La pandemia ci ha obbligati ad un lungo periodo di quarantena. Chiusi nelle nostre case siamo stati costretti ad uscire il giusto necessario per proteggerci dal contagio. Ora, però, anche se le limitazioni si sono allentante e possiamo riprendere la nostra quotidianità, di certo non è scemata l’ansia di poter essere contagiati. Ansia che per qualcuno ha finito col trasformarsi in fobia.
«Alcuni parametri della nostra socialità sono stati profondamente intaccati dalla pandemia», ci spiega Francesco Milanese, psicologo, mediatore familiare e formatore, che il 21 luglio terrà in secondo incontro, organizzato dalla 50&Più provinciale di Udine, su “Ansia e panico” come conseguenza dell’emergenza sanitaria in atto. «Ci siamo adoperati a proteggerci nelle nostre abitazioni. Abbiamo provveduto ad una maggiore pulizia e igiene, ma non basta. Perché c’è la percezione di un nuovo pericolo che viene da fuori. Il contagio avviene tramite i rapporti interpersonali, quindi la socialità è diventata improvvisamente pericolosa».
Dottor Milanese, cosa provoca tutto questo?
Una situazione ansiogena, una preoccupazione eccessiva rispetto al pericolo reale. Lo dico in un altro modo: la differenza tra la paura e l’ansia è che la paura è imminente, mentre l’ansia è l’anticipazione di un pericolo che può potenzialmente esistere.
È più facile controllare la paura piuttosto che l’ansia?
Certo, ma non solo: dal punto di vista neurologico l’ansia crea una situazione di stress molto logorante per la persona perché impedisce di svolgere delle funzioni ordinarie, normali. Uscire o rivedersi con gli amici in sicurezza, sono elementi che diventano improvvisamente ansiogeni. Tutto diventa pericoloso.
Quale potrebbe essere un’eventuale soluzione?
Una delle strategie che propongo è di fare come i “bravi alpinisti” i quali hanno a che fare con un pericolo costante: non è che non abbiano paura, perché se non l’avessero sarebbero degli incoscienti completi, ma prima di avventurarsi studiano la via e si dotano di una buona attrezzatura. Per combattere l’ansia generata da un pericolo, occorre definirlo in tutti i suoi aspetti e capire cosa si possa fare per contenerlo. In questo caso, ad esempio, si possono seguire le regole: indossare la mascherina, lavarsi bene le mani, non toccare viso e occhi. Sono tutti elementi e azioni rassicuranti, perché mettendole in pratica l’inconoscibile nemico non ci attacca. Una paura ossessiva, al contrario, può generare comportamenti eccessivi: come disinfettarsi le mani in modo talmente esagerato da rovinarsi la pelle – che di suo è già una barriera – ottenendo così l’effetto contrario. Ci sono persone che si lavano le mani solo con l’alcool ed hanno le mani distrutte. Mantenere una certa misura è già una buona forma di prevenzione. Ecco queste sono piccole e significative strategie per prepararsi a gestire l’ansia.
Abbiamo detto che l’ansia generalizza dovuta al Covid-19 può trasformarsi in una fobia…
Certamente. Si manifesta ad esempio nell’uso eccessivo di detergenti, di prodotti per la pulizia che danneggiano l’ambiente o la protezione naturale della persona. Dal punto di vista clinico, per trattare le fobie specifiche si adotta la strategia della conoscenza e dell’esposizione. C’è un antico proverbio cinese, infatti, che recita: “Vai al cuore del pericolo e li troverai la tua salvezza”.
Come possiamo riuscirci?
Da soli non possiamo farcela. Ecco, quindi, che si torna a parlare di socialità. Dobbiamo imparare a gestirla in un modo nuovo per combattere quello che rischia, in questo momento, di compromettere uno dei fattori fondamentali del benessere delle persone: l’equilibrio tra l’individualità e la socialità.
Cosa possiamo dire alle persone in là con gli anni, per le quali la socialità è particolarmente importante?
Con l’invecchiamento si può assistere ad uno sclerotizzarsi delle abitudini, ad un ridursi sempre maggiore dei momenti di relazione. Sono elementi che rischiano di portare all’isolamento. Se ci aggiungiamo poi la paura del contagio, il fatto che le persone di una certa età si sentono più esposte per i motivi che sappiamo, c’è il rischio che si guardi alla socialità, ovvero agli altri, come ad un nemico rispetto alla propria sopravvivenza. Questa è una contrapposizione che va assolutamente spezzata. Proprio in questo senso, le associazioni come 50&Più, che aiutano a ritrovare una socialità virtuosa, una nuova dimensione di essa, in sicurezza, anche attraverso l’informazione, con spazi di ascolto, per poter comunicare e condividere inquietudini e bisogni, svolgono un’azione fondamentale.
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