Anselma Rovida. Vive a Segrate (Mi). Si definisce “scrittrice dilettante per piccoli sognatori”. Partecipa al Concorso 50&Più per la quarta volta; nel 2018 ha ricevuto la Menzione speciale della Giuria per la prosa.
In quella calda primavera piena di sole, sfaccendati passeggiavano sugli spaziosi marciapiedi di Corso Buenos Aires interessati agli acquisti primaverili.
Quella mattina in libreria, si era presentata una abituale cliente con un bassotto di pochi mesi e una bimba piangente.
La piccola Annie era allergica al pelo del cane e piangeva disperata perché la mamma “doveva” liberarsi della causa della sua allergia.
Tra un frase e l’altra Ansy cercava di risolvere la spinosa situazione della cliente. A un certo punto per consolare la disperazione della piccola le aveva detto: “Lascialo qui da noi, abbiamo già uno Schnauzer piccolo nero, si chiama Alì, si faranno compagnia e tu potrai vederlo quando vorrai͘”.
Aveva parlato senza riflettere, ed era già pentita. Troppo tardi.
Era sembrata una insperata soluzione sia alla mamma che alla piccola.
Annie aveva accettato di separarsi dall’amichetto Taddeo, convinta che avrebbe potuto rivederlo quando tornava da scuola, “poteva riempirlo di coccole tutti i giorni”͘.
La mamma sperava che la piccola crescendo, si sarebbe convinta a stare lontana dagli animali il cui pelo le causava tanto pruriginoso malessere.
Ansy si trovò da portare a casa Taddeo, cuccia e scatolette.
Alì, piccolo Schnauzer nero di 6 anni altro ospite di Ansy, si era mostrato subito entusiasta del nuovo amico.
Si completavano a vicenda: l’irruenza del piccolo Taddeo veniva “compensata” dalla moderazione del “vissuto” Alì.
Giocavano rincorrendosi per la libreria, e quando dovevano restare a casa si rifacevano le unghie su divani e pareti, indispettiti per il momentaneo abbandono in quelle quattro mura che forse ritenevano temporanea prigione.
Un giorno di intensa pioggia Ansy aveva preferito lasciarli a casa.
Taddeo, alquanto contrariato, aveva mordicchiato furiosamente la base del tavolino da dessert, causandone il ribaltamento.
Cocci del servizio del tè e lo zucchero fuoriuscito dal proprio contenitore erano sparpagliati nella sala. Sembrava passato un uragano.
La sera, accucciati sulle loro brandine, orecchie basse e mesti occhioni compassionevoli avevano subito in silenzio i rimproveri di Ansy e Raimondo.
Un mezzogiorno di un bruttissimo sabato di aprile, accadde un amaro imprevisto.
Taddeo, come sempre, scodinzolava giocherellando per la libreria.
Ansy aiutava una commessa a rimettere un libro nella sua posizione “in alto-alto”.
Raimondo parlava concitatamente dell’ultimo libro di Enzo Biagi “Disonora il padre” contestando l’affermazione dell’altro interlocutore che considerava Biagi solo un ottimo giornalista.
Improvvisamente Taddeo non aveva risposto al richiamo né di Ansy, né di Raimondo, né delle commesse: Taddeo non c’era più.
Era una spiacevole insostenibile situazione: qualcuno l’aveva portato via͘. Lo avevano cercato nel negozio, per la strada, nei negozi vicini.
Ansy, disperata e incredula, propose un suo bizzarro tentativo.
Sosteneva che il numero di bassotti in giro per Milano non fosse elevato.
Fingendosi studentessa universitaria in cerca di dati per una ipotetica tesi che aveva come argomento la vita e le problematiche legate alla lunga colonna vertebrale e le gambe corte di un cane bassotto, nei pomeriggi sarebbe andata in ogni portineria dove era stata segnalata la presenza nel palazzo di tale tipo di cane.
Voleva e doveva far presto.
Forse Taddeo era ancora in città.
Aveva fatto stampare accattivanti volantini con promessa di ricompensa che distribuiva ovunque.
Si era organizzata in modo di essere informata dove era stata segnalata la presenza di un bassotto.
Con la collaborazione del portiere dello stabile interessato avrebbe “intervistato” le persone nelle abitazioni dove era stata segnalata tale presenza. Ogni sera perlustrava una zona.
Era solo un tentativo.
Erano ormai passati 34 giorni, ma di Taddeo nessuna traccia.
Le “interviste” ormai si svolgevano in zone opposte al suo “rapimento”͘
Quel pomeriggio era il giorno della zona “De Angelis”: 11 fermate di metrò da dove era posizionata la libreria di Raimondo.
In quel palazzo era stata segnalata la presenza di un bassotto in un appartamento al 5° piano.
Ansy aveva suonato il campanello, si sarebbe presentata come studentessa universitaria in cerca di materiale per la sua tesi.
Allo scampanio Ansy aveva sentito il latrare di più cani.
Aveva posizionato il piede alla base della porta in modo che all’apertura, se ci fosse stato anche Taddeo, chi aveva aperto non avrebbe potuto chiudere automaticamente.
Ecco, la porta si era aperta: sembrava un film al rallentatore.
Tra i cani, Ansy aveva riconosciuto subito Taddeo che le si era catapultato in braccio costringendola ad indietreggiare per non perdere l’equilibrio e quindi a togliere il piede che bloccava la porta.
La donna che aveva aperto, afferrando al volo la situazione, aveva chiuso velocemente.
Ma ormai Ansy appagata dal ritrovamento, non ricordava più tutto il percorso di denuncia che si era preparato. Neppure quanto era intenzionata ad inveire contro chi aveva rapito Taddeo.
Stringeva incredula il suo piccolo bassotto.
Era subito andata al bar dell’angolo di piazzale De Angelis e aveva telefonato a Raimondo per comunicare il ritrovamento e aspettare che venisse a prenderli.
Era finito un incubo: finalmente Taddeo ritornava a casa dopo 35 giorni di ricerca.
Quella sera in libreria avevano festeggiato a lungo.
Taddeo era incontenibile. Abbaiava continuamente: come se volesse raccontare la disperazione che aveva provato nel non ritrovare le nostre coccole e tutti i suoi giochi.
Anche Alì era felice nel riavere il suo compagno di avventura, non smetteva di mordicchiarlo abbaiandogli intorno.
Finalmente la “lunga” favolosa mascotte di Corso Buenos Aires 54 era tornata.