È l’area in cui si è investito di più nel 2021 secondo l’indagine dell’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano. Crescono l’uso del Fascicolo Sanitario elettronico, del web e di Whatsapp. Ma per una vera rivoluzione le risorse non bastano: servono più cooperazione, informazione e competenze.
La spesa sanitaria? Sempre più digitale. Secondo le stime dell’Osservatorio Sanità Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2021 le spese per applicare la tecnologia alla sanità sono cresciute del 12,5% rispetto al 2020. In totale, sono stati spesi 1 miliardo e 690 milioni di euro, ovvero l’1.3% della spesa sanitaria pubblica. L’indagine ha coinvolto enti di ricerca, associazioni no profit, organizzazioni attive in ambito sanitario e nella rappresentanza dei professionisti del settore.
Stiamo per entrare nella sanità 4.0? Non ancora: nonostante la crescita superiore a quella degli ultimi anni, la spesa per la sanità digitale non è “sufficiente a imprimere il ‘cambio di marcia’ necessario a colmare il ritardo accumulato. La tanto attesa trasformazione digitale – si legge nel report – potrebbe arrivare grazie agli investimenti previsti dal PNRR, che dedica a riforme e investimenti nel settore Salute l’intera Missione 6, con ben 15,63 miliardi di euro di risorse”. Intanto, la spinta verso la tecnologia ha già avuto alcune conseguenze significative sul rapporto fra cittadini, e medici e operatori sanitari.
Un cittadino su due finalmente conosce il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE)
Innanzitutto la pandemia ha contribuito a diffondere la conoscenza e l’uso del Fascicolo Sanitario Elettronico. Questo per la necessità di scaricare green pass, referti dei tamponi e certificati vaccinali. Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Sanità Digitale, in un anno la percentuale di cittadini che ne ha sentito parlare almeno una volta passa dal 38% al 55%. Più che raddoppiati gli utenti che lo hanno utilizzato: sono il 33% a fronte del 12% registrato lo scorso anno. In particolare, ben l’82% dei pazienti cronici o con patologie gravi conosce il Fascicolo; il 54% lo ha già utilizzato (nel 2021 era il 37%).
C’è però un problema di fondo: secondo la rilevazione effettuata, solo Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana e Piemonte alimentano i Fascicoli Sanitari Elettronici in misura superiore al 50% delle prestazioni erogate dalle strutture sanitarie pubbliche negli ultimi due anni. Campania, Liguria, Sicilia e Calabria hanno invece livelli che non superano il 5%. Fra questi estremi, un’Italia che si muove ancora una volta a troppe velocità. “Anche su questo fronte ci si aspetta nei prossimi anni un’evoluzione importante” ha evidenziato Paolo Locatelli, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale. Questo considerando che nell’ambito del PNRR le risorse per potenziare i FSE regionali non mancano, con 610 milioni di euro per l’adozione e utilizzo del FSE da parte delle regioni; di cui 299,6 milioni per il potenziamento dell’infrastruttura digitale dei sistemi sanitari e 311,4 per aumentare le competenze digitali dei professionisti del sistema sanitario”.
Per decidere della propria salute spopolano Google e Whatsapp
Sempre più numerosi, inoltre, i cittadini che usano il web per cercare informazioni sanitarie o sulla salute. Il 53% degli intervistati ha utilizzato Internet per ‘auto-diagnosticarsi’ una possibile malattia sulla base dei sintomi avvertiti; il 42% per cercare informazioni su sintomi e patologie anche prima di una visita. Ma c’è di più: il 73% di chi ha utilizzato Internet dichiara di prendere decisioni sulla salute basandosi sulle informazioni trovate online. Ancora più diffuso l’uso del digitale per dialogare con i professionisti della sanità. Il 73% degli specialisti coinvolti nell’indagine, il 79% dei medici di medicina generale e il 57% degli infermieri utilizza App di messaggistica come WhatsApp per comunicare con i pazienti. I quali apprezzano molto la rapidità con cui si possono avere risposte.
Un bel problema per sicurezza dei dati sensibili e privacy
Un passo in avanti? Non proprio. Ci sono infatti problemi di sicurezza e privacy. Questo sia perché con il web stiamo diventando impropriamente ‘medici di noi stessi’, sia per la veicolazione di dati sensibili su Internet. C’è poi un terzo aspetto: l’utilizzo di chat e app non ideate per la tutela della salute “può impattare negativamente sulle attività lavorative dei professionisti coinvolti, da cui spesso i pazienti si aspettano risposte immediate” spiega Chiara Sgarbossa, Direttrice dell’Osservatorio Sanità Digitale. “Stentano ancora a diffondersi strumenti più appropriati, sicuri e dedicati all’attività professionale”. Ad oggi, infatti, solo un professionista sanitario su tre utilizza piattaforme di comunicazione dedicate o certificate, sebbene l’interesse sia elevato soprattutto tra i medici (74% degli specialisti e 72% dei medici di medicina generale).
La sfida della telemedicina ai tempi del PNRR
In questo contesto, “Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sta giocando, anche nel settore sanitario, un ruolo rilevante per il rilancio del nostro Paese” ha commentato Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale. In particolare, “il potenziamento della Sanità territoriale, anche grazie allo sviluppo di servizi di telemedicina, e la raccolta e valorizzazione dei dati in Sanità, in particolare attraverso la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico, rappresentano alcune delle principali sfide per i prossimi anni”. Tuttavia, “l’effettiva disponibilità e l’efficace messa a terra di queste risorse è tutt’altro che scontata. Lo sblocco di questi fondi da parte delle istituzioni europee – ha aggiunto – è condizionato allo sviluppo in tempi rapidi di programmi e riforme la cui realizzazione non è semplice, soprattutto a causa della frammentazione della governance del sistema sanitario pubblico”.
Dove investire?
Come e dove investire, allora, per trarre il massimo vantaggio dall’occasione offerta dal PNRR? L’Osservatorio del Politecnico di Milano ha chiesto un parere in merito ai dirigenti delle strutture sanitarie italiane. Dalla ricerca è emerso che, tra gli ambiti di investimento previsti dal PNRR, il 64% dei direttori sanitari ritiene molto rilevante lo sviluppo di strumenti come la Cartella Clinica Elettronica, finalizzati dunque a raccogliere i dati di cura del paziente; il 60% delle aziende sanitarie ha infatti intenzione di investire in questo ambito. A seguire, prevale l’interesse per i sistemi di integrazione ospedale-territorio e in particolare per la telemedicina; il 56% dei direttori e il 58% delle aziende sanitarie punta a questo settore. Prioritarie per il 47% degli intervistati anche le soluzioni che consentono l’integrazione fra le strutture sanitarie e i sistemi regionali e/o nazionali, come il Fascicolo Sanitario Elettronico.
Gli ostacoli da superare
Ci sono però alcuni dati di fatto da tenere in considerazione. Sebbene i direttori delle aziende sanitarie ritengano molto rilevante l’attuazione degli interventi del PNRR, il 46% di loro denuncia come ci sia ad oggi ancora poca chiarezza su come utilizzare le risorse a disposizione. Inoltre, l’indagine ha messo in luce che innovazioni come la telemedicina, potenziate dalla pandemia, hanno subito un arresto significativo nel 2021, con il lento e progressivo ritorno alle prassi pre-pandemia. Il 26% dei medici specialisti e il 20% dei medici di medicina generale ha utilizzato la tele-visita nel 2021, contro il 39% del 2020 e il 10% circa pre-pandemia.
Nonostante ciò, oltre la metà di medici e infermieri e l’80% dei pazienti vorrebbe utilizzare questi servizi anche in futuro. Così come le farmacie territoriali, già nella metà dei casi, offrono servizi di tele-cardiologia. Le farmacie dichiarano interesse anche per l’erogazione di altri servizi di telemedicina, come ad esempio la tele-dermatologia nel 55% dei casi. Questo, per i ricercatori, significa che occorre investire in un passaggio al digitale che non sia più d’emergenza, ma una nuova normalità.
Le tecnologie devono saper essere utilizzate attraverso le giuste competenze
L’infrastruttura tecnologica è il contenitore della sanità digitale. Un contenitore che va riempito in modo corretto. Qui entrano in gioco le competenze digitali. Il 38% delle Direzioni Strategiche delle aziende sanitarie indica la mancanza di competenze digitali come barriera all’innovazione. “La trasformazione dell’ecosistema salute non può prescindere dal fattore umano; in particolare, dalla cultura e dalle competenze degli attori coinvolti, tra cui i professionisti sanitari” afferma Emanuele Lettieri, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale. Per le aziende sanitarie “è prioritario investire nella formazione del personale sanitario – evidenzia -, soprattutto su ambiti come la Cartella Clinica Elettronica, privacy e sicurezza dei dati e telemedicina, oltre alla formazione sugli strumenti informatici di base, necessaria per fornire ai professionisti una preparazione più completa”.
Ma non solo: anche per i professionisti della sanità le cosiddette ‘soft skills’, come la capacità di comunicazione e di mediazione, sono essenziali. La competenza cui tengono maggiormente i professionisti sanitari è legata alla capacità di comunicare in modo efficace con i colleghi utilizzando strumenti digitali. Per i medici sono da sviluppare anche le competenze di ‘eLeadership’, relative alla gestione del cambiamento e alla valutazione dei risultati dei progetti. Mentre per gli infermieri è migliorabile l’efficacia della comunicazione con i pazienti attraverso strumenti digitali; una competenza che sarà ancora più cruciale per poter utilizzare strumenti di telemedicina.
Dunque, per la sanità 4.0, tante risorse ma anche tanta strada da fare.
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