La Fondazione Gimbe ha stilato la pagella delle regioni italiane rispetto ai Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), ossia le prestazioni sanitarie che devono essere garantite ai cittadini gratuitamente o attraverso il pagamento di un ticket.
Gli strumenti di valutazione
Fino al 2019 lo strumento di valutazione era la “Griglia Lea”. Ma dal 2020 è sostituita dal Nuovo Sistema di Garanzia con 22 indicatori suddivisi in tre aree: prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale e ospedaliera. Per ciascun settore è assegnato un punteggio compreso fra zero e 100 e le Regioni sono considerate adempienti se raggiungono almeno 60 in ognuno. Un punteggio inferiore anche in una sola delle aree considerate porta alla valutazione di inadempienza L’analisi della Fondazione Gimbe si è concentrata sulla risposta dei servizi sanitari regionali nell’anno dello scoppio della pandemia. Ha valutato, inoltre, anche le differenze fra una Regione e l’altra in relazione all’impatto iniziale del Coronavirus.
I risultati
Solo 11 Regioni sono risultate adempienti: Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Provincia autonoma di Trento, Puglia, Toscana, Umbria e Veneto. Le dieci inadempienti, invece, sono: Abruzzo, Molise e Sicilia con un punteggio insufficiente in una sola area, Basilicata, Campania, Provincia autonoma di Bolzano, Sardegna e Val d’Aosta con due insufficienze e la Calabria con tre.
Alcune Regioni occupano posizioni simili nelle tre aree e documentano dunque livelli omogenei di adempimento, mentre in altre ci sono differenze considerevoli. Ad esempio, se l’Umbria è in 1° posizione per la prevenzione, è in 12° per l’area distrettuale e in 11° per quella ospedaliera. La Liguria è in 7° posizione per l’area distrettuale, in 14° per quella ospedaliera e 19° per la prevenzione. La Lombardia è in 3° posizione per l’area distrettuale, in 5° per quella ospedaliera e in 14° per la prevenzione. Mentre la Provincia autonoma di Trento è 1° per l’area ospedaliera, 3° per la prevenzione e 10° per l’area distrettuale.
“Si tratta di una vera e propria pagella per i servizi sanitari regionali che permette di identificare le Regioni meritevoli di accedere alla quota di finanziamento premiale”, ha dichiarato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. “E quelle inadempienti che devono essere sottoposte ai piani di rientro, che prevedono uno specifico affiancamento da parte del Ministero della Salute che può arrivare fino al commissariamento della Regione.”
Il divario fra Nord e Sud è uno degli elementi che si possono evidenziare immediatamente, dato che fra le regioni del Mezzogiorno l’unica adempiente risulta essere la Puglia.
Differenze fra 2020 e 2019
La Fondazione Gimbe ha analizzato anche le differenze fra gli adempimenti 2020 e quelli del 2019 per valutare l’impatto della pandemia sui punteggi totali delle Regioni, oltre che sui tre macro-livelli di assistenza. Rispetto al 2019, nel 2020 i punteggi sono peggiorati per tutte, tranne che per la Provincia autonoma di Trento e la Valle d’Aosta. Questo dimostra quanto la pandemia abbia causato un forte stress alla sanità italiana.
Ciononostante, tra le Regioni che hanno sperimentato una prima ondata molto violenta, il divario con l’anno precedente resta molto contenuto (meno di dieci punti) per la Provincia autonoma di Bolzano, il Friuli Venezia Giulia, la Toscana, l’Emilia Romagna. È invece intermedio (fra 10 e 25 punti) per Veneto e Piemonte ed elevato (più di 35 punti) per Lombardia e Liguria. Bisogna anche rilevare che 7 delle 11 Regioni inadempienti con un divario superiore a 20 punti si trovano al Sud, dove la prima ondata non aveva ancora colpito duramente come al Nord.
La prevenzione, l’area più penalizzata
Considerando tutto il territorio nazionale, il massimo “gap” fra il 2020 e il 2019 si è registrato nell’area della prevenzione (-263 punti), seguita da quella ospedaliera (-150 punti) e con un lieve miglioramento nell’area distrettuale (+5 punti).
“Il crollo della prevenzione è l’inevitabile conseguenza sia degli esigui investimenti in quest’area”, ha spiegato ancora Cartabellotta. “Sia del fatto che il personale già limitato in forza ai dipartimenti di prevenzione è stato impegnato in prima linea nella gestione dell’emergenza pandemica. Ed è qui che è stato pagato il conto più salato.”
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