Il paradosso della longevità: le donne vivono più a lungo degli uomini ma in condizioni di salute peggiori. Il punto sulla medicina di genere
La salute femminile rappresenta un pilastro fondamentale per la sostenibilità sociale ed economica. Nonostante questo, tuttavia, persistono numerosi paradossi che limitano il pieno benessere delle donne italiane. Un recente rapporto di The European House – Ambrosetti (TEHA) mette in luce questi contrasti e proposto soluzioni concrete per superarli. Le donne italiane vivono mediamente quattro anni più degli uomini, ma questo vantaggio è puramente numerico. I dati rivelano, infatti, una realtà preoccupante. Le donne trascorrono circa un terzo della loro vita (32%) in condizioni di salute compromessa, contro un quarto (25,4%) per gli uomini. Questa disparità evidenzia come la maggiore longevità femminile non si traduca automaticamente in una migliore qualità della vita.
Menopausa, troppo spesso sottostimata
Un altro paradosso significativo riguarda i trattamenti medici. Sebbene le donne costituiscano metà della popolazione e consumino più farmaci rispetto agli uomini, con consumi tra il 20% e il 30% più elevati, sono sottorappresentate negli studi clinici. In conseguenza hanno quasi il doppio delle probabilità di sviluppare effetti avversi alle terapie. La fotografia dello stato di salute delle donne italiane evidenzia il ruolo predominante delle patologie cardiovascolari e oncologiche: le prime due cause di mortalità e disabilità. Emerge inoltre una crescente rilevanza delle patologie neurologiche e mentali. Il rapporto TEHA identifica anche alcune “aree grigie”, dove la carenza di dati porta a sottostimare l’incidenza e l’impatto di condizioni specifiche come l’endometriosi e la menopausa sintomatica. Quest’ultima, in particolare, rappresenta una fase di transizione cruciale nella vita di ogni donna, con potenziali ripercussioni sul benessere fisico, psicologico e lavorativo, ma viene ancora troppo spesso trascurata.
Salute femminile: le disparità di genere nella prevenzione sanitaria in Italia
Il divario di genere nei controlli medici regolari è notevole, con una proporzione di 30 donne per ogni uomo che si sottopone a screening preventivi. Tuttavia, nonostante questa maggiore propensione femminile verso la prevenzione, persistono lacune importanti. L’indagine condotta da TEHA evidenzia che quasi un terzo (31%) delle donne di età compresa tra 30 e 40 anni non ha mai effettuato un’ecografia mammaria. Parallelamente, nella fascia d’età 50-70 anni, una percentuale simile (30%) non ha mai eseguito l’esame per la ricerca del sangue occulto nelle feci. Gli ostacoli alla prevenzione non sono esclusivamente economici. Un ruolo determinante è giocato da fattori di natura culturale, religiosa e psicologica. Elementi che possono rappresentare barriere significative all’accesso ai programmi di screening, con un impatto più marcato sui gruppi più vulnerabili della popolazione.
L’impatto economico della salute femminile
Le differenze di salute e il carico di patologie nella popolazione femminile non rappresentano solo un problema sanitario, ma anche un freno alla crescita economica e alla tenuta sociale del Paese. Secondo le stime di TEHA, il “cattivo” stato di salute delle donne italiane genera costi pari a 144 miliardi di euro all’anno, equivalenti al 6,8% del PIL. Particolarmente preoccupante è il dato che indica come il 44% del burden sanitario si concentri in età lavorativa, con dieci patologie responsabili di oltre la metà di questo carico. L’implementazione di interventi mirati di prevenzione, diagnosi tempestiva e trattamenti adeguati potrebbe liberare un potenziale economico inespresso pari al 2% del PIL.
Promuovere la medicina di genere
Il rapporto TEHA offre una visione completa per migliorare la salute femminile in Italia. Si parte dalla necessità di promuovere la medicina di genere in tutte le politiche sanitarie, rafforzando il posizionamento italiano a livello europeo e creando gruppi di lavoro interministeriali dedicati. Parallelamente, occorre accelerare i programmi di prevenzione specifici per le donne, sfruttando anche le potenzialità degli strumenti digitali. Fondamentale risulta il potenziamento della raccolta e dell’analisi di dati epidemiologici disaggregati per sesso e genere, utilizzando intelligenza artificiale e machine learning per valutare l’efficacia degli interventi sanitari. A questo si collega il monitoraggio dell’impatto economico e sociale delle malattie femminili, integrando questi dati nella pianificazione sanitaria nazionale.
Strategie formative e di ricerca per la parità di genere nella salute
Per i ricercatori è essenziale rafforzare nei curricula delle facoltà di Medicina lo studio delle differenze biologiche e di genere, garantendo anche un’equa rappresentanza femminile tra i formatori. La diffusione di un approccio multidisciplinare, che tenga conto delle comorbidità fisiche e mentali, permetterà di integrare meglio i servizi socioassistenziali nei percorsi diagnostico-terapeutici. Per quanto riguarda la ricerca, il rapporto sottolinea l’importanza di promuovere la diversità negli studi clinici attraverso linee guida coerenti con i bisogni di salute attuali e futuri. È necessario inoltre rafforzare la ricerca sulle condizioni specifiche delle donne, anche grazie a nuovi modelli di finanziamento che favoriscano collaborazioni pubblico-privato. Sul piano sociale, è cruciale aumentare la conoscenza delle patologie e dei bisogni di salute femminili, con particolare attenzione alle categorie più vulnerabili come donne con disabilità, migranti e caregiver.
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