Ruggero Chiosi. Nato a Livorno ha vissuto a Firenze per 40 anni. Dopo aver fatto diversi lavori è diventato responsabile della logistica di una compagnia di navigazione. Partecipa al Concorso 50&Più per la prima volta. Vive a Livorno.
Attraversato il ponte mi ritrovai davanti a un vicolo stretto i cui muri erano sormontati da antichi beccatelli. Era scuro, non riconoscevo il luogo che avrei dovuto conoscere a occhi chiusi. Poi la musica ritmica e le risate di un gruppo di persone che ballava, rideva e cantava al ritmo dettato dalla fisarmonica, dalla caccavella e dal putipù mi confondeva anche di più. “Vieni anche tu, prendimi la mano e dai l’altra a Betty!”. Così si chiamava l’altra ragazza che si insinuò fra me un altro uomo che ballava in circolo.
Allora la cupola del Cestello e il selciato che si muoveva sotto i miei piedi, mi ricordò dove ero e ballavo la tarantella, fuori sintonia, per me che non sono napoletano. Finito il ballo, la compagnia si sciolse e ciascuno prese la propria strada.
Rimanemmo soli io e Betty che mi sorrideva. Parlava poco l’italiano essendo inglese e da poco a Firenze. Le proposi di cenare insieme in una trattoria in via Santo Spirito che era lì vicino. Il proprietario era un mio vecchio un amico. Lei accettò di buon grado. Durante la cena mi raccontò che aveva litigato con il suo boyfriend e che non lo voleva più vedere. Chiesi il perché della lite e lei mi spiegò: “Immaginati che ha perfino versato il vino fino all’orlo del mio bicchiere!”.
Giudicai la cosa efferata, le carezzai la mano e le dissi di non prendersela troppo: in effetti ci sono molti uomini incapaci che non meritano la tua amicizia, ma ce ne sono tant’i altri che sapranno apprezzare le tue qualità. Mi chiese di accompagnarla a casa, dormiva da una sua amica che abitava poco lontano. Durante il tragitto mi chiese di salire in casa per conoscere la sua amica. Accettai, ma prima di arrivare a destinazione mi fermai in un bar e acquistai una bottiglia di Vin Santo. In Inghilterra non usa presentarsi a mani vuote a casa degli amici. La casa dell’amica di Betty era piena di gente. C’era un signore di Bolzano con il figlio di 10 anni, Robert, scrittore esperto di armi da fuoco, dalla loro origine ai tempi moderni, e pare fosse molto apprezzato nel giro degli antiquari, con la sua compagna americana, Rikle con suo marito romano e suo figlio anche lui di una decina di anni, De Crescenzo, lo scrittore napoletano, ingegnere informatico, che aveva lasciato la società I.B.M. per scrivere il suo primo libro “Così parlò Bellavista” che ebbe un enorme successo e poi ne scrisse molti altri di filosofia e storia della filosofia.
Fra tutti ero l’unico che non avesse una storia di vita interessante.
Ad un certo punto la padrona di casa, visto che la conversazione languiva, propose di fare il gioco del tappo che, ci spiegò, consisteva nel mettersi in ginocchio in cerchio, per terra, con in mezzo un mucchio di tappi di sughero del numero dei partecipanti al gioco meno uno. Nel caso attuale: 8 partecipanti e 7 tappi di sughero. Al via, dato dalla padrona di casa, tutti avrebbero dovuto cercare di prendere un tappo.
Chi rimaneva senza avrebbe pagato un pegno da stabilire alla fine del gioco. Protestai, non mi sembrava giusto. Dissi che avrei giocato ma solo se avessi saputo quale fosse stata la posta del gioco.
Dopo una piccola confabulazione, fu considerato equo che chi rimaneva senza tappo avrebbe dovuto raccontare una sua storia, possibilmente piccante. (tipo Decamerone).
Io fui, naturalmente il primo a rimanere senza tappo e mio malgrado fui costretto a inventarne una.
ERMES – Prologo
Figlio di Zeus e di Maia, figlia di Atlante, chiamato anche Mercurio, messaggero degli dèi, venerato come psicagogo, protettore delle greggi e dei viandanti. Aveva anche altre doti: era bello, forte palestrita, musicista – suonava la lira che aveva costruito appena nato. Prima di essere stato rappresentato glabro, egli era stato rappresentato come un uomo di circa trenta anni barbuto e muscoloso.
Ora possiamo cominciare
Ero alloggiato con la mia compagna in un albergo di Taormina e scesi a Messina per imbarcarmi con l’auto sui traghetti “Caronte” per villa San Giovanni con l’intento di visitare un po’ di Calabria. A Reggio visitammo il museo con i bronzi di Riace, poi Stillo.
Arrivati a Brancaleone ci trovammo davanti una spiaggia lunghissima e deserta, il mare Ionio blu intenso e calmo. Non resistemmo, ci spogliammo nudi e facemmo una bella nuotata. Poi ci sdraiammo sul telo da bagno, gentilmente fornitoci dall’automobile Club di Taormina, facendoci asciugare dal sole.
La spiaggia deserta, il sole che ci accarezzava dolcemente e il ritmo lieve della risacca ci costrinsero a fare all’amore. Passò il tempo, che mi sembrò un attimo e forse era molto di più, la mia compagna mi disse sottovoce: “Guarda c’è un gregge di pecore”. “Vedrai che non si scandalizzano”. “Ma c’è anche un uomo seduto laggiù e ha la chitarra e… senti, sta suonando”. “Alziamoci e andiamo via”. “No, aspetta, continuiamo, non ci dà noia”. Mi lasciai convincere continuammo le nostre effusioni a cinquanta metri da lui, dal gregge di pecore e dal suono della sua chitarra.
Assolati, sudati e stanchi ci rivestimmo e per raggiungere l’auto, passammo vicino a quell’individuo che imperturbabile continuava a suonare, molto bene, la sua chitarra.
La mia compagna era rimasta un po’ indietro e mentre passava vicino al barbuto suonatore, mi gridò: “Non correre. l’Albergo dei Principi non chiude mica”.
La mattina successiva mi alzai presto per incontrare delle persone a Catania e quando nel pomeriggio tornai in albergo, trovai un biglietto sul comodino che diceva di aver preso dalla cassaforte 3000€ perché aveva scelto di andare con il barbuto svedese che le piaceva moltissimo.
I soldi me li avrebbe restituiti appena arrivata casa sua a Benevento. E così fece.