È quanto emerge dal recente Annuario 2023 del Servizio Sanitario Nazionale. I tagli effettuati sulla Sanità negli ultimi dieci anni hanno eliminato 10.000 posti letto e chiuso 70 strutture ospedaliere. Oltre un euro su due per prestazioni fuori regione.
Erano 1.070 nel 2023, sono scesi a 996 nel 2023. Gli ospedali in Italia, con i tagli effettuati negli ultimi 10 anni sulla sanità, sono diminuiti di 74 unità. Si tratta del 7% del totale delle strutture ospedaliere tra pubbliche e private, con un taglio più marcato su quelli pubblici (50 in meno). La Sanità pubblica si riduce e tiene solo l’Assistenza domiciliare integrata (ADI). Quest’ultima, in un decennio, sono praticamente raddoppiate le persone assistite: dai 732.780 pazienti del 2013 nel 2023 esse sono state 1.645.234. A peggiorare però sono le ore dedicate a ciascun paziente: nel 2013 erano 18 contro le 15 ore del 2023. Le cifre sono quelle dell’ultimo Annuario del SSN.
Tagli alla sanità, in dieci anni oltre 10.000 posti letto in meno
La “dieta” ha colpito anche il numero di posti letto che in 10 anni, tra pubblico e privato, sono passati da 226.387 a 215.827. Oltre 10.000 posti letto in meno, insomma. I tagli hanno colpito i Consultori: il 10% è stato chiuso. Erano 2.430 nel 2013, nel 2023 sono scesi a 2.140. Stessa sorte per i Centri di Salute mentale: 1.603 dieci anni, 1.334 nel 2023.
Crollati i medici convenzionati. Quelli di famiglia sono passati da 45.203 ai 37.983 del 2023, con un calo di 7.220 unità. Giù i pediatri: sono 999 in meno rispetto a dieci anni fa su un totale nel 2023 di 6.706 unità. E giù anche i medici di continuità assistenziale (-1.483), passati da 11.533 a 10.050 nel 2023. Le Asl sono scese da 143 a 110.
Migrazioni per cure: ‘superata cifra record di 5 miliardi nel 2022’
I tagli degli ultimi dieci anni hanno certamente favorito un flusso di spostamenti per curarsi. Soprattutto verso il privato. Oltre 1 euro su 2, infatti, viene speso per ricoveri e prestazioni specialistiche fuori regione. È quanto si legge in una nota di Fondazione Gimbe, secondo cui quell’euro finisce nelle casse della sanità privata accreditata: 1.879 milioni di euro (54,4%), contro i 1.573 milioni (45,6%) destinati alle strutture pubbliche. “La crescita del privato accreditato nella mobilità sanitaria – ha sottolineato Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – è un indicatore sia dell’indebolimento del servizio pubblico sia dell’offerta che della capacità attrattiva del privato, seppur molto diversa tra le varie Regioni”.
Infatti, le strutture private assorbono oltre il 60% della mobilità attiva in Molise (90,6%), Lombardia (71,4%), Puglia (70,7%) e Lazio (62,4%). In altre, invece, il privato ha una capacità attrattiva inferiore al 20%: Valle D’Aosta (16,9%), Umbria (15,5%), Liguria (11,9%), Provincia autonoma di Bolzano (9,9%) e Basilicata (8,9%).
Mobilità sanitaria, cos’è e perché gli italiani si spostano per curarsi
Secondo i dati Agenas, il 78,5% della mobilità sanitaria per ricoveri è classificato come effettiva (2.108 milioni), ovvero dipende dalla scelta del paziente. Il 17,4% (468 milioni) è invece legato a prestazioni in urgenza (mobilità casuale) e il 4,1% (109 milioni) riguarda casi in cui il domicilio del paziente non coincide con la regione di residenza (mobilità apparente). Della mobilità effettiva, solo il 6,5% riguarda ricoveri ordinari a rischio inappropriatezza. Inoltre, considerando che una struttura è definita di prossimità se dista al massimo 50 km e/o il tempo di percorrenza non supera i 60 minuti, nel 2022 solo l’11,6% dei ricoveri in mobilità effettiva è avvenuto in strutture di prossimità.
“Questo dato – ha commentato Cartabellotta – dimostra che lo spostamento dei pazienti verso altre regioni per ricevere cure in regime di ricovero è una necessità dettata dall’assenza di un’offerta sanitaria adeguata. Per molti cittadini, questo significa affrontare lunghi spostamenti, con disagi pesanti per chi è malato e costi significativi per le famiglie”.
© Riproduzione riservata