Adiacente a un reparto di terapia intensiva per i malati di Covid-19 c’è un “Giardino segreto”. Un luogo dove accadono cose meravigliose. Sembrerebbe l’inizio di un racconto fantastico e, invece, no. Il “Giardino segreto” esiste davvero. Fa parte del percorso riabilitativo per i pazienti in terapia intensiva della University Hospitals Plymouth NHS Trust, la più grande realtà ospedaliera del sud-ovest della Gran Bretagna.
La storia di Robin Hanbury-Tenison, dal ricovero per Covid alla guarigione
Questo “Giardino segreto” nasce dal recupero di un cortile dell’Ospedale Derriford di Plymouth avvenuto in piena pandemia. L’iniziativa ha avuto una certa eco grazie anche alla testimonianza dell’84enne Robin Hanbury-Tenison, il famoso esploratore britannico che lo scorso marzo è stato colpito da Covid.
Ricoverato in terapia intensiva racconta di «essere tornato alla vita» proprio nel momento in cui è stato trasportato dal personale medico nel giardino, a contatto con la natura, quando era ancora attaccato alle macchine. Così, una volta ripresosi, ha lanciato una raccolta fondi per realizzare altri giardini curativi e riabilitativi collegati alle unità di terapia intensiva.
Come è nato il Giardino segreto
Tutto è nato grazie a tre ingredienti fondamentali: intraprendenza, generosità e volontariato. Ebbene, ogni anno, da oltre 100 anni, in Inghilterra si tiene il Chelsea Flower Show, la più grande esposizione floreale al mondo organizzata dalla Royal Horticultural Society. Quest’anno l’evento a causa della pandemia è stato cancellato. Un brutto colpo per tutti gli espositori. Ma qualcuno ha fatto di necessità virtù. Come il designer di giardini Tom Massey che, in vista dell’esposizione, aveva avuto l’incarico di realizzare un giardino per l’azienda lattiero casearia Yeo Valley. Che fare allora dei fiori, delle piante e del progetto? Visto che, nel frattempo, l’ospedale Derriford aveva lanciato un appello su Facebook per rendere più gradevole con piante e fiori un cortile adiacente all’unità di terapia intensiva, il designer Massey e l’azienda casearia hanno risposto all’appello donando ben 350 piante perenni.
Da qui è partita una vera e proprio missione che ha coinvolto un gruppo di volontari guidati dal designer e coordinati da Kate Tantam, specialista senior in terapia intensiva dell’Ospedale. A metà marzo il giardino era pronto. Nel frattempo Keate Tantam è rientrata nella prestigiosa lista della Queen’s Honours e a breve riceverà una medaglia dell’Impero Britannico per i suoi servizi volti a migliorare l’esperienza dei pazienti in risposta alla pandemia da Covid-19.
Un giardino dalla doppia funzionalità
Ecco, in breve, la storia di questo “Giardino segreto” dalla doppia funzionalità. È qui che trovano ristoro medici e infermieri. È uno spazio dove rigenerarsi dalle lunghe ore di lavoro, dalle costrizioni dei sistemi di protezione personale a cui sono obbligati a causa del Covid. Ed è sempre qui che vengono portati i malati in terapia intensiva sui loro letti, attaccati alle macchine, o sulle sedie a rotelle. È un modo per riportarli alla vita, una spinta ad uscire dal tunnel, una medicina naturale e riabilitativa che può fare la differenza.
Ora, il progetto dell’Ospedale è quello di creare una “stanza giardino” per la riabilitazione con lucernari e pareti in vetro, sentieri, panche e piantumazioni sensoriali per stimolare i pazienti, con visite aperte anche agli animali domestici. Perché tutto questo? Perché ormai è appurato, e ribadito da un Rapporto del King’s Fund, quanto sia forte il legame tra giardini, natura, e salute. I benefici sono tanti: dal miglioramento della salute mentale e del benessere emotivo, con la riduzione di ansia e depressione, a quello della salute fisica.
Il sole sulla pelle: la testimonianza del vecchio esploratore
Robin Hanbury-Tenison è un esploratore e ambientalista britannico di 84 anni. All’inizio di marzo, dopo una vacanza in Francia sugli scii, si è ammalato di Covid-19. Quindi, il ricovero d’urgenza all’ospedale Derriford di Plimouth per crisi respiratoria, febbre, tosse secca e perdita di coscienza.
Ha trascorso in ospedale 7 settimane di cui 5 in terapia intensiva. Aveva i polmoni pieni di liquido, ha subìto una tracheotomia, ha sofferto di insufficienza multiorgano sino ad essere sottoposto a dialisi. Data la gravità della situazione i medici avevano preparato la famiglia al peggio considerata anche l’età.
Robin, che si definisce un «sopravvissuto dal Coronavirus», nella sua vita ha affrontato tantissime prove come capo esploratore di oltre 30 spedizioni. Viaggiando in ogni angolo del mondo, ha attraversato foreste pluviali e deserti, la sua passione. Ha vissuto tra le tribù indigene per le quali ha fondato in loro difesa la Survival International, un movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni. Eppure quest’ultima sfida, sopravvivere al Covid-19, è stata la più ardua per lui.
«Quando ogni speranza era persa, quando la famiglia e gli amici temevano il peggio, ho avuto un momento di svolta», racconta. Dalle infermiere, i miei angeli custodi, sono stato portato nel Giardino di riabilitazione dell’ospedale Derriford, ho sentito il calore del sole sul viso e sapevo che sarei sopravvissuto. La natura ha fatto la differenza».
È in quel giardino, sul letto di un ospedale, attaccato alle macchine che Robin si è risvegliato. «Penso che ogni ospedale dovrebbe avere un giardino curativo – ha detto -. Credo che mi abbia salvato la vita».
Una nuova impresa in Cornovaglia per raccogliere fondi
Così, lo scorso 3 ottobre, a esattamente 5 mesi dalla dimissione dall’unità di terapia intensiva, il grande esploratore ha deciso di compiere un’altra grande impresa, riuscendoci per giunta. Ha scalato la montagna più alta della Cornovaglia sotto una pioggia battente e un forte vento. L’obiettivo era lanciare una raccolta fondi per: «Aiutare l’ospedale di Treliske in Cornovaglia a creare il proprio giardino e anche garantire che l’ospedale Derriford possa proseguire nella realizzazione del nuovo spazio giardino di terapia intensiva».
L’intento è quello di raccogliere 100mila sterline, ma c’è ancora molto da fare visto che per ora ne sono state donate 47mila: «Si prega di donare qualsiasi somma – ha scritto -, grande o piccola che sia. Sarà la molla per iniziare a dotare tutti gli ospedali di un giardino curativo collegato alla terapia intensiva».
(Crediti fotografici: University Hospitals Plymouth NHS Trust)
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