Nel 2016 erano 1.564, nel 2022 4.349. Quici (Cimo-Fesmed), “è emergenza e task shifting non è soluzione a carenza di professionisti”. Probabile che il numero di medici in fuga sia cresciuto anche negli ultimi due anni.
In sei anni, il numero di medici che si sono dimessi dal Servizio sanitario nazionale è triplicato: nel 2016 erano 1.564, nel 2022 4.349. Ed è estremamente probabile che negli ultimi due anni tale numero sia ulteriormente cresciuto. Il dato, presentato dal ministero della Salute nel corso dell’audizione in Commissione Affari sociali sul riordino delle professioni sanitarie, è eloquente. La fuga dei medici dagli ospedali pubblici è oramai un’emergenza. Al contempo, risulta altrettanto impressionante la crescita registrata tra il 2021 ed il 2024 del numero di borse di specializzazione non accettate dai neo-medici, passato complessivamente dal 10% al 29%.
Il presidente della Federazione Cimo-Fesmed: “Il Ssn non è più attrattivo”
“Come ripetiamo spesso, il Servizio sanitario nazionale non è più attrattivo – ha dichiarato Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed, la Federazione Sindacale che rappresenta oltre 14.000 medici uniti per tutelare i diritti in sanità -. E il problema, come ha ben evidenziato la dottoressa Mainolfi, Dg delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Ssn, non riguarda solo i medici, ma anche gli infermieri. Condividiamo l’analisi delle cause di tale emergenza illustrata dal ministero, che spazia dal fattore retributivo alla responsabilità professionale; tuttavia, nutriamo seri dubbi su alcune delle proposte presentate per risolvere la situazione”.
Se, infatti, “riteniamo necessaria la definizione di ruoli e responsabilità di ciascun professionista – ha aggiunto Quici – non possiamo che dissentire sulla proposta di ‘sviluppare forme di task shifting’ (trasferimento di compiti, ndr), che non consentirebbero né di superare il grave problema di carenza di professionisti e di attrattività del Ssn, né di garantire la sicurezza delle cure per i cittadini”.
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