L’intelligenza artificiale, attraverso un’App, si pone al servizio di chi convive con una patologia molto diffusa, per rispondere ai dubbi dei pazienti in modo qualificato. Un sicuro antidoto alle fake news
Il diabete è una delle malattie più diffuse al mondo, con 425 milioni di casi e, secondo la Federazione Internazionale del Diabete, almeno altri 212 milioni non sarebbero stati ancora diagnosticati. La diffusione di questa patologia interessa i Paesi sviluppati, quelli emergenti e quelli in via di sviluppo, e si stima che nel 2035 si supereranno i 600 milioni di casi.
Per questo motivo la lotta al diabete è una delle tre emergenze sanitarie identificate dall’Organizzazione delle Nazioni Unite e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, insieme alla malaria e alla tubercolosi.
L’Italia conta 3,7 milioni di persone affette da questa patologia, alle quali si aggiunge un altro milione che, senza saperlo, avrebbe valori di glucosio nel sangue più alti del normale. Con il diabete si può convivere, ma va gestito stabilendo un equilibrio fra le terapie farmacologiche, la propria alimentazione e lo stile di vita, in modo da mantenere i livelli di zuccheri nel sangue sempre sotto controllo, evitare fenomeni di ipoglicemia, iperglicemia o chetoacidosi diabetica, e mettere al sicuro il cuore, i reni, gli occhi e i nervi.
Il rapporto con il proprio diabetologo è fondamentale per impostare un percorso salutare e di cura, e oggi pazienti e medici possono avvalersi di uno strumento di supporto in più, grazie all’intelligenza artificiale.
Nato alla fine del 2020 da un progetto della casa farmaceutica Novo Nordisk sviluppato da H-Farm – centro di innovazione europeo con una sezione dedicata allo sviluppo dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie del linguaggio -, Aida (Artificial Intelligence Diabetes Assistant) è un’assistente virtuale che risponde in modo qualificato e certificato a tutte le domande che riguardano il diabete, lo stile di vita, lo sport e l’alimentazione, eccetto quelle sulle terapie farmacologiche, di esclusiva competenza dello specialista.
«Il diabete cambierà la mia vita? Quali sono le differenze tra diabete “tipo 1” e “tipo 2”? Posso continuare a lavorare? Come posso dire ai miei amici e colleghi che ho il diabete?» sono solo alcuni dei quesiti che si possono rivolgere ad Aida, che si tratti di pazienti, di familiari, di professionisti della cura della persona o di persone che vogliono semplicemente saperne di più sulla gestione quotidiana della patologia e sui cambiamenti che comporta. In base alle domande che riceve, l’assistente virtuale implementa i contenuti con nuove risposte: basta compilare un form che serve da spunto per i continui aggiornamenti.
Per sviluppare i contenuti di Aida è stata coinvolta una squadra di diabetologi, dei quali fa parte anche Cristina Bianchi, dirigente medico presso l’Unità operativa di Diabetologia e Malattie del metabolismo dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana.
Dottoressa Bianchi, il diabete è una patologia molto frequente: quali sono i dati in Italia?
In Italia si calcola che circa il 6% della popolazione abbia il diabete. La maggioranza di questi pazienti è affetta dalla forma di “tipo 2”, quello che un tempo veniva definito “il diabete alimentare”, più legato ad un alterato stile di vita, ma che ha comunque una base genetica. Esiste poi una quota minoritaria di pazienti col diabete di “tipo 1”, che insorge in età più giovanile ed è correlato ad un processo autoimmune. Per i pazienti di entrambi i tipi di diabete, sin dalla diagnosi, sono tantissime le informazioni da acquisire per avere un’adeguata gestione della malattia, della terapia, dell’autocontrollo. Spesso i pazienti con diabete “tipo 1” sono in età pediatrica al momento della diagnosi, e in questi casi non è tanto il bimbo a risentire della situazione, quanto la famiglia che viene investita di una grande responsabilità nella gestione della malattia. Forse meno drammatica, ma comunque con un impatto importante, è la diagnosi di “tipo 2”: anche in questo caso, oltre alle questioni legate alla dieta, al monitoraggio e alla terapia, ci sono una serie di informazioni che il paziente deve acquisire. Nell’ambito delle attività ambulatoriali cerchiamo di dare tutte le informazioni necessarie, che poi approfondiamo nelle visite successive, ma comunque c’è sempre qualche quesito che resta in attesa di risposta, anche successivo alla visita. Talvolta si tratta di piccole cose quotidiane che possono venire in mente in un secondo momento, oppure domande vissute come imbarazzanti dal paziente, come quelle che riguardano eventuali disfunzioni di tipo sessuale, e in questi casi c’è più reticenza a parlarne con il medico faccia a faccia. Può quindi accadere che pazienti e caregiver si rivolgano alla rete.
Quali sono i rischi di una ricerca in rete senza indicazioni mediche?
Ci sono varie fake che circolano in rete e che possono anche essere pericolose. Spesso si trovano contenuti che riguardano farmaci, o rimedi naturali, che solitamente non sono dettati da personale medico specializzato e che quindi veicolano messaggi errati e potenzialmente dannosi. È invece importante che un paziente abbia una fonte sicura di informazione.
Aida nasce proprio per questo. Ma come funziona questa assistente virtuale?
Aida nasce come una chatbot alla quale si possono rivolgere domande relative alla diagnosi, alla dieta, alle eventuali complicanze, alle visite periodiche, all’automonitoraggio, allo stile di vita, ma non quesiti relativi ai farmaci, che restano appannaggio del medico e per i quali è opportuno che il paziente si confronti direttamente con lo specialista. Insomma, Aida non sostituisce il medico, ma lo affianca nel rispondere a quelle domande che possono essere imbarazzanti o che il paziente magari non ha in mente durante la visita in ambulatorio, dove il tempo non è mai abbastanza. In questi casi Aida può essere un canale di supporto.
Come funziona concretamente?
Esiste in varie versioni: come chat su Telegram, dove si scrivono le domande. In alternativa si può accedere ad Aida tramite Alexa, e il paziente può porre le domande a voce. Le risposte che arrivano sono state validate da un comitato scientifico e create con linguaggio semplice. Inoltre, nel definire i contenuti, noi diabetologi siamo stati supportati anche da uno psicologo, che ha contribuito a dare una forma quanto più umana possibile alle risposte.
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