“Gli esami non finiscono mai” diceva Eduardo De Filippo in una sua commedia. Ma questo aforisma che ha spaventato generazioni di studenti può essere declinato in modo positivo. Può essere spunto e propulsore per una scuola che diventi presidio sul territorio di saperi ma anche di travaso di esperienze e competenze.
Luoghi fisici diffusi capillarmente che però occorre siano aperti molte più ore per un incontro fecondo anche tra generazioni. Un sogno? C’è chi ce l’ha fatta da anni come, ad esempio, la scuola Di Donato a Roma nello storico quartiere Esquilino grazie anche all’impegno di genitori e nonni che vivono il plesso scolastico con impegno e partecipazione.
Le parole del segretario di Cittadinanzattiva del Lazio
A questo punta Elio Rosati, segretario regionale del Lazio di Cittadinanzattiva come una delle cure sociali post-pandemia. In realtà –spiega- il problema nasce molto prima della pandemia. «Ho sempre pensato che tutti, come società, dobbiamo interrogarci con onestà e serietà su una fase della vita sempre più ampia come quella della cosiddetta Terza età. Se affermassimo di essere in un paese attento agli anziani diremmo una falsità. Occorre decidere, insomma, se questi si considerano ancora una parte importante della nostra società o meno».
«Quello che è scappato dalla bocca di qualche politico, in questi difficili mesi di pandemia, che ha definito gli anziani non “indispensabili allo sforzo produttivo del paese” la dice lunga su un certo tipo di mentalità che poi si trasforma in politiche concrete anche sui territori. Insomma c’è qualcuno che pensa che non servano e che al massimo hanno il diritto ad avere servizi. Eppure, non riconoscono il loro essere portatori di diritti e, a pieno titolo, protagonisti del loro futuro. Con una capacità unica di sviluppare il futuro di tutti che proviene proprio dal loro bagaglio di vita, se inseriti in un contesto di socialità sana».
Scuola senza età: l’idea
E Rosati continua: «Allora mi dico: partiamo proprio dalle scuole, luoghi di aggregazione presenti in ogni borgo e città. Occorre rimettere in pista i nostri nonni o chiunque sia in una fascia di età non più lavorativa perché diventi protagonista di sviluppo. A partire proprio dai quartieri in cui si vive. Occorrerebbe finalmente studiare qualcosa di strutturato che governi questo processo e permetta lo svilupparsi di percorsi che diano giovamento a intere comunità. Ma questo interesse pubblico si comunica anche con risorse economiche che necessitano di una regia pubblica».
Dalla scuola senza età ai servizi alla persona
Ma parlare di un salto di qualità anche in tema inter-generazionale che veda al centro le scuole e la loro capacità di diventare una piazza aperta a tutti, anche nell’orario post scolastico, non può prescindere dall’altro grande tema. Quello dei servizi alla persona e, in primis, quelli per la salute. Anche qui Rosati sembra avere le idee chiare. «Il cosa fare da oggi – afferma il segretario regionale di Cittadinanzattiva – anche con i fondi provenienti dal Recovery mi sembra ovvio. Occorre realizzare finalmente un modello sostenibile, su misura e personalizzato sulle necessità individuali. Nel momento in cui, anche per questioni numeriche, il nostro paese deve orientarsi ad affrontare con serietà il tema degli anziani pluri-patologici, la risposta non può proseguire ad essere quella dell’ospedalizzazione, ma dello sviluppare servizi territoriali efficienti e studiati».
Domicilio e famiglia: i primi presidi
«Sono il domicilio e la famiglia i primi presidi pubblici», spiega Rosati. Anche per questo occorre finalmente arrivare ad una politica per la famiglia messa al centro dell’agenda del Paese. Fino ad oggi non si è invece fatto ma, mi si lasci passare la battuta, si è preferito fare gli interessi non di tutte, ma di poche famiglie. Questa sarebbe una vera riforma copernicana perché investirebbe direttamente realtà come la scuola o i trasporti pubblici. Si tratterebbe di creare una circolarità virtuosa che parte dalla famiglia per transitare per i presidi territoriali, per finire alla post-acuzie finalmente restituita al pubblico, dove oggi i centri riabilitativi sono, invece, stati consegnati al privato con costi altissimi per le famiglie. Gli ospedali, insomma, dovrebbero costituire solo una delle maglie di questa catena».
L’importanza della medicina territoriale
«I posto letto sono diventati, invece negli anni, uno scambio clientelare ed è da qui che nasce ogni distorsione. Riporto solo uno studio condotto con la Sineu (i medici di pronto soccorso, ndr) nel 2019 al quale hanno partecipato 24 pronto soccorso primari, dal Policlinico Gemelli all’Umberto I di Roma. I dati hanno messo in rilievo che il 64% degli interventi di Pronto soccorso ospedaliero, cioè 720 mila accessi, erano Codici bianchi con attese negli ospedali fino a 12 ore. Mi pare un indicatore clamoroso. Il tema della medicina territoriale non deve essere legato alle convenzioni con i professionisti ma bisogna discutere anche di questioni più serie, come già detto sistemiche, che non sono certo il taxi pagato o il gettone per il medico della mutua che effettua un vaccino».
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