Le Aziende sanitarie locali sono in terza posizione nella classifica dei servizi più frequentati dopo le farmacie e il medico di base. Rappresentano un miraggio per l’82% dei cittadini soprattutto per le persone anziane
Quello tra gli italiani e il proprio medico di famiglia è un rapporto di fiducia e consuetudine, che si pone alla base della relazione di cura e, per questo, è in grado di favorire la riuscita dei programmi di prevenzione e delle terapie. La mancata programmazione di un turnover generazionale della categoria – in grado di sopperire a ritiri e pensionamenti – è, però, da tempo responsabile di una carenza che rischia di lasciare milioni di cittadini senza assistenza. A tamponare la situazione ci ha pensato un emendamento al D.L. n.51, cosiddetto “Enti”, in base al quale ciascuna guardia medica potrà prendere in carico fino a 1.000 assistiti. È una buona notizia perché leggendo i dati che emergono dall’indagine condotta in collaborazione con Format Research, emerge che l’11,3% del campione si reca dal proprio medico con assiduità (il 2,6% addirittura una volta a settimana).
Un atteggiamento influenzato sì dalle condizioni di salute del paziente, ma anche dalla lontananza tra la sua abitazione e lo studio del professionista. Abitare vicino al proprio medico, infatti, fa la differenza. Qualche dato per capire meglio: tra coloro che vi si recano “più volte alla settimana”, il 37,9% vive a meno di 1 km dall’ambulatorio. Il restante 62,1% è in un raggio tra 1 e 5 km. Nessuno, superata la soglia dei 5 km e oltre i 25, dichiara tale frequenza. Le percentuali cambiano tra chi è solito visitarlo “una volta alla settimana”: il 51,5% risiede a meno di 1 km, il 45,7% tra 1 e 5 km; appena il 2,9% tra 5 e 10 km. Dopo i 10 e oltre i 25 non si registrano visite così assidue. Tra chi fa visita al proprio dottore “ogni due settimane circa”, il 52,4% vive a meno di 1 km dall’ambulatorio e il 36,3% dista tra 1 e 5 km, il 10,1% tra 5 e 10 km, l’1,1% tra 10 e 25. Nessuno oltre i 25. Coloro che hanno l’abitudine ad andare dal medico “una volta al mese” vivono, per il 52,1%, a meno di 1 km dallo studio medico, per il 41% tra 1 e 5 km, per il 6,9% tra 5 e 25. Ancora nessuno oltre i 25. La percentuale di chi va dal medico “meno di una volta al mese o più raramente” sale fra coloro che vivono tra 5 e oltre 25 km: complessivamente sono il 10,8%. Il 39,3% vive a meno di 1 km, il 49,8% tra 1 e 5 km. In breve, all’aumentare della distanza tende a crescere il numero di chi si reca dal proprio dottore una volta al mese o più di rado.
Un elemento interessante dell’indagine, in apparente contraddizione, è la tendenza a delegare a qualcun altro l’incombenza della visita, seppure in caso di vicinanza, come dichiara il 58,8% di chi vive a meno di un km dallo studio del medico. Nel rapporto con quest’ultimo subentrano problematiche comuni: la mancanza di tempo (27,6%), la conciliazione dei propri orari lavorativi con quelli di apertura dell’ambulatorio (25,6%) e a raggiungere l’ambulatorio (12,1%). In quest’ultimo caso, infatti, se oltre il 78% degli over 50 si dichiara del tutto autonomo, il 5,9% si fa “sempre” accompagnare e l’1,7% preferisce delegare la visita ad altri, nella maggior parte delle volte al coniuge.
La famiglia si presenta come il baluardo dell’assistenza per il 20% circa di cittadini che chiede un supporto per recarsi dal medico di base. Di questi il 63,5% si rivolge al coniuge e circa il 30% ad un familiare e soltanto il 2,8% chiede aiuto ad un assistente o a un badante.
La lontananza impone che la maggior parte dei pazienti (51,4%) si sposti in automobile e che, anche per questo, abbia bisogno di un accompagnatore.
Emerge, inoltre, che l’ondata pandemica ha accelerato il processo di digitalizzazione tra gli over 50, a tal punto che in pochi trovano ormai difficoltà a gestire le modalità di prenotazione (20,3%) e a servirsi delle ricette elettroniche (13,6%).
Le Asl? Un miraggio per l’82% dei cittadini
Le Asl sono i diretti responsabili della gestione dei servizi sanitari a livello locale (visite mediche a domicilio, cure ambulatoriali, servizi di prevenzione e promozione della salute). Sono, dunque, uno dei luoghi in cui maggiormente si esercita il diritto universale alla salute costituzionalmente garantito. Ma per i cittadini, per i quali la qualità e l’eventuale costo dei servizi erogati dipendono dalle rispettive regioni e, in stretta misura, dalle priorità che all’interno delle stesse sono state prese in considerazione, spesso si crea una discriminante nella fruizione delle strutture.
Emerge che l’Asl di appartenenza è terza nella classifica dei servizi sanitari maggiormente frequentati dal cittadino dopo le farmacie e il medico di base. Solo un esiguo 3,1% vi si reca con un ritmo settimanale, al contrario una forte maggioranza (l’82%) accede meno di una volta al mese o più raramente. Un problema di accesso che si spiega con una serie di difficoltà di carattere fisico, digitale e organizzativo. Nel dettaglio, quasi la metà degli over 50 intervistati (43,8%) ammette un disagio nella gestione delle modalità di contatto o di prenotazione. Percentuali minori si registrano per la difficoltà a reperire il tempo necessario per recarsi in struttura (34,1%) e per la gestione del fascicolo elettronico (31,8%). Rimane arduo conciliare gli orari lavorativi con quelli del servizio pubblico (30,4%) e raggiungere la struttura (24,9%), alla quale poco più del 70% si reca autonomamente. Si evidenzia il bisogno di appoggiarsi alla propria famiglia in caso di delega o per essere accompagnati. Notevole la percentuale di coloro che utilizzano l’automobile per raggiungere la struttura (67,6%), probabilmente per una scarsa capillarità del servizio sul territorio.
Una situazione frutto dei tagli alle Regioni e degli accorpamenti degli ultimi anni voluti per coprire buchi di milioni nella sanità pubblica, a causa dei quali poco più di un quinto dei cittadini (il 25,6% del campione) dista da 5 a oltre 25 km dalla propria Asl di riferimento.
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