse dall’Alzheimer. Una teoria che appare confermata da numerosi esperimenti empirici nel corso dei quali, dopo la visione di un film, i malati affermano di aver provato le stesse emozioni contenute nella pellicola – gioia o tristezza -, pur non ricordando di averla vista affatto. In “Sanremo” Bruno nella Rsa ogni giorno fa conoscenza sempre con le stesse persone e, in ogni sua fuga verso casa, ne incontra altre di un mondo che non è più suo. Ma è in grado di recuperare dall’archivio del suo cervello il nome della donna che per anni e anni ha fatto parte della sua vita. Perché perdere la memoria non vuol dire smettere di provare emozioni.
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