Un tavolo istituzionale regionale, il rilancio della medicina territoriale e percorsi dedicati: sono alcune proposte degli esperti per rispondere ai bisogni dei pazienti
Nel Lazio, sono 1,5 milioni le persone che soffrono di disturbi mentali: parliamo di oltre il 27% della popolazione. Il disturbo depressivo maggiore rappresenta una delle principali problematiche. A livello nazionale, solo nel 2021, sono state rilevate da Istat circa 20.000 nuove diagnosi. È dunque evidente quanto la questione rappresenti una priorità nell’ambito della salute pubblica.
Emergenza grande, impegno insufficiente
Proprio a questo tema è stato quindi dedicato un focus di approfondimento, promosso e coordinato da Johnson & Johnson. L’evento, dal titolo “La Salute Mentale: una sfida per la Regione Lazio”, si è tenuto a metà luglio, quale tappa conclusiva della Johnson & Johnson Week “Insieme verso la medicina del futuro”. Durate l’intera settima, dall’8 al 12 luglio, si sono tenuti incontri con clinici, associazioni pazienti, istituzioni, università e centri di ricerca, che si sono confrontati sulle sfide della salute di oggi e di domani. Obiettivo del focus sulla salute mentale mettere insieme i diversi interlocutori, per individuare proposte utili a migliorare la presa in carico del paziente con disturbi mentali. Hanno risposto all’appello istituzioni, associazioni di pazienti, medici e studiosi.
Si è innanzitutto messo in luce l’inadeguato impegno del nostro Paese su questo fronte. L’Italia infatti è agli ultimi posti in Europa per risorse economiche destinate alla salute mentale. Circa il 3,4% Fondo Sanitario Nazionale, contro il 10% di altri Paesi ad alto reddito (come Regno Unito, Germania e Francia). Per quanto riguarda il Lazio, la Regione si posiziona al di sotto della media italiana: viene destinato alla Salute Mentale solo il 2,7% del Fondo Sanitario Regionale.
Di qui l’esigenza di riunire gli attori del sistema salute della Regione Lazio, per promuovere conoscenza e favorire la condivisione di esperienze e idee.
Le sei proposte
Diverse sono le proposte operative nate dall’incontro tra i diversi interlocutori. Tra queste, sei sono state individuate e condivise come prioritarie. Riguardano nello specifico la regione Lazio, ma possono evidentemente essere estese all’intero territorio nazionale:
- Un tavolo istituzionale regionale che affronti i temi di tipo organizzativo e gestionale in materia di Salute Mentale, includendo tutti gli attori del sistema salute, tra cui le associazioni di pazienti e di caregiver
- Campagne di informazione e iniziative di sensibilizzazione per combattere i pregiudizi e le discriminazioni
- Rilancio della medicina territoriale e di prossimità attraverso l’adozione di nuovi modelli organizzativi che prevedano anche l’integrazione costante di figure professionali come lo psichiatra
- Definizione e sviluppo di PDTA regionali per le patologie psichiatriche a maggior carico assistenziale
- Promozione della continuità terapeutico-assistenziale attraverso l’adozione della telemedicina, come strumento in grado di garantire un adeguato supporto e follow-up ai pazienti, anche dopo le dimissioni
- Implementazione di corsi di aggiornamento nell’ambito dei percorsi formativi del personale sanitario per favorire l’appropriatezza della diagnosi, la tempestività dell’intervento e modelli di cura personalizzati
“Il tema della salute mentale è complesso e richiede attenzione costante – commenta Antonello Aurigemma, presidente del Consiglio regionale del Lazio – I dati indicano la necessità di una collaborazione sinergica tra istituzioni e associazioni per creare un sistema coordinato e integrato, superando disomogeneità e garantendo un’assistenza uniforme ed equa”. Per questo, Aurigemma ritiene urgenti alcune azioni, tra cui “una campagna di informazione e sensibilizzazione, insieme a attività di prevenzione e innovazione tecnologica come la telemedicina”. Così come è importante “inserire psichiatri nelle case della comunità, implementare percorsi diagnostici-terapeutici regionali per pazienti con patologie psichiatriche gravi, coinvolgere le associazioni di pazienti nei tavoli istituzionali e valutare l’adeguamento delle risorse destinate alla salute mentale”.
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