Un progetto per restituire al paese di Guarcino varietà di generazioni attraverso la disponibilità di servizi e scenari naturali favorevoli.
Di fronte, le montagne – verdi e ondulate – e, dentro, la pietra, piazzette, arte e gradoni. Siamo stati a Guarcino, bel comune di 1.300 abitanti in provincia di Frosinone, dove è partito un interessante progetto che punta a ripopolare il borgo di giovani e anziani.
«A Guarcino – ci ha detto Alessandro Boccanelli, ideatore del progetto “Guarcino 2025” nonché presidente della Società Italiana di Cardiologia Geriatrica – stiamo cercando di portare avanti un’esperienza di ripopolamento in maniera tale da restituire al paese la varietà di generazioni che lo ha sempre contraddistinto».
È con lui che attraversiamo le vie del borgo che si estende su una piccola rocca tra stradine che compongono quasi un ferro di cavallo, mentre ci spiega: «Il progetto è quello di fornire servizi per generazioni di tutti i tipi. Quindi, qui a Guarcino, una persona in pensione dovrà trovare motivi per stare in paese, perché ci sta bene, perché magari si sente protetto, e una persona giovane arriverà perché l’ambiente è naturalisticamente favorevole e, tra una sessione e l’altra di smart working, potrà fare delle passeggiate in montagna».
Ma “Guarcino 2025” non è solo un progetto su carta perché, complice la pandemia, i fatti hanno preso il sopravvento. Camminando per il centro storico, facciamo la conoscenza di persone che hanno scelto questa meta come rifugio proprio nei lunghissimi giorni del lockdown, per poi decidere di stabilirvisi.
Tra loro c’è una coppia – Giulio Mizzoni e sua moglie, Teresa Pollidori. «Abbiamo deciso di venire a Guarcino lo scorso anno, spinti proprio dalle restrizioni del Covid e cercando un nuovo modo di vivere più tranquillo. Questa scelta ci ha convinti ad applicarci in attività che potessero essere utili per il paese». Giulio, per esempio, in quanto architetto, si sta occupando della mappatura degli immobili nel centro storico, quelli che si possono recuperare e quelli che sono già usufruibili, con la finalità – sempre parte del Progetto – di realizzare appartamenti da usare in cohousing.
Idea che – ci spiega lo stesso Boccanelli – si basa sul fatto che «ci sono molte case al pian terreno che potrebbero essere destinate a persone con una minore abilità fisica, quindi più anziani; invece, nella parte più interna del paese – fatto di scale e cunicoli – si potranno collocare più facilmente persone giovani».
Ma questo mix di passato e presente si respira ovunque a Guarcino e lo scopriamo proprio passeggiando con Teresa Pollidori. Con lei, esperta d’arte, entriamo al MAC-Guarcino, il Museo Comunale d’Arte Contemporanea Del Piccolo Formato che lei stessa ha fortemente voluto e realizzato. È una perla contemporanea incastonata in un contesto medievale: un luogo che merita davvero una visita e che è accessibile gratuitamente, su prenotazione. «A Roma avevo una galleria d’arte. Mi trovavo nella dimensione di pensionata che non è proprio nel mio stile di vita e, venendo a Guarcino, mi sono inventata questa attività che mi ha rianimata: un piccolo museo, però di qualità. In vent’anni di galleria ho conosciuto i più grandi artisti professionisti, italiani e stranieri, e quando ho chiesto loro la donazione di un’opera al museo hanno aderito tutti».
Ma il richiamo di Guarcino evidentemente non arriva solo ai senior, tant’è che conosciamo Alessandro Russo, 43 anni. «Sono qui da febbraio dello scorso anno. Ero in vacanza prima del lockdown quando, con lo scattare delle chiusure, il mio ufficio ha disposto lo smart working. Così, sono corso a Roma, ho preso il computer e mi sono trasferito». Alessandro lavora per un’azienda che ha il proprio business online e ha dunque potuto lavorare agevolmente da remoto. Ma cosa lo ha spinto a restare? «Le passeggiate straordinarie, i paesaggi meravigliosi, il silenzio e un contesto umano molto vivo e presente. Diciamo che i guarcinesi un po’ mi hanno adottato».
Un’adozione con tutti i confort dei quali può avere bisogno chiunque lavori con il web e abbia bisogno di connessioni efficaci e rapide. «Sono molte le persone che si sono trasferite in epoca di pandemia – continua a raccontarci Alessandro Boccanelli -, il bello è che sono rimaste. Dal punto di vista infrastrutturale, ad esempio, il paese è stato dotato di fibra e, dunque, tutto quello che è digitale può essere sviluppato con maggiore facilità».
Lo sanno bene i giovani che, pur avendo fatto esperienze in altre città – qualcuno anche all’estero – hanno deciso di continuare a puntare su Guarcino come sede della loro attività.
A tal proposito, conosciamo due donne: entrambe fanno impresa, tutte e due non hanno lasciato il borgo del frusinate. «Io sono nata e cresciuta a Guarcino – esordisce Gioia Campetelli, alla guida di una storica torrefazione di caffè -. La mia è un’attività di famiglia di cui si è occupato mio padre dal 1982, ma già prima di lui, nel 1948, suo padre si occupava di caffè. Quindi io sono la terza generazione». Una generazione che non ha lasciato i luoghi di origine per la città, che ha scelto tradizioni e qualità della vita. «Rimanere a Guarcino è stata una scelta di cuore e di testa. Aver fatto gli studi a Roma e aver vissuto la città mi ha fatto soppesare le differenze. Oggi come oggi, mi sento ben collegata perché abbiamo la connessione, abbiamo internet. Io ho clienti sparsi in tutto il mondo».
E lo stesso si può dire per Paola Lenzini. «Ho un’azienda agricola ad indirizzo zootecnico ma abbiamo varie annessioni come l’agriturismo, il caseificio, la fattoria didattica, la fattoria sociale e gli alloggi». È lei stessa a sottolineare quanto sia «bella l’unione tra presente e passato, soprattutto nella storia che possono raccontare solo le persone anziane, che ricordano cose di cui magari noi giovani siamo all’oscuro».
Ma valorizzare e ripopolare significa anche proteggere le tipicità di un territorio. «Il mio contributo al progetto “Guarcino 2025” è relativo al settore agroalimentare – ci racconta Eleonora Quattrociocchi, docente di Chimica e Scienze dell’alimentazione -. Abbiamo iniziato un percorso dedicato all’amaretto di Guarcino e stiamo cercando di ottenere un riconoscimento Igp per tutelare il consumatore e dare un senso di appartenenza a questo prodotto tipico. Ma a Guarcino non c’è solo ottima gastronomia. C’è architettura, c’è cultura, come nei numerosi borghi che dovrebbero essere rivalorizzati e, soprattutto, riacquistare l’antico splendore».
Splendore del quale gustiamo un assaggio camminando per le stradine del paese al fianco di Massimiliano Floridi, grande esperto di Storia dell’Arte. È lui a mostrarci opere settecentesche all’interno di chiese che si aprono su piccole piazze incastonate tra edifici di pietra. «Io credo – dice Floridi – che oggi ci sia l’opportunità di avere una qualità di vita migliore, nei paesi piuttosto che nelle città, soprattutto nell’Appennino pedemontano. Il Covid ha pesantemente penalizzato chi vive in appartamento in città, ma la pandemia ci ha messo di fronte a una nuova opportunità: quella di ragionare sui modelli di sviluppo. L’idea di urbanizzazione selvaggia va ripensata».
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