Già a metà dell’800 il filosofo tedesco Alexander Feuerbach sosteneva che l’uomo è ciò che mangia. Non aveva tutti torti. Anche perché oggi sappiamo che la salute si costruisce a tavola, mentre diversi studi confermano che le scelte alimentari sbagliate sono la causa di molte malattie.
Un nuovo approccio ad una dieta salutare ci suggerisce ormai l’importanza di abbinare e dosare correttamente gli alimenti, così da intervenire positivamente sui nostri stessi geni.
La ristoceutica, ovvero la biotecnologia in tavola
La scienza che studia l’interazione tra i nostri geni e il modo con cui associamo gli alimenti si chiama ristoceutica. Il suo ideatore è il professor Vincenzo Lionetti, associato di Anestesiologia alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Il termine nasce dall’unione di due parole, “ristorazione” e “nutraceutica”. Quest’ultima è la disciplina che indaga i componenti e i principi attivi degli alimenti con effetti positivi per la salute.
In sostanza la ristoceutica guarda alle moderne biotecnologie per creare pasti bilanciati, con caratteristiche nutrizionali in grado di migliorare la salute di chi li consuma. Ciò che rende salutari questi pasti sono i composti biologicamente attivi che esercitano un effetto positivo sul corpo.
Una dieta per il cuore
I primi studi condotti dal professor Lionetti in questo settore nascono dalla sperimentazione di nuovi metodi per rigenerare il cuore dopo un infarto. Per questo, generalmente, quando si parla di ristoceutica si fa riferimento sostanzialmente alla messa a punto di una dieta benefica per il cuore. «L’assunto iniziale – spiega il professor Lionetti – è che mangiando possiamo agire a distanza sui geni in una cellula, condizionandone la vita».
Se l’alimentazione è scienza
Secondo il principio base della ristoceutica – per una dieta salutare – è fondamentale mixare correttamente le pietanze nello stesso pasto, scegliendo di volta in volta anche i modi di cottura ottimali. Dunque, il ristoceuta deve essere al corrente delle conoscenze provenienti non solo dai settori della biomedicina, delle biotecnologie e della scienza dell’alimentazione, ma anche da quello delle agrobioscienze.
Un abbinamento vincente, ad esempio, è la pasta con le verdure. Preparata correttamente, la pasta non innalza il livello di insulina grazie al basso indice glicemico. Quest’ultima è responsabile infatti di malattie come diabete di tipo 2, deficit cognitivi e disturbi cardiovascolari. L’importante, però, sottolineano i medici, è consumarla sempre al dente, per evitare che l’amido contenuto si trasformi in zuccheri. E magari raffreddarla in frigorifero prima di consumarla, così che la trasformazione proceda a maggior rilento. Per aumentare l’effetto salutare poi, è importante l’abbinamento con le verdure, crude o cotte, con l’aggiunta di olio extravergine di oliva. La cucina tradizionale del nostro Paese è un’ottima fonte di ispirazione, in tal senso.
Per il cuore, pesce e semi
La scienza ha già ampiamente dimostrato che i grassi Omega-3 contenuti nel pesce “accendono” i geni responsabili della salute del cuore. Per diminuire le probabilità di un infarto o di un ictus, il ristoceuta, consiglia di scegliere pesci di piccola taglia – privi di metalli inquinanti – e possibilmente di acqua fredda, come le alici o il salmone.
La cottura da preferire è al forno o al vapore, ma se non resistiamo ad una croccante frittura, aggiungiamo all’impanatura alcuni semi oleosi, come zucca e sesamo. O magari un trito di noci e mandorle, tutte fonti naturali di polifenoli e polinsaturi vegetali. E stavolta preferiamo l’olio di mais a quello di oliva. Il motivo è semplice: il primo resiste meglio alle alte temperature, evitando così il passaggio degli Omega-3 dall’alimento al mezzo di cottura.
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